Arriva il concorso per i vigilanti dei beni culturali. Bonisoli spinge sulle assunzioni

In arrivo sulla Gazzetta Ufficiale il bando per l’assunzione di 1052 vigilanti per i beni culturali dello Stato. Figure preziose, di cui c’è estremo bisogno, come per l’intero comparto. Bonisoli lo annuncia con orgoglio (e sui social con il logo del M5S), mentre si attendono i prossimi bandi per amministrativi e professionisti del settore.

Ci teneva e ci tiene parecchio, il Ministro Alberto Bonisoli, alla questione concorsi e assunzioni per il Mibac. Molti gli annunci, fin dall’inizio della legislatura, a voler rimarcare l’impegno dell’esecutivo – sul fronte Cinque Stelle in particolare – rispetto al tema del lavoro, dell’occupazione giovanile, dei cervelli in fuga. E se i risultati in fatto di crescita, disoccupazione, crisi aziendali, navigator e centri per l’impiego, non pare stia dando significativi frutti, il Ministro dei Beni Culturali, da parte sua, racconta con orgoglio i progetti per l’immediato futuro e i primi risultati raggiunti. Creare lavoro con la cultura si può. Anche nel settore pubblico, storicamente impenetrabile, imbalsamato, sottodimensionato, poco aggiornato rispetto ai nuovi profili professionali.

VIGILANTI, FIGURE PREZIOSE PER I SITI CULTURALI

Il varco si apre adesso, a scaglioni, con un percorso di reclutamento suddiviso in più concorsi. Si parte con il bando per 1052 vigilanti, atteso in realtà per fine luglio, ma in arrivo sulla gazzetta ufficiale il prossimo 9 agosto: la Commissione RIPAM ha appena concluso l’istruttoria e la pubblicazione è dunque calendarizzata. Sono ammessi anche candidati non laureati, in possesso di diploma, e la mansione sarà quella di “custode”, per la sorveglianza dei molti siti statali, tra musei, parchi, palazzi storici, monumenti, e per il controllo dei sistemi multimediali e di protezione delle opere, dei servizi, delle strutture informative. Poterebbe essere richiesto, però, un profilo più complesso rispetto a quello tradizionale: accoglienza dei visitatori (con conoscenza di base della lingua inglese) e capacità di offrire al pubblico le informazioni storiche e artistiche di base, relative ai luoghi e agli eventi espositivi.
Una figura che resta strategica per il settore, essendo primo biglietto da visita e immediata interfaccia con l’esterno, oltre che strumento di feedback costante per chi dirige i siti: quelle regioni in cui si è scelto di ricorrere a profili non alfabetizzati, assunti in quanto fasce sociali fragili (lavoratori socialmente utili, ex detenuti, etc.), inseriti nell’immenso bacino del precariato e soggetti al ricatto costante della politica, scontano oggi questo vulnus: migliaia di lavoratori non idonei, mai formati a dovere, in certi casi anche collaborativi, ma spesso non motivati e lontani dagli standard professionali richiesti.

Alberto Bonisoli e Luigi Di MaioAlberto Bonisoli e Luigi Di Maio

Alberto Bonisoli e Luigi Di Maio

LOTTA DURA CONTRO LA CARENZA DI PERSONALE

Non è ancora pronto invece il documento di concorso per le 250 posizioni di funzionari amministrativi, che il Mibac promette di bandire a stretto giro. Un numero certo esiguo – anche in questo caso la carenza di personale, con la necessità di reclutare figure aggiornate e realmente qualificate, è un ostacolo enorme al funzionamento di macchine burocratiche e istituzionali complesse – ma comunque un segnale di attenzione. Fatto positivo per un ministero che poco ha fatto, fin qui, e che dove ha cercato di agire, sul piano degli interventi strutturali, ha scelto una timida via controriformista, smentendo parzialmente l’impostazione del precedente governo, imperniata sull’autonomia.
Intanto, sul tasto dei concorsi, Bonisoli insiste con slancio e con orgoglio: “Si tratta del primo bando di una serie”, ha commentato in merito al provvedimento destinato ai nuovi vigilanti, “per arrivare, nella prima parte della legislatura, a mettere a concorso circa 5400 nuove figure professionali di cui il Mibac ha bisogno. Abbiamo la necessità e l’urgenza di fare fronte alle drammatiche carenze di personale per la mancanza di turnover negli scorsi anni. Un problema che nessuno dei ministri che mi ha preceduto ha mai pensato di affrontare e che ha costretto il Mibac, per anni, a gestire il proprio patrimonio con risorse umane del tutto insufficienti e con gravissime conseguenze sulla gestione tecnica e amministrativa di siti archeologici, musei, archivi, biblioteche. I beni culturali del nostro Paese sono un volano straordinario per l’economia ma senza personale non funzionano o funzionano male”. Sembra essere proprio questa, dunque, la “core action” del Ministero della Cultura. Rimpolpare gli organici, favorire il turn over, restituire ossigeno all’amministrazione. Un piano necessario, ma che andrebbe affiancato da investimenti adeguati, in cultura e formazione, oltre che da una visione generale coraggiosa, innovativa, personale.

Bonisoli, il post Facebook sulle assunzioni del Mibac

Bonisoli, il post Facebook sulle assunzioni del Mibac

COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE E POLITICA

Una piccola nota la riserviamo a un aspetto marginale, ma a suo modo curioso. In passato avevamo evidenziato come la pagina Facebook ufficiale del Ministro non brillasse – soprattutto nei primi mesi della legislatura – per contenuti e levatura istituzionale: tanta propaganda pentastellata, toni e slogan tipicamente grillini, post su provvedimenti del governo che nulla c’entravano con i beni culturali, link al Blog delle Stelle, persino gli auguri di compleanno a Beppe Grillo. La situazione è un po’ migliorata, ma il vizietto di considerare la comunicazione istituzionale alla stregua di quella di partito resta. Un errore diffuso, che unisce in un unico equivoco (ingenuo?) il Ministro del Lavoro Luigi Di Maio come la Sindaca di Roma Virginia Raggi, giusto per fare due esempi eclatanti.
Così, anche i post di Bonisoli, quando si tratta di annunciare un’iniziativa ministeriale, un provvedimento dell’esecutivo, l’approvazione di una legge, sono sempre tarati sugli standard del M5S e della Casaleggio & Associati: il logo in bella vista, la grafica uniforme, l’attitudine visiva, i colori. Che sarebbe molto giusto, nel caso si trattasse di comunicazione aziendale o di partito. Ma che ci fa il simbolo del Movimento su una nota del Ministero? Perché continuare a sovrapporre l’appartenenza, la militanza, la propaganda politica, alla dimensione nazionale, pubblica, istituzionale?
Questione di stile. Forse dettagli, peccati veniali. Soprattutto se comparati all’abominevole degrado dell’immagine, del linguaggio e dell’educazione istituzionale che connota le esternazioni del Ministro dell’Interno Matteo Salvini. Ma proprio in tempi di confusione suprema, di mollezze e di miserie varie, un occhio in più al rigore nella comunicazione non farebbe male. Se è ancora vero che la forma è sostanza (Salvini docet, appunto).

– Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, giornalista, editorialista culturale e curatrice. Ha innsegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a…

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