Artemisia, che donna!

Oltre 100mila persone, in poco più di tre mesi, hanno visitato “Artemisia Gentileschi. Storia di una passione” a Palazzo Reale a Milano. Un successo meritato, per una mostra ottimamente allestita (le scenografie sono nientemeno che di Emma Dante) e soprattutto per un’artista straordinaria. Al di là del gossip.

Artemisia Gentileschi (Roma, 1593 – Napoli, 1653), figlia del rinomato pittore Orazio, sembra aver ereditato dal padre un gran talento, che esprime già da giovanissima: è infatti del 1612 circa la prima Giuditta che decapita Eloferne. Ma è soltanto dal secondo dopoguerra che la critica la riscopre, spesso strumentalizzandola ai fini di ideologie femministe, dato che Artemisia denunciò uno stupro subito da Agostino Tassi, collega del padre, e fu protagonista di un processo che fece scandalo.
Proprio con la scena dello stupro inizia la mostra: un letto sfatto e, appesi al soffitto, gli atti del processo con la voce di Emma Dante che interpreta le dichiarazioni di Artemisia. Un impatto forte, che non lascia insensibili, e che procura una sensazione che accompagnerà la visita di tutte le successive sale: la sensazione quasi di entrare in qualcosa di intimo, personale, e di fare, di quadro in quadro, la conoscenza di una donna che fece della sua vita un’opera d’arte.

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Artemisia Gentileschi - Cristo e la samaritana al pozzo - ante 1637 - coll. privata

Se la critica moderna l’ha scoperta tardi, i committenti del tempo l’amavano moltissimo: tra i suoi maggiori estimatori, Carlo V d’Inghilterra, il nipote di Michelangelo Buonarroti e il Granduca Cosimo II a Firenze, la famiglia Barberini e quella dei Frescobaldi, il vicerè di Napoli e soprattutto il suo grande collezionista, Cassiano dal Pozzo.
Artemisia cambiò spesso città durante la sua vita tumultuosa e da ogni luogo venne suggestionata e influenzata, modificando in parte la sua arte: il curatore Corsini la definisce una pittrice camaleontica, e sicuramente fu una donna e un’artista che seguì, come sottolinea il titolo della mostra, la propria passione. Quella stessa passione e indole che traspare nelle opere: è facile immaginarla giovanissima al processo a sostenere gli sguardi morbosi dei presenti con l’orgoglio negli occhi, gli stessi occhi che ritroviamo in molti autoritratti, come in quello da Suonatrice di liuto (1617-18) o nell’Allegoria della Fama (1630 ca.), così come nelle numerose Giuditta con in mano la testa di Oloferne.

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Artemisia Gentileschi - Giuditta e la fantesca Abra con la testa di Oloferne - 1617-18 - Firenze, Galleria Palatina - © Archivi Alinari, Firenze

La mostra riesce molto bene a illustrare la personalità e il genio di Artemisia; le cinquanta preziose opere esposte ricostruiscono fedelmente la sua produzione, intersecandosi continuamente alle sue vicissitudini personali, e gli apparati critici alle pareti, oltre all’audioguida, sono utilissimi per calarsi nel tempo e nello spazio di Artemisia. Un’unica delusione: l’app per l’iPad, che non aggiunge nulla e semmai banalizza la visita, riducendosi a un giochino inutile. Almeno è gratuita!

Emanuela Bernascone

Milano // fino al 29 gennaio 2012
Artemisia Gentileschi. Storia di una passione
a cura di Roberto Contini e Francesco Solinas
Catalogo 24 Ore Cultura
PALAZZO REALE
Piazza del Duomo 12
02 54911

www.mostrartemisia.it

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Emanuela Bernascone

Emanuela Bernascone

Emanuela Bernascone è giornalista pubblicista e lavora nella comunicazione da più di due decadi. Inizialmente Capo Ufficio Stampa della Fondazione Italiana per la Fotografia, da quando, nel 2005, ha fondato la propria agenzia collabora con autorevoli realtà pubbliche e private…

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