Uno studio spiega quanto e come i musei italiani hanno utilizzato il digitale in lockdown

Secondo le indagini condotte dall’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali della School of Management del Politecnico di Milano, l’80% dei musei italiani nel 2020 ha offerto almeno un contenuto online. E non è questo l’unico dato interessante emerso dallo studio…

Nel corso del 2020, ma anche nella prima parte del 2021, musei e in generale le istituzioni culturali di tutto il pianeta hanno fanno un massivo utilizzo di piattaforme digitali, siti web e social network, unici strumenti durante i periodi di lockdown che hanno permesso la promozione di contenuti, mostre, tour guidati e programmi nonostante i mesi di chiusura. Un’alternativa alla “normalità”, che ha comunque avuto un impatto fortissimo sul modo di concepire il rapporto cultura-tecnologia e che sicuramente, anche quando la pandemia finirà, continueranno a essere utilizzati per potenziare l’offerta dei luoghi della cultura. Restringendo questa riflessione al territorio italiano, quanti musei nell’arco del 2020 hanno offerto almeno un contenuto online? Ben l’80%, stando alle indagini condotte dall’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali della School of Management del Politecnico di Milano, dal quale emergono dati che portano a fare alcune importanti riflessioni sul post pandemia dei musei italiani.

Pinacoteca di Brera, Milano

Pinacoteca di Brera, Milano

MUSEI ITALIANI E DIGITALE DURANTE LA PANDEMIA: IL REPORT 

Stando al report, il potenziamento delle attività digitali dei musei è stato inversamente proporzionale rispetto alle entrate da biglietteria, di cui si è registrata una riduzione del 56%, causata dalle ripetute chiusure. Di contro, tra le attività digitali quelle maggiormente offerte dai musei sono stati laboratori e attività didattiche (il 48%), tour e visite guidate (proposti dal 45% delle istituzioni), podcast (13%). Da un anno a questa parte, inoltre, molti musei hanno reso fruibili le proprie collezioni sul proprio sito web, con numeri che vanno dal 40% del 2020 al 70% del 2021. Oggi, il 95% dei musei italiani ha un sito web, e l’83% un account ufficiale sui social; allo stesso tempo, le piattaforme digitali sono state utilizzate anche come strumento per ottimizzare i servizi per il pubblico: è sempre più crescente infatti il numero dei musei (dal 23% al 39%) che offre la possibilità di acquistare i biglietti online. “Grazie al digitale”, commenta Michela Arnaboldi, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali, “si è aperta l’opportunità di ripensare il rapporto con l’utente come un’esperienza estesa, nel tempo e nello spazio, in quanto non confinata al luogo e al momento dell’esperienza in loco, ma potenzialmente continua e accessibile da qualsiasi luogo e in qualunque momento”.

Galleria Borghese. Ph. F. Vinardi

Galleria Borghese. Ph. F. Vinardi

MUSEI ITALIANI E DIGITALE: LA RISPOSTA DEL PUBBLICO 

Almeno nelle prime fasi della pandemia, la maggior parte dei musei ha scelto di offrire i propri contenuti digitali gratuitamente: “questa scelta”, sottolinea il report, “può diventare una linea strategica quando si vuole usare il prodotto digitale per aumentare l’engagement, usare l’online come stimolo per la visita fisica o per ottenere informazioni sul pubblico da poter utilizzare per attività di marketing”. Il 22% dei musei, invece, ha sperimentato modelli a pagamento, attraverso la vendita del singolo contenuto digitale come attività didattiche o tour virtuali (13%) e/o di un pacchetto di servizi come corsi e podcast (9%). In entrambi i casi, il pubblico è rimasto soddisfatto sia per i contenuti fruiti a titolo gratuito (86%), sia per quelli a pagamento (62%).

MUSEI ITALIANI E DIGITALE: COSA CAMBIA NEL POST PANDEMIA? 

In che modo le esperienze digitali maturate – e molto spesso sperimentate – dai musei italiani durante la pandemia possono impattare sul modus operandi delle istituzioni anche quando l’emergenza sanitaria sarà terminata? Quali sono le attività da potenziare e quelle su cui lavorare maggiormente?  “Oggi sembrerebbe raggiunta la diffusa consapevolezza che fisico e digitale non si escludano a vicenda, ma che piuttosto siano l’uno il complemento dell’altro”, spiega Eleonora Lorenzini, Direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali. “Se però nel primo periodo di emergenza era accettabile un certo livello di approssimazione nella produzione di contenuti digitali, occorre ora investire su prodotti realizzati ad hoc e sulle competenze necessarie per la loro realizzazione, gestione e promozione. Questo al fine di evitare una mera traslazione in digitale di servizi precedentemente offerti in presenza e offrire, invece, una selezione specifica per la fruizione online da integrare con l’esperienza fisica diretta, in modo da garantire una fruibilità impensabile fino a solo pochi mesi fa. Tutto ciò presuppone l’adozione di una logica strategica o almeno sul medio periodo. Purtroppo”, sottolinea Lorenzini, “sono ancora una minoranza, il 24% (esattamente come un anno fa), le istituzioni che si sono dotate di un piano strategico che comprenda anche l’innovazione digitale. Tuttavia, si sta dimostrando sempre più necessaria una pianificazione d’insieme degli interventi per affrontare un futuro incerto, ma ricco di prospettive per chi saprà adeguatamente strutturarsi per coglierle”. 

– Desirée Maida 

www.osservatori.net

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Desirée Maida

Desirée Maida

Desirée Maida (Palermo, 1985) ha studiato presso l’Università degli Studi di Palermo, dove nel 2012 ha conseguito la laurea specialistica in Storia dell’Arte. Palermitana doc, appassionata di alchimia e cultura giapponese, approda al mondo dell’arte contemporanea dopo aver condotto studi…

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