Biennale di Venezia. Tutto sulla Svizzera del duo Pauline Boudry e Renate Lorenz

Charlotte Laubard curerà il Padiglione svizzero in occasione della 58esima Biennale d’Arte di Venezia. Nominata dalla direzione di Pro Helvetia, su proposta di una giuria indipendente, la storica dell’arte guarderà al passato per rileggere l’identità delle differenze.

Charlotte Laubard è docente e responsabile del Dipartimento di arti visive della Haute Ecole d’Art et de Design (HEAD) di Ginevra. Le sue ricerche vertono sul valore d’uso dell’arte, sull’impatto della digitalizzazione su una società in piena trasformazione culturale e sulle pratiche di apprendimento da autodidatta. Direttrice artistica dello spazio LiveInYourHead di Ginevra, è anche cofondatrice della Société suisse des Nouveaux commanditaires, un’associazione che intende promuovere in Svizzera il protocollo partecipativo di commessa pubblica artistica, nell’ambito della quale opera come responsabile e mediatrice. Si distingue inoltre per la sua riflessione impegnata a favore della partecipazione e della mediazione culturale. In questa intervista la storica dell’arte e curatrice franco-svizzera residente a Ginevra racconta come proseguirà nel coniugare approcci artistici, storici e interdisciplinari, attraverso il duo di artiste scelte per rappresentare la Svizzera alla Biennale di Venezia.

Pauline Boudry e Renate Lorenz quali caratteristiche, quali visioni del panorama dell’arte contemporanea svizzera incarnano?
Pauline e Renate hanno iniziato a collaborare alla fine degli Anni Novanta insieme ad altre persone prima di scegliere di diventare un duo di artiste nel 2007. Pauline aveva appena finito la scuola d’arte a Ginevra, dove veniva introdotta alla critica e agli studi di genere, un campo della conoscenza che si presentava come prevalentemente nuovo nelle accademie europee. Renate era una curatrice presso la Shedhalle di Zurigo, dove stava sviluppando un programma rigoroso su femminismo, gender theories e critica della tecnologia. Il loro contesto di riferimento, votato al pensiero radicale contemporaneo, nutre il loro percorso e si esplica nella loro carriera artistica, che immediatamente ha fatto crescere l’interesse sul loro lavoro a livello internazionale.

Pauline Boudry & Renate Lorenz. Photo © Bernadette Paassen

Pauline Boudry & Renate Lorenz. Photo © Bernadette Paassen

Osservando lavorare in coppia Pauline Boudry / Renate Lorenz, quali interazioni, quali equilibri si creano e come si stanno suddividendo pragmaticamente gli obiettivi che vi siete posti? Sono ravvisabili una reale dualità e due separati pensieri che si uniscono?
Ho sempre amato lavorare con collettivi artistici. Infatti, nel 2017, l’edizione della Nuit Blanche che ho curato a Parigi si svolgeva attorno al tema del fare opera comune, ma questo era semplicemente l’ultimo episodio di un lungo interesse nei confronti del tema. Rimango sempre facilmente impressionata da come un’opera d’arte creata collettivamente possa incarnare diverse soggettività che devono essere negoziate insieme. A causa di questo processo di dibattito necessario ad affrontare ogni singolo passaggio del flusso creativo. Ritengo che il risultato sia spesso più forte in termini di significato e più sorprendente in termini di forma, dato che assume una eterogeneità intrinseca.

A tuo modo di vedere, negli ultimi anni, in quale direzione si è mosso il loro lavoro e come si è intrecciato con le tue ricerche? Quando le hai incontrate per la prima volta e per quali ragioni ti hanno colpito?
Già a partire dal 2013: Pauline e Renate hanno preparato una loro mostra al CAPC di Bordeaux, il museo dell’arte contemporanea che stavo dirigendo. Poi le ho invitate per la Nuit Blanche a Parigi. Ma questa è la prima volta che lavoriamo insieme a un lavoro così esteso, su larga scala, un nuovo progetto per il Padiglione svizzero. Sono sempre stata interessata alla relazione tra glamour e critica nel loro lavoro. La modalità secondo la quale avvicinano, strutturano e decostruiscono l’identità (si sociale sia sessuale), aprendo lo spazio alla scoperta di altri stati dell’essere, che non rientrano in alcuna categoria, è molto importante oggi. Ovunque sussiste una crescente tendenza tossica e semplificare e a rendere essenziali le nostre identità, rigettando le differenze. Abbiamo bisogno di ricordarci delle lezioni della storia, sollevandoci, ribellandoci nei confronti di questi spaventosi contraccolpi.

Pauline Boudry - Renate Lorenz, He ear r. Photo Pablo Gimenez Zapiola. Courtesy of Ellen de Bruijne Projects and Marcelle Alix; and the artists.

Pauline Boudry – Renate Lorenz, He ear r. Photo Pablo Gimenez Zapiola. Courtesy of Ellen de Bruijne Projects and Marcelle Alix; and the artists.

Secondo quali modalità il percorso compositivo, narrativo di Pauline Boudry / Renate Lorenz si riconnetterà al tema generale scelto da Ralph Rugoff?
A partire dall’affermazione di Rugoff su questa Biennale, che valorizzerà la funzione sociale delle arti in un periodo di grande incertezza, sembra che le nostre visioni abbiano cominciato a convergere. Mi auguro che questa Biennale ci mostri pratiche artistiche in grado di cambiare accettati stati di fatto e che con successo connetta l’estetica con la politica.

In questi ultimi mesi, come vi state preparando con le artiste? Quali sono gli scenari e gli sviluppi che state vagliando? Quali sono le urgenze e le sensibilità che state condividendo?
Il titolo del nostro progetto è Moving Backwards. La mostra al Padiglione svizzero rifletterà sulla corrente situazione politica, caratterizzata dalla sua portata, dalle proprie forze regressive e talvolta reazionarie, spesso di chiusura, sospettose nei confronti della differenza. Fronteggiandosi, confrontandosi con la scala di questi recenti contraccolpi, gli artisti, invece di praticare un’opposizione assoluta, suggeriscono moti retrogradi, come potenziale strumento per produrre forme alternative di resistenza e azione.

Secondo quali criteri sono stati approcciati gli spazi architettonici e strutturali del padiglione, da parte delle artiste? 
Il duo trasformerà il Padiglione svizzero in un vasto spazio a immersione, una installazione che deve coinvolgere gli spettatori con la tematica dello spostamento all’indietro, non solo a livello concettuale, ma anche a livello sensoriale. L’arte, anche con intenti politici, dovrebbe rimanere un’esperienza che viene indirizzata, in egual misura, a mente e a corpo.

Ginevra Bria

https://biennials.ch

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Ginevra Bria

Ginevra Bria

Ginevra Bria è critico d’arte e curatore di Isisuf – Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo di Milano. È specializzata in arte contemporanea latinoamericana.

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