L’opera Building Bridges di Lorenzo Quinn a Venezia. Le manone sulla città

Aveva partecipato già al Padiglione Italia di Sgarbi nel 2011. Poi nel 2017 aveva piazzato due braccia bianche nel Canal Grande. Ora però Lorenzo Quinn ha davvero esagerato: la sua opera disturba la Biennale e ne sfrutta la visibilità parassitandola in maniera scorretta

Non menzionato in qualsivoglia monografia artistica che si rispetti, sconosciuto agli occhi di critici e curatori accreditati, tutt’altro che presente in musei, mostre importanti, collezioni pubbliche, fondazioni o raccolte private, lo scultore Lorenzo Quinn (Roma, 1966) continua ad imperversare a Venezia durante ogni Biennale dopo aver ahinoi esordito nel micidiale Padiglione Italia di Vittorio Sgarbi nel 2011. Dopo la sobria uscita del 2017 – quando le sue manone bianche emergevano dal Canal Grande sorreggendo l’hotel di Ca’ Sagredo il quale custodiva una preziosa e imperdibile mostra di sue sculturette – pensavamo di esserci definitivamente liberati dell’ingombrante presenza. Invece nel 2019 ci risiamo. E come se ci risiamo.

Inaugurazione di Lorernzo Quinn a Venezia nel 2017, anche qui con Brugnaro

Inaugurazione di Lorenzo Quinn a Venezia nel 2017, naturalmente col sindaco Brugnaro

ARTISTA DAL CURRICULUM MODESTO

Scevro da qualsiasi curriculum scientifico autorevole e seguito esclusivamente da gallerie iper commerciali (il suo principale mercante ha aperto anche uno spazio dentro Harrods, in modo da poter vendere più coerentemente le piccole sculture-soprammobili di Quinn e di altri autori la cui produzione artistica facciamo fatica a definire tale), Quinn è il figlio del celebre attore Anthony Quinn. In questi giorni di apertura della Biennale però gossip e rumors dell’art world hanno preferito concentrarsi sulla curatrice del vittorioso padiglione Lituania, ‘colpevole’ secondo molti di essere la figlia di Carolyn Christov-Bakargiev e dunque di essere irrimediabilmente ‘raccomandata’: su Quinn e la sua nuova opera nessun commento. I “figli di” se fanno progetti di qualità vanno attaccati, se fanno arte pubblica trash si possono lasciar fare…

La sempre sobria Lola Astanova

La sempre sobria Lola Astanova

LE SEI COPPIE DI MANI

Eh già perché anche quest’anno Quinn ha proposto una sua imperdibile realizzazione pubblica in Laguna. 6 paia di braccia realizzate a Valencia e trasportate per nave fino a Genova e poi a Venezia con 18 camion, 15 metri di altezza, 20 metri di lunghezza attraverso i bacini dell’Arsenale Nord e ancora dunque manone bianche. Questa volta nell’atto di intrecciarsi tra loro a creare dei “ponti”, anche il titolo dell’opera allude al ponte (Building Bridges), l’opening è stato salutato da un concerto di Andrea Bocelli, una cena di gala con un allestimento che riproduceva in scala la scultura, tanti bambini che sventolavano le bandierine di tutti i paesi del mondo e la elegantissima pianista Lola Astanova star di Instagram a causa delle sue performance seduta al piano in abiti succinti e tacchi a spillo.

UN’OPERA CHE ‘DISTURBA’ LA BIENNALE

Ciascuno è libero intendiamoci – specie durante i giorni dell’opening della Biennale di Venezia, quando se ne vedono di tutti i colori – di organizzare l’evento kitsch che preferisce specie se a finanziarlo sono soldi privati, ma questa volta si è esagerato per una serie di motivi.
Si è esagerato perché l’opera si trova in un punto strategico che non doveva essere mai autorizzato per una realizzazione simile. Il punto è esattamente alla fine del percorso dell’Arsenale e si staglia all’orizzonte al cospetto dei visitatori che concludono la visita della mostra internazionale o che escono dagli spazi dell’ufficio stampa. Moltissima parte del pubblico scambia così quell’assemblaggio retorico, stucchevole e profondamente goffo con un’opera della Biennale stessa e così, nella fretta dei report dei primi giorni, hanno fatto alcuni grandi quotidiani internazionali e tv di tutto il mondo. Aggiungiamoci anche che visivamente il lavoro di Quinn risulta assai instagrammabile e il gioco è fatto.

LE RESPONSABILITÀ DEL SINDACO

Un gioco, a quanto pare, fortemente voluto dal sindaco di Venezia Luigi Brugnaro che evidentemente considera tali operazioni discutibili vantaggiose per la sua ricandidatura alle ormai prossime amministrative del 2020. Ma un sindaco tutto può far fuorché creare confusione nell’offerta culturale della propria città. Ospitare nel proprio territorio comunale la Biennale di Venezia, poi, dovrebbe chiamare a un altissimo senso di responsabilità che il primo cittadino ha in questo caso dimostrato di non avere. La Biennale è la mostra d’arte contemporanea più importante del mondo e forse bisognerebbe lavorare per agevolarne lo svolgimento, non per ostacolarlo mettendo in imbarazzo l’organizzazione e creando dannosissime trappole ai media internazionali che coprono l’evento.

QUELL’OPERA NON FA PARTE DELLA BIENNALE!

Dalla Suddeutsche Zeitung al Tg1 della Rai l’equivoco si è espanso. E in moltissimi hanno pensato che quell’opera facile facile realizzata da una firma che non può vantare neppure mezza mostra in un museo o in una galleria di rilievo, fosse parte della Biennale. O addirittura ne fosse il gate, l’ingresso. Così non è, è invece probabilmente solo il frutto dell’egocentrismo di qualcuno e di beghe politiche locali. Oltre che di una evidente buona dose di cattivo gusto. Luigi Brugnaro ha tante istituzioni culturali che boccheggiano sul territorio cittadino: per la prossima Biennale del 2021 invece di continuare a mettere le mani sulla città gli consigliamo – qualora rieletto – di provare, chessò, a rilanciare la Bevilacqua La Masa o a sostenere la Querini Stampalia. Altro che manone…
Massimiliano Tonelli

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Massimiliano Tonelli

Massimiliano Tonelli

È laureato in Scienze della Comunicazione all’Università di Siena. Dal 1999 al 2011 è stato direttore della piattaforma editoriale cartacea e web Exibart. Direttore editoriale del Gambero Rosso dal 2012 al 2021. Ha moderato e preso parte come relatore a…

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