Arte recuperata a Reggio Calabria

In un’ala di Palazzo Piacentini, sede del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, riaperto al pubblico, sia pure solo in parte, la scorsa estate dopo più di quattro anni di lavori di ristrutturazione, è ospitata una mostra impregnata di suggestioni emblematiche: “Arte torna Arte. Un patrimonio restituito”. Fino al 30 novembre.

Il titolo ben denota la ratio dell’evento: si tratta di un’inestimabile collezione d’arte restituita alla collettività e proveniente dal patrimonio sequestrato nel 2010 e infine confiscato all’imprenditore reggino Gioacchino Campolo, altrimenti noto come il “re dei videogiochi”, a sua volta condannato per attività illecite connesse alla malavita calabrese. È la storia di un recupero magistrale e al contempo di un prestito d’eccezione, favorito dalla sinergia tra le istituzioni, Stato ed Enti locali, tradotto in impegno concreto in difesa della cultura e della legalità.
Alquanto variegato il percorso espositivo, che riflette il collezionismo medio-borghese, nonché l’interesse per il paesaggio, in subordine rispetto al figurativo, l’altro tema ricorrente, affiancato da quello religioso, riconducibile alla pietà popolare. Le 108 opere della raccolta privata di Campolo, 93 in mostra per la prima volta, propongono un excursus lungo quattro secoli, in cui dialogano opere eccelse con altre di minor pregio, compreso un gruppo di dipinti risultati essere non autentici secondo la valutazione scientifica guidata dalla Soprintendenza della Calabria e che costituiscono una sezione a sé stante, denominata appunto Opere non autentiche, con falsi di Renato Guttuso, Mario Schifano, Salvatore Fiume, Filippo Palizzi e Pablo Picasso.

In primo piano Milly al caffè, di Aligi Sassu, olio su tela, cm 82x62, 1964

In primo piano Milly al caffè, di Aligi Sassu, olio su tela, cm 82×62, 1964

Complessivamente le sezioni sono cinque. La prima ad accogliere il visitatore è Opere antiche, con un corpus di quindici lavori databili fra la seconda metà del XVI e il XIX secolo. Qui sono presenti soggetti canonici dell’ambito meridionale come la Madonna col bambino (sec. XVII), la Madonna del Rosario (sec. XIX), in seta ricamata e dipinta, la Vergine Annunciata (prima metà del XVIII sec.) di scuola italiana, il Crocifisso eburneo (sec. XVII), anch’esso di scuola italiana, che si alternano ad altre opere pittoriche di notevole fattura come la Trinitas terrestris con Santi (sec. XVIII), di scuola spagnola, la Vanità di Shalcken Godfried (sec. XVII) o l’elegante natura morta di ambito olandese, Strumenti musicali (sec. XVIII).
Seguono i Protagonisti e comprimari dell’altra sezione, dedicata alle avanguardie storiche italiane, tra cui spiccano Ernesto Treccani, Aligi Sassu, Michele Cascella, Giuseppe Migneco, Remo Brindisi, Antonio Bueno, Mario Tozzi, Enotrio Pugliese e Nunzio Bava  (questi ultimi, entrambi di origini calabresi).
È poi la volta dei Capolavori, addirittura quattordici, in cui sfilano, in una singolare parata, maestri del Novecento come Lucio Fontana, presente con Concetto Spaziale, attese; Luigi Veronesi, con Struttura B1; Piero Dorazio, con Traguardo II; e ancora, Giorgio de Chirico, Carlo Carrà, Mario Sironi, Salvator Dalì, Antonio Ligabue, Agostino Bonalumi, Fausto Pirandello, Massimo Campigli, Ottone Rosai.

Traguardo II, di Piero Dorazio, olio su tela, cm 70x50, 1967

Traguardo II, di Piero Dorazio, olio su tela, cm 70×50, 1967

L’allestimento inoltre, include una sezione concepita come unicum, Opere grafiche, con un piccolo nucleo – di sette lavori – firmato da Bruno Caruso, Giovanni Omiccioli, Alberto Sughi, Pietro Annigoni, Domenico Purificato e Giorgio de Chirico.
Arte torna Arte scrive una nuova pagina per il rilancio di una regione ancor oggi tutta da scoprire, ricca di storia e di cultura, di bellezze naturali e di paradossi imperdonabili, a causa dei quali la Calabria il più delle volte è associata unicamente ai mali atavici che vi si annidano, non rendendo giustizia alle risorse umane e al senso di civiltà che rappresentano l’altra faccia della medaglia, forse la meno visibile. Come ai tempi di Ulisse, Scilla e Cariddi sono a guardia di questo estremo lembo della penisola, restituendo inalterato il fascino dell’antica Magna Grecia, in parte distillato nel rinnovato Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, che ne rappresenterà il più grande proscenio museale in Europa, la cui riapertura – questa volta totale – è slittata al prossimo anno. Vi faranno ritorno i Bronzi di Riace, rimossi nel 2009, che da allora sono visitabili nella sede del Consiglio regionale, Palazzo Campanella, indecorosamente adagiati su un supporto orizzontale, abbandonati al loro sonno millenario.
Dunque, altre opere vedranno la strada del ritorno, insieme alla stessa arte, che, citando il curatore Fabio De Chirico, “ritorna a svolgere il suo ruolo nella storia, di concreta valenza culturale nella ricostituzione di un’identità disattesa e di cui si è stati defraudati”.

Domenico Carelli

Reggio Calabria // fino al 30 novembre 2013
Arte torna Arte. Un patrimonio restituito
MUSEO ARCHELOGICO NAZIONALE
Piazza Giuseppe de Nava, 26
0965 812255/6
[email protected]
www.archeocalabria.beniculturali.it

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati