Missione Egitto 1903-1920
La mostra racconta l’avventura della M.A.I. (Missione Archeologica Italiana) in Egitto che, tra il 1903 e il 1920, sotto la direzione di Ernesto Schiaparelli, arricchì la collezione del Museo Egizio di circa 30.000 reperti.
Comunicato stampa
È nella Torino d’inizio Novecento che comincia il racconto: sono i filmati, gli oggetti e i documenti d’epoca ad accogliere i visitatori per avvolgerli nel contesto storico e culturale in cui matura l’ambizione di portare l’Italia a scavare in Egitto con l’obiettivo di “…largamente contribuire alla storia dell’Egitto e all’incremento del materiale archeologico del Museo Egizio.” (da una lettera di Ernesto Schiaparelli al Ministro della Pubblica Istruzione, 29 aprile 1902).
Per la prima volta sono riuniti insieme documenti d’archivio e materiali fotografici – taluni inediti – che raccontano l’attività della Missione Archeologica Italiana in Egitto nei primi decenni del XX secolo, tra successi, imprevisti e difficoltà. Ne emergono anche i profili di numerosi personaggi, più o meno noti, protagonisti delle ricerche archeologiche del Museo Egizio. Le loro biografie e il loro contributo all’arricchimento delle collezioni sono ripercorsi attraverso l’esposizione di oggetti di lavoro e testimonianze dirette: in questo modo, anche uomini e donne vissuti nel secolo scorso sono studiati al pari dei personaggi antichi.
“Dedicare una mostra temporanea alla Missione Archeologica Italiana (M.A.I.)” dichiara il Direttore Christian Greco “e alla figura di Ernesto Schiaparelli che ne fu il fondatore, significa rendere omaggio a uno degli elementi costitutivi dell’identità del Museo Egizio. La costruzione identitaria è un processo complesso in cui è imprescindibile guardare alla propria storia e confrontarsi con essa. Questa esposizione non è dunque un mero approfondimento di un segmento della storia del Museo ma è la sottolineatura di uno degli aspetti che reputiamo fondamentali per la vita dell’Egizio: il lavoro di scavo.”
Le storie dei singoli protagonisti si intrecciano tra loro e tessono una trama narrativa più ampia e articolata che illustra l’epopea delle avventure archeologiche italiane nella Valle del Nilo. Contemporaneamente agli scavi del Museo Egizio, numerose altre missioni operavano nel Mediterraneo Orientale, dove più si concentravano gli interessi – soprattutto politici – italiani: Federico Halbherr scavava in Cirenaica e nei principali siti di Creta (Festòs, Gortina, Hagia Triada), mentre altre indagini erano in corso a Rodi, nel Dodecaneso e in Turchia. I reperti ritrovati durante queste ricerche sono giunti in prestito dal Museo Pigorini di Roma, dove confluivano le testimonianze preistoriche ed etnografiche di provenienza nazionale ed estera.
I problemi a cui i direttori delle missioni dovevano fare fronte – allora come oggi – consistevano nel reperimento di fondi, nell’organizzazione logistica dei trasporti e della permanenza in loco, nell’approvvigionamento di materiali e di rifornimenti, nell’ingaggio dei lavoratori locali. Alle difficoltà delle fasi preparatorie si aggiungevano anche gli imprevisti più diversi, le dure condizioni di vita e di lavoro sul cantiere, i rapporti con le autorità locali e con i colleghi archeologi, tutte situazioni che rendono ancor più suggestiva e meritoria l’opera svolta in quegli anni.
