Omaggio monografico a Schifano
Oltre 40 opere, lungo un percorso artistico che parte dalle tele degli anni Sessanta, per passare dai noti “Paesaggi Anemici” degli anni Settanta, per arrivare alle “Corrispondenze”, ovvero buste postali dipinte (in parte inedite) di particolare bellezza.
Comunicato stampa
SCICLI (RG) – La città barocca rilancia con l’arte contemporanea i grandi eventi, ormai attesi, di Pasqua. “Quam”, Quadrerie del monastero, ospiterà da venerdì 22 marzo (apertura ore 19) un importante omaggio monografico a Mario Schifano, in assoluto uno dei maggiori artisti italiani del Novecento. Oltre 40 opere, lungo un percorso artistico che parte dalle tele degli anni Sessanta, per passare dai noti “Paesaggi Anemici” degli anni Settanta, per arrivare alle “Corrispondenze”, ovvero buste postali dipinte (in parte inedite) di particolare bellezza. La mostra è completata con le famose “fotine”, fotografie con interventi unici dell’artista, che amplificano la percezione del genio espressivo in mostra. Tra le opere più significative, due grandi tele, una di 4,70 metri che testimoniano la particolarità nel modo di dipingere del grande artista della pop art italiana, erede di Andy Warhol con cui, come ha avuto modo di spiegare il curatore Antonio Sarnari, ha condiviso l’operazione linguistica di svalutazione delle icone sociali e della valorizzazione di qualsiasi tecnica (anche industriale) come strumento espressivo. L’evento, affidato alla cura organizzativa di Tecnica Mista, è allestito con una cospicua presenza di opere (molte delle quali per la prima volta esposte in Sicilia) ma anche con documenti video e testi in consultazione. Sebbene lo stile di Schifano sia continuamente in evoluzione, il che non consente d’inquadrarlo in un “scuola” ben precisa, la sua attività artistica si può riassumere in due termini che sembrano essere una costante: “decontestualizzazione” e “straniamento”. Portato fuori dal suo contesto originario, l’oggetto acquista un significato, nuovo, inusitato, attuale. Così, l’effetto straniante colpisce i simboli del consumismo, i segnali stradali, le immagini icona del futurismo parigino, personaggi storici e contemporanei, ma anche i materiali: la tela non è più supporto imprescindibile dell’opera, gli oggetti di vita quotidiana acquistano pari dignità, è così che semplici pacchi da imballaggio o buste per le lettere diventano, come per effetto di un sortilegio, il supporto ideale per una rivisitazione della realtà che non mira all’analisi sociologica, bensì alla scoperta dei processi percettivi.
Contemporaneamente a Scicli, presso il centro esposizioni Chiaroscuro, si inaugura una mostra dedicata all’Arte Africana. Un’offerta culturale integrata.
Scicli, 20 marzo 2013
Mario Schifano
La città di Scicli si conferma ancora una volta come una città barocca attenta alle espressioni contemporanee e alla ricerca di punti di vista insoliti e per nulla scontati.
In questo spirito di vivace curiosità e d’incessante analisi delle tendenze più prossime al nostro tempo, s’inserisce la mostra di Mario Schifano, il grande maestro scomparso nel 1998 e diventato punto di riferimento ineludibile per i giovani artisti, non solo italiani.
L’interprete, autodidatta, non deve la sua iniziazione agli angusti ed autoreferenziali insegnamenti dell’accademia, ma al padre, archeologo, con cui collaborava sin da giovanissimo alla restaurazione dei dipinti etruschi di villa Giulia. Eppure, nonostante il classicismo del quale era intrisa l’atmosfera culturale dei suoi primi anni di formazione, egli è noto come il massimo esponente della Pop-Art in Italia. Il suo famoso logo della Coca-Cola e del marchio Esso, hanno fatto sì che la sua produzione sia stata da sempre assimilata alla pittura di Andy Warhol. Ma l’autore italiano è anche molto altro, la sua versatilità e la sua attenzione per la storia dell’arte ne fanno un unicum nel panorama artistico del tempo. Tuttavia è la vicinanza al Pop americano, ad attirare l’attenzione della critica italiana. Dopo la sua partecipazione alla mostra The New Realists, nel 1962, alla Sidney Janis Gallery di New York, seguono esposizione a Parigi, Milano e Roma, durante le quali colpisce l’immaginario di letterati come Alberto Moravia e Goffredo Parise ed è proprio in un’intervista a quest’ultimo che Schifano definisce sé stesso come: ”Un piccolo puma, di cui non si sospetta la muscolatura e lo scatto”.
Nel 1964 si dedica ad una rivisitazione del futurismo nella quale emerge, ormai matura, una duplice tendenza: quella alla pop art americana accostata al gusto per il monocromo, che riecheggia il tedesco “Gruppo Zero”.
L’autore rielabora una foto raffigurante gli esponenti del movimento futurista parigino. La pop emerge in maniera evidente nell’opera <
Fra 1966 e 1967 realizza le serie <
Infatti, la fine degli anni Sessanta è dedicata alla sperimentazione cinematografica; risale al 1967 il lungometraggio <
Negli anni Settanta ricomincia l’attività espositiva, ma è nel 1981 che si assiste a una fervente attività pittorica. Schifano in quest’anno è selezionato da Germano Celant per <
Sebbene il lavoro di Schifano sia continuamente in evoluzione, il che non consente d’inquadrarlo in un “scuola” ben precisa, la sua attività artistica si può riassumere in due termini che sembrano essere una costante: “decontestualizzazione ” e “straniamento”. Portato fuori dal suo contesto originario, l’oggetto acquista un significato, nuovo, inusitato, attuale. Così, l’effetto straniante colpisce i simboli del consumismo, i segnali stradali, le immagini icona del futurismo parigino, personaggi storici e contemporanei, ma anche i materiali: la tela non è più supporto imprescindibile dell’opera, gli oggetti di vita quotidiana acquistano pari dignità, è così che semplici pacchi da imballaggio o buste per le lettere diventano, come per effetto di un sortilegio, il supporto ideale per una rivisitazione della realtà che non mira all’analisi sociologica, bensì alla scoperta dei processi percettivi.