Salone Updates: aveva promesso più design e meno arte, e ha mantenuto in pieno le aspettative. Si alza il sipario su Arte Accessibile Milano, con una selezione di gallerie che non esalta; a salvarsi è il Pop Up design tour di Alessandro Riva

Le intenzioni erano da slogan delle barrette Kinder, trasposizione del felice “più latte, meno cacao”: limitare il lavoro sulle gallerie d’arte e concentrarsi sul design; a partire da un calendario che molla il parassitismo nei confronti di MiART e inaugura quello con il Salone – o meglio: il Fuorisalone. Finendo per sacrificare con un allestimento […]

Le intenzioni erano da slogan delle barrette Kinder, trasposizione del felice “più latte, meno cacao”: limitare il lavoro sulle gallerie d’arte e concentrarsi sul design; a partire da un calendario che molla il parassitismo nei confronti di MiART e inaugura quello con il Salone – o meglio: il Fuorisalone. Finendo per sacrificare con un allestimento infelice gallerie che già non sono di primissimo piano, e certo non vengono esaltate nell’atmosfera da suq arabo che anima l’atrio della sede del Sole 24 Ore. Strappo doveva essere e strappo è stato: Arte Accessibile Milano inaugura con la sua quinta edizione il nuovo corso di un evento che sceglie in modo netto da che parte stare. L’incoronazione del design a settore della creatività realmente alla portata – economica ma anche concettuale – di un pubblico più che mai ampio sembra sconfessare nei fatti i frequenti e pur ammirevoli tentativi di passare il concetto di un’arte a misura di tutte le tasche. Se un’opera costa poco, troppo poco, allora c’è qualcosa che non quadra; se un pezzo di design costa poco è perché intervengono fattori economici che non necessariamente sono specchio di maggiore o minore qualità. Meraviglie della serialità: sarà sgradevole, ma spesso funziona così.
AAM sembra confermare la tesi, soprattutto nel risalto di cui gode il Pop Up design tour messo in piedi, negli spazi dell’Auditorium del Gruppo 24Ore, da Alessandro Riva: ambiente arioso, allestimento da mercatone del mobile che non punisce, semmai libera dai fronzoli di presentazioni ingombranti il potenziale di molti tra i pezzi in mostra. Non è tutto oro quello che luccica, anzi: i panettoni di Pao saranno anche pezzi da museo, ma è forse ora di andare oltre; idem dicasi per il distributore di poesie di Ivan. Punta su uno shock facile Andrea Antikorpo Lanzi, con la creazione live delle sue lampade: trattasi di pile di vasetti in vetro che contengono brandelli di pelle suina tatuata; gioca sul morboso, ma in modo in fondo più intimo e dunque sottile, anche Danilo Pasquali: a disposizione del collezionista non ci sono tanto le foto di modelli e modelle in deshabillé, quanto piuttosto la biancheria usata dagli stessi sul set. Qualcuno si ricorda che mezzo secolo fa moriva, proprio a Milano, Piero Manzoni: Francesco De Molfetta replica in scala i celebri barattoli della Merda d’Artista, facendone puff o tavolini; il collettivo Santissimi produce deiezioni e le piazza sotto vetro, per un tavolo di cristallo su cui non deve essere gradevolissimo pranzare senza una tovaglia. Tra le lampade mostruose di Dario Arcidiacono e un ricco repertorio di sedute più o meno possibili si assiste all’ibridazione della figura di un artista che si pensa progettista, là dove il designer – il Fuorisalone offre a proposito esempi a piene mani – parte sempre più spesso per la tangente dell’arte.

Francesco Sala


 

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Francesco Sala è nato un mesetto dopo la vittoria dei mondiali. Quelli fichi contro la Germania: non quelli ai rigori contro la Francia. Lo ha fatto (nascere) a Voghera, il che lo rende compaesano di Alberto Arbasino, del papà di…

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