Oblivion

  • LA RADA

Informazioni Evento

Luogo
LA RADA
Via alla Morettina 2 secondo piano della Centrale Swisscom, Locarno, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

giovedì-domenica, dalle 14 alle 19
chiuso il 25.12 e l'1.1

Vernissage
21/12/2014

ore 18

Curatori
Elisa Rusca
Generi
arte contemporanea, collettiva

L’esposizione, articolata sul tema della memoria che svanisce, propone i lavori di cinque giovani artisti internazionali ed è accompagnata dal libro Oblio (Broken Dimanche Press, 2014).

Comunicato stampa

La mostra OBLIVION giunge in Svizzera, dopo essersi svolta a Berlino nel maggio scorso, presso lo spazio d'arte contemporanea Zweigstelle. L'esposizione, articolata sul tema della memoria che svanisce, propone i lavori di cinque giovani artisti internazionali ed è accompagnata dal libro Oblio (Broken Dimanche Press, 2014).

Viviamo in un'epoca di profondi cambiamenti sociali, politici e economici. Non c'è più tempo per le illusioni: il futuro non sembra più essere promettente e quindi ci si attacca al passato come unica cosa certa. Lo rielaboriamo, lo ripercorriamo, lo ricostruiamo, troviamo nuove vie di archiviarlo. Questa tendenza è evidente pure nel mondo dell'arte contemporanea: curando l'ultima Biennale di Venezia, Massimiliano Gioni ha dimostrato questa ossessione per l'archivio. Il “Palazzo Enciclopedico” dimostrava due cose: l'ambizione di voler inglobare tutta la conoscenza del mondo e l'impossibilità dell'onniscenza. Dimostrava, più di tutto, la lotta perenne contro il passare del tempo.
La tensione tra il ricordare e l'essere ricordati è il punto di partenza di questo progetto. La volontà di non cadere nell'oblio è ciò che spinge alla creazione. Ma è davvero possibile restare? Cosa vuol dire, davvero, dimenticare? E ricordare? Ha ancora senso chiederselo, nell'era dell'esaltazione tecnologica dell'immediatezza e delle memorie artificiali?
Questa percezione del presente potrebbe scoraggiare alla creazione le giovani generazioni di artisti: a che scopo creare, se non c'è speranza nel futuro? Perché farlo se privi della certezza di essere integrati nell'archivio di qualcuno? Questa relazione con il presente Zeitgeist è necessariamente vissuta in maniera negativa?
Il progetto Oblio/Oblivion si articola in un'esposizione, Oblivion, e una pubblicazione, Oblio, e ha come scopo l'analizzare le diverse percezioni del passaggio del tempo, della costruzione della memoria e della memoria che scolora. Oblio/Oblivion vuole dare nuove interpretazioni di questo soggetto attraverso i lavori di giovani artisti e autori svizzeri e internazionali.

I cinque artisti selezionati per questo progetto di mostra hanno tutti meno di 40 anni, lavorano con media diversi e sono presentati insieme per la prima volta.
Virginie Rebetez (1979, Svizzera, www.virginierebetez.com) è un'artista svizzera che lavora con la fotografia. Una costante nel suo lavoro è l'interesse verso la paura di scomparire senza lasciare traccia. Nel suo progetto Packing (2012), Rebetez fotografa i vestiti portati da persone sole al moneto della loro morte. Attraverso la collaborazione con un centro funerario, ha potuto avere accesso a questi oggetti e a fotografarli singolarmente, ben piegati, come in attesa del loro proprietario. Costituendo una serie di 16 immagini, le fotografie costituiscono un'insolita tipologia. Così facendo, qualcosa di intimo e personale come gli abiti indossati nel momento cruciale della morte di un individuo anonimo diventano silenziosi testimoni che ne custodiscono il segreto. Lo spettatore si trova quindi a chiedersi chi fosse, il misterioso proprietario, interpretando a suo modo ciò che vede e donandogli una nuova identità, anche se completamente immaginaria.
Al contrario, Luke Munn (1978, Nuova Zelanda, www.lukemunn.com), artista neozelandese ora stabilito a Berlino, usa la sua propria storia come soggetto nel suo lavoro. L'opera Timeline (2013) consiste nella sua intera cronologia Facebook stampata e ridotta in frammenti. Usando queste ceneri, l'artista costituisce in seguito una linea al suolo corrispondente alla sua stessa altezza. Con questo lavoro, Luke Munn dona fisicità ai dati digitali e, al tempo stesso, crea un memento mori visivo: la linea al suolo corrisponde alla disposizione immaginaria del suo corpo al suolo, come in una tomba. Questo porta quindi a ulteriori interpretazioni allegoriche sulla fragilità della vita e sulla trasmissione delle memoria nell'era digitale.
Il lavoro di Anne Duk-Hee Jordan (1978, Corea del Sud, www.dukhee.de) esplora la memoria e la storia. Dopo aver ha preso dei sassi, per lei i “detentori della memoria” a Kandahar, Afghanistan, l'artista ha costruito un sistema meccanico che li obbliga a sfregarsi l'uno contro l'altro. A poco a poco, questo movimento perpetuo ne causa la lenta erosione e la loro conseguente dissoluzione in polvere. Stones from Kandahar – TLS – Taliban Last Stand (2013) presenta i sassi come testimoni della guerra, portando con loro la memoria dei luogi del conflitto. Esponendoli in questo modo e causandone la distruzione forzata e accelerata, Duk-Hee Jordan porta il passato nel presente e crea una potente metafora dell'oblio che un giorno ci coglierà tutti.
La nozione dell'esistenza che svanisce è presente anche nel lavoro Matter of Memory (2006-2013), un'installazione sonora di Jacob Kirkegaard (1975, Danimarca, www.fonik.dk). Nel 2006, Kirkegaard visita l'Isola dei Morti a Venezia, dove registra dei suoni nei numerosi cimiteri. Al tempo stesso, realizza delle foto delle fotografie sulle lapidi. Il suono, combinato con le fotografie di questi volti antichi, ormai inevitabilmente screpolati e a mala pena riconoscibili, crea un'ambiente dolce-amaro di rimembranza, inquietudine e mistero.
Dimenticare il passato, vivere senza e provare di re-inventarlo sono invece i temi centrali esplorati da Sam Smith (1981, Australia, www.samsmith.net.au) nel suo Film Without Past (2012). Partendo dal famoso film di Aki Käurismaeki The Man Without a Past (2002), l'artista australiano espande i fotogrammi di alcune sequenze scelte, ricomponendole con vedute contemporanee che ha realizzato lui stesso della Helsinki contemporanea. L'audio diventa così l'ancora di riferimenti di questo nuovo sistema visivo, portando lo spettatore a muoversi tra realtà e finzione, presente e passato. Questa strategia crea nuove associazioni cognitive, diventando metafora delle teorie di costruzione della memoria.