Nicola Mette – Eating disorders

Informazioni Evento

Luogo
MURA SOLUZIONI D'ARREDO
via Cagliari, 357, Oristano, Italia
Date
Dal al
Vernissage
10/05/2014
Contatti
Email: info@giuseppefraugallery.com
Sito web: http://www.giuseppefraugallery.com
Artisti
Nicola Mette
Generi
performance - happening
Loading…

Rinchiuso per 24 ore in un negozio di cucine l’artista Nicola Mette cucinerà e mangerà quasi ininterrottamente per tutto il tempo.

Comunicato stampa

Nicola Mette/ Eating disorders: sintomi di fame nervosa

Questa performance non vuole essere un atto di dimostrazione degli eccessi a cui può portare questo disturbo, ma un tentativo di auto-terapia attraverso la sublimazione e la celebrazione del trauma. Ripreso dalle telecamere, visibile dalle vetrine che danno sulla strada, l’artista, che soffre di un disturbo alimentare che combatte dagli anni dell’adolescenza, cercherà di dare corpo ai suoi traumi psicologici più profondi ed inconfessabili, accettandoli e forse liberandoli da quel senso di insoddisfazione che ha sostituito la carenza (o l’eccesso) d’affetto in cibo da divorare.

A cura di Giuseppefraugallery
Sabato 10 e domenica 11 Maggio 2014
Mura Soluzioni D’arredo - via Cagliari, 357 – Oristano

Rinchiuso per 24 ore in un negozio di cucine l’artista Nicola Mette cucinerà e mangerà quasi ininterrottamente per tutto il tempo. Sotto l’occhio di una serie di videocamere dell’impianto di sorveglianza, il performer dovrà cercare di organizzarsi al meglio per portare a termine la sua azione, dal momento che, rispetto ad una casa normale, non solo la cucina non ha a disposizione l’impianto idraulico, ma essa dovrà essere riportata costantemente alla situazione primaria di non-utilizzo, compiendo l’annullamento e la rimozione dell’azione stessa. Proprio l’alternare l’azione del cucinare, mangiare e tenere pulito lo spazio è la chiave della performance: un negozio d’arredamenti è tenuto in un ordine perfetto, in quanto non vissuto, e assolutamente non attrezzato per essere utilizzato prima di essere rimontato in una vera casa.

L’artista, tra una pulizia ed un pranzo, camminerà in modo convulsivo e farà ginnastica, per mantenersi in forma ma anche per il senso di colpa che normalmente prova quando ha mangiato troppo. Gli unici due momenti di pausa saranno solo dopo le ore tradizionali del pranzo e della cena.

Anche come artista del collettivo Giuseppefraugallery, Nicola Mette è impegnato da anni in una serie di battaglie per svelare i meccanismi e le contraddizioni delle ipocrisie sociali, politiche e sessuali, cercando però di evitare di cadere nella sfera dei moralisti e degli inquisitori; per questo motivo Nicola si mette in gioco in prima persona, mostrandosi nella sua sfera più intima e personale con quelli che la società definisce i “mali”: le psicopatologie, le diversità.

I sintomi di fame nervosa, al contrario dei “selfie” disorders, o sintomi di fame sociale, si manifestano in particolare nei momenti di solitudine, nascosti al mondo e a volte anche a se stessi, al contrario di quello che si vede girando sui social network, dove capita spesso di incontrare centinaia di post su quello che gli utenti hanno appena mangiato.
Anche in alcuni di questi casi possiamo trovarci di fronte ad un livello patologico, soprattutto quando su alcuni di questi profili non passa giorno che non compaia il pasto quotidiano, consumato in compagnia, al ristorante, raramente, come nel caso che tratta questa performance, in solitudine. Probabilmente in questo modo si riesce a dare conforto all’isolamento a cui la comunity può condannarti da un momento all’altro.
Esibire ed esibirsi sui social network senza pudore alcuno, può essere considerato una normale pratica di comunicazione dettata dalla natura stessa del medium (e in un certo senso sono gesti con un valore di sublimazione ed esorcizzazione), ma nessuna di queste pratiche, nel caso della presenza di un reale problema psicologico, si può pensare come terapeutica.

Nicola Mette, con questa performance, cerca di ricostruire la scena del crimine, fatta di telecamere, reality, web streaming, ma anche di ritualità e sacralità dell’azione performativa, ricercando non tanto di scoprire il cadavere dell’arte, ma il suo assassino: l’artista.