Rainer Elstermann – Inside the Grey Room
Memorie di famiglia e suggestioni culturali s’incontrano davanti all’obiettivo di Rainer Elstermann, l’artista tedesco che con le sue fotografie riproduce paesaggi umani, in un viaggio profondo della mente e dell’occhio. Il centro di tutto è la stanza grigia, laddove si muovono personaggi e storie, proprio come su un palcoscenico.
Comunicato stampa
Atmosfere rétro e acrobati per
INSIDE THE GREY ROOM
alla galleria Barbara Paci inaugura il fotografo tedesco Rainer Elstermann
Pietrasanta, 14 luglio – 9 settembre 2012
PIETRASANTA (LU)_ Memorie di famiglia e suggestioni culturali s’incontrano davanti all’obiettivo di Rainer Elstermann, l’artista tedesco che con le sue fotografie riproduce paesaggi umani, in un viaggio profondo della mente e dell’occhio. Il centro di tutto è la stanza grigia, laddove si muovono personaggi e storie, proprio come in un’azione scenica.
“Inside the Grey Room” è il nuovo ciclo di opere, quindici esposte, presentato per la prima volta alla Galleria Barbara Paci di Pietrasanta, da sabato 14 luglio (inaugurazione ore 19) al 9 settembre 2012. Per l’occasione la galleria si trasforma in un vero e proprio palcoscenico, con atmosfere rétro e acrobati. Un gioco di specchi nel quale i personaggi delle fotografie sembreranno uscire dalla cornice per muoversi tra il pubblico.
Come nel precedente lavoro “Photo Studio”, Elstermann collabora con lo stilista e scenografo Andreas Stamm. La serie s’ispira a vicende familiari dell’artista ammantate di richiami letterari e cinematografici. Echi di Marcel Proust o delle stelle del cinema come Harold Lloyd, Clara Bow, Anna May Wong e Marlene Dietrich, sono sparsi sulla pellicola. Lo stile visivo del ciclo proviene dalle fotografie dei primi del XX secolo: si avverte lo spazio dello studio, lo sfondo dipinto, l’artificialità del teatro.
Per “Inside the Grey Room” la scena è in bianco e nero, piuttosto astratta. I protagonisti delle fotografie, che indossano abiti originali del 1900-1930, sono chiamati a interpretare persone che l’artista ha conosciuto realmente o di cui ha sentito parlare nelle storie familiari. Personaggi di forte presenza scenica: il nonno venuto dalla Mongolia con il suo corpo atletico e le sue abilità acrobatiche, la nonna con i suoi racconti dei vivaci cabaret d’inizio Novecento a Berlino, il peregrinare per l’Europa della famiglia durante la Seconda Guerra Mondiale, il bambino del libro di Proust con i suoi giocattoli unici e speciali, descritti in ogni loro dettaglio.
La connessione: Berlino, Parigi e Shanghai, crea un legame invisibile tra le immagini che scorrono, imponenti, sul filo del ricordo e della più lucida immaginazione.
“Non solo gli spettatori si trovano a confronto con storie e fantasie personali – afferma Karl E Johnson - ma viene loro anche ricordato che lo studio di fotografia è molto più di un luogo di lavoro convenzionale. Per Elstermann lo studio fotografico si qualifica come una zona ultraterrena di creatività, un aldilà tecnico, in cui le immagini non vengono veramente fotografate o sviluppate. Le immagini sono percepite e immaginate come realmente esistenti. E la fantasia regna”.