Serse – Koh-i-noor
La scelta di disegnare i diamanti, con la loro costruzione per piani geometrici sfaccettati, s’accorda alla poetica di Serse che privilegia oggetti inanimati o architettonici spesso ingigantiti dall’occhio freddo del microscopio, oppure grandi elementi naturali disabitati dall’uomo.
Comunicato stampa
È quasi una mostra antologica KOH-I-NOOR l’esposizione alla FAR di Rimini di Serse, un evento che ripercorre le tappe che hanno portato l’artista veneto, nato nel 1952 a San Polo del Piave e trapiantato per amore a Trieste ad esporre in tutta Europa ma anche in Cina e negli Stati Uniti. Il titolo misterioso per alcuni, ma familiare a chi abbia pratica di disegno, significa “montagna di luce” ed è al tempo stesso il nome di un leggendario diamante indiano, scavato 5000 anni fa e conteso dal governo dell’India alla regina d’Inghilterra, ma anche una marca di matite, ovvero uno dei temi ricorrenti nelle sue opere e il mezzo con cui le realizza. Inoltre la grafite è per così dire uno stadio primitivo del brillante, una sorta di giovinezza adamantina, prima che l’opera del tempo decida di regalarle un futuro radioso, e questo può anche essere letto come metafora del lavoro artistico. La scelta di disegnare i diamanti, con la loro costruzione per piani geometrici sfaccettati e col loro riverbero, s’accorda perfettamente alla poetica di Serse che da sempre privilegia oggetti inanimati, o architettonici spesso ingigantiti dall’occhio freddo del microscopio, oppure grandi elementi naturali disabitati dall’uomo, come mare e gocce, monti e venature, giardini e cortecce.
C’è infatti qualcosa di artificiale nel suo sguardo, quasi una memoria asettica che scarta le persone dallo sfondo e dai paesaggi, ripulisce l’essenza degli elementi dall’imprecisione di un sentimento e di un’ottica umana. Da sempre Serse ha rinunciato al colore per dedicarsi unicamente alla pratica paziente e originaria del disegno, lavorando su grandi fogli di carta che alla fine di questo lungo processo, vengono incollati su lamine di alluminio. Per un difetto di percezione, che gl’impedisce di distinguere le sfumature di rossi e verdi, il suo mondo cromatico diventa segreto e inesplorabile, ma la sua forza espressiva esce fortificata dall’aver fatto di questo limite un preciso orientamento. Il suo disegno in effetti, non ha nulla a che fare con l’idea progettuale dell’abbozzo, del luogo provvisorio, e si lega invece alla perfezione dell’orafo, del cesello, del gesto perfetto che nel connubio dei segni trova una trama mimetica dove la mano si cela, per guadagnare l’amalgama di una stampa fotografica, o la sfocatura dello schermo.
Le opere di Serse giocano una partita a rimbalzo dal particolare minuzioso al gigantesco degli spazi naturali, trasfigurati da sole e ombre, come le grandi catene montuose dalle cime innevate.
Ma se la montagna è il grande scrigno da cui ricavare pietre da modello e materia da disegno, come appunto la grafite, è attraverso l’acqua, dal vapore al cristallo, che l’artista sembra perseguire il tentativo eroico di rappresentare la luce. Cimento tanto più estremo in quanto condotto a partire dal segno scuro, dal nero della mina, dalla sua consistenza minerale che ha riflessi argentati nel cangiante della stesura. La matita così, nel segno insistito che va a coprire come la superficie di un vetro, la carta bianca, giunge a mimare il bromuro d’argento contenuto nelle antiche fotografie da cui spesso l’artista ricava suggestioni come un repertorio di immagini prime. È la luce dunque ad essere protagonista nel reticolo di lumi che la neve rimanda dalle asperità delle rocce, nei ghiacci seghettati come pietre preziose, nella pelle luccicante di una superficie d’acqua, o nella griglia di rami che proiettano a terra un ricamo illuminato.
La storia ci ricorda, come un sondaggio epistolare a metà del XVI secolo, avesse stabilito il primato del disegno su tutte le altre tecniche artistiche e come comune denominatore di ognuna di esse.
Serse che ama indagare la scienza, nei misteri dell’ottica, o nella geometria di forme evolutive come quelle delle conchiglie, conferma questo primato anche nel campo della ricerca scientifica, dove certe intuizioni fisiche o matematiche sono anticipate dal diagramma di una traccia grafica, dalla concretizzazione di un pensiero. I pensieri disegnati di Serse dalla natura alla scienza, dalla geometria di una gemma alle proporzioni esatte della monumentale tomba Brion progettata da Scarpa, transitano per la magia creando lo spaesamento di un mondo senza tempo e senza atmosfera, come immagini riflesse e quindi rovesciate nello specchio che le cattura. (Sabrina Foschini)