Le energie profuse erano dirette a incrementare la ricerca archeologica, lo studio e l’esposizione dei reperti; Schiaparelli si spese in prima persona presso gli Enti governativi e la Casa Reale in cerca di fondi adeguati alle esigenze delle indagini sui siti, riuscì a reperire materiale da campo di qualunque genere per allestire gli alloggi tendati, strumenti per la logistica, mezzi e persone con particolari interessi e competenze che potessero risultare utili alla missione. Nonostante le numerose difficoltà operative, la M.A.I. poteva tuttavia contare sull’appoggio dei Frati Francescani, di valenti collaboratori locali e del Direttore del Service des Antiquités Gaston Maspero. L’ingente mole di reperti portati in Italia testimonia l’intensa attività di scavo, documentazione, studio e catalogazione svolta sia sul sito sia dopo l’arrivo dei materiali a Torino. Scritti e oggetti presenti in esposizione permettono di contestualizzare la complessità delle variabili di cui si doveva tenere conto, considerando anche le condizioni climatiche, geografiche e socio-politiche dell’Egitto dell’epoca.
“Credo che sia molto importante valorizzare il rapporto che lega il Museo Egizio a Torino.” dichiara la Presidente Evelina Christillin “Il contesto storico generale in cui si colloca l’avventura archeologica del Museo Egizio è ricostruito all’inizio del percorso, inquadrando gli eventi principali nella più ampia cornice politica e culturale dell’inizio del Novecento, quando gli studiosi intrattenevano rapporti professionali e personali con i più eminenti ricercatori italiani e stranieri, mentre le innovazioni tecnologiche iniziavano a condizionare il lavoro e la vita di tutti i giorni. Infatti, in quegli anni Torino si connotava come polo industriale e creativo, brulicante di movimento e fiducia nel progresso.”
È in questo fermento che Schiaparelli è chiamato a dirigere il Regio Museo di Antichità nel 1894, lavorando in un ufficio molto simile a quello ricostruito in mostra. Oltre al suo fondamentale ruolo nella storia del Museo, sono messi in evidenza anche gli altri ambiti in cui dispiegò le sue forze: come filantropo, come Soprintendente ai beni archeologici di Piemonte, Liguria e Lombardia e infine come Senatore del Regno d’Italia.
L’arricchimento delle collezioni del Museo Egizio restò sempre il fine ultimo dei suoi sforzi, che si tradusse nell’esaltazione del valore storico delle scoperte, nell’attenzione al contesto archeologico e alle relazioni fra gli oggetti, nella valorizzazione dei frammenti anche più modesti e nella cura verso il loro stato di conservazione, che passò attraverso interventi di restauro realizzati già sul cantiere. Ogni operazione è stata documentata con appunti, descrizioni, disegni e soprattutto con una massiccia battitura fotografica, di cui emerge ora con chiarezza la basilare rilevanza nella ricostruzione di vicende, luoghi e volti.
L’esposizione mira perciò a sottolineare la centralità della ricerca nella valorizzazione della collezione, basata sulla lettura contestuale di oggetti e materiali d’archivio, che sono anche rivelatori del profondo legame fra politica e archeologia esistente in quegli anni. Contenuti multimediali, mappe, fotografie di grande formato, ricostruzioni di ambienti fisici e virtuali regalano al pubblico un’ esperienza immersiva e coinvolgente.
Per arricchire l’esperienza di visita, il Museo Egizio ha collaborato con la Scuola Holden per lo storytelling della mostra. Tramite l’audioguida, si affidano idealmente al visitatore la colonna sonora e i dialoghi di un film, le cui immagini sono create dagli oggetti in mostra. Ed è proprio Ernesto Schiaparelli ad accompagnare il pubblico in questo viaggio, che parte dal suo ufficio di Torino per arrivare in Egitto attraverso una narrazione appassionata, scritta da Alessandro Avataneo e interpretata dall’attore Gianluca Ferrato.
MISSIONE EGITTO 1903-1920 pone al centro la ricerca sul materiale d’archivio, luogo in un cui un museo contemporaneo deve “scavare” per illuminare e ampliare la prospettiva sulle proprie collezioni museali. In questo modo non solo la cultura materiale, ma anche la metastoria e la ricezione dell’antico diventano campi fondamentali di indagine.