Materialità Impalpabile
Foto in cover: Carlo Bernardini. Alla Casa dello Zecchiere si inaugura “Materialità Impalpabile”, una mostra di Light Art.
Comunicato stampa
Alla Casa dello Zecchiere si inaugura “Materialità Impalpabile”, una mostra di Light Art con gli artisti Nino Alfieri, Carlo Bernardini, Massimo Hachen, Ramilson Noronha e Pietro Pirelli, che presenteranno opere recenti ed installazioni ambientali che utilizzano differenti tecnologie e materiali espressivi. Con l'elemento della luce ad agire tra di loro come filo conduttore, si relazionano opere costituite da suono, laser, acqua, fibra ottica, specchi convessi, terracotta, legno combusto, materiali fotosensibili, luce nera, illuminant mode, immagini video satellitari, marmi artificiali.
Le opere presentate hanno nella luce in qualità di denominatore comune, l'elemento fondante di materialità / immaterialità, ordine / disordine, realtà / virtualità, dimensioni visibili e invisibili. Si crea così una rete di relazioni che intorno alla poetica di ognuno degli artisti, evoca sensazioni e connessioni inattese. Oltre al richiamo di suggestioni visionarie, possiamo assistere ad aspetti di trasformazione e smaterializzazione dello spazio con apparenze illusorie di "altre" dimensioni, tese a modificare la percezione del luogo.
Nino Alfieri (Milano, 1953) ripropone “Light Seeds – evanescenza pulsante è l’energia dei semi", un’installazione multimediale realizzata in collaborazione con il compositore musicale Corrado Saija ed ispirata a fossili, amigdale, puntali di aratro antichi e forme-matrice organiche ricorrenti nelle sue opere. Questi “semi primari”, collocati a terra, emettono una luce che li fa apparire in sospensione, la cui intensità varia ciclicamente con evanescenze pulsanti e suoni appositamente composti per evocarne la potenziale schiusura. Il contrasto tra le forme organiche in terra cruda e terracotta con la tecnologia che le rende luminose, facendole pulsare e fluttuare nel buio trasmette l'idea di semi pieni di futuro, lasciandoci intuire la possibilità che tutto resti ancora in sospensione, come un autentico richiamo alla vitalità della natura. E' proprio questa vitalità e bellezza della natura a manifestarsi in un dialogo tra passato e futuro, rigenerandosi attraverso forme tangibili di luce e suono.
Carlo Bernardini (Viterbo, 1966) ha lavorato nella trasformazione percettiva dello spazio attraverso la luce, trovando nella fibra ottica e nelle superfici elettroluminescenti gli elementi principali e innovativi della sua ricerca sperimentale. Le sue installazioni ambientali in fibra ottica hanno la caratteristica di creare uno spazio che offre molteplici possibilità di fruizione per ogni singolo spettatore. Trasmettendo l'idea di un luogo fisso e cristallizzato, possono dare al contempo un'impressione di mobilità, dove una linea creata su un piano può svilupparsi al di là di esso in modo reale o illusorio, lasciando spazio all’immaginazione. Il vecchio pozzo della Casa dello Zecchiere rivisitato dall'artista con un’opera site-specific acquisisce nuovi contorni. La sua profondità è invertita e diretta verso l'alto, indicando un segno di prospettive che puntano al futuro. Nell'opera "Catalizzatore di Luce" l'artista crea una sorta di scatola visiva che amplifica gli effetti luminosi della fibra ottica utilizzando la superficie olf (optical lighting film), che funge da diaframma tra l'occhio dell'osservatore e l'interno della scatola. Il risultato è la generazione di uno spazio evocativo e poetico, la cui luminosità è amplificata grazie alla moltiplicazione illusoria delle linee in fibra ottica, contemporaneamente alla sfocatura dei suoi contorni.
Massimo Hachen (Milano, 1952) proviene da precedenti esperienze artistiche in cui ha utilizzato in opere astratte una tecnica personale “sotto vetro” ricercando ambiguità visive che derivano dall’esperienza maturata nel campo della Gestalt e della percezione visiva. Ha anche realizzato installazioni con fasci di luce laser nell’ambito di una ricerca sulla fonoestesia, ovvero la traduzione del suono in forma. Le sue cinque opere esposte sono composizioni duali che utilizzano due differenti fonti luminose, cioè una luce bianca e una ultravioletta. I lavori si basano sull’uso indiretto del colore (colore film altrimenti illuminant mode). Sono composizioni completamente bianche dove il colore, sotto luce bianca, non è visibile, conducendo a specifiche organizzazioni percettive. Quando le stesse vengono illuminate dalla black light rivelano l’aspetto cromatico portando l’osservatore a percezioni opposte alle precedenti, come nel caso di “Disordine e Ordine” o del suo complementare “Ordine e Disordine”.
L'installazione multimediale "Landscape Marble" di Ramilson Noronha (Ponte Nova, 1977) trasforma immagini satellitari in marmi artificiali. Queste pietre artificiali sono generate a partire dall'immagine aerea di luoghi reali del globo terrestre, come il Rincon de los Sauces in Argentina, Carnaíba do Sertão nel Brasile, alcune zone dell'Africa, della Mongolia, di Venezia, degli Stati Uniti o del Medio Oriente. L'immagine di ogni luogo da origine a una particolare pietra artificiale, la quale insieme ad altre, mediante proiezioni video o stampe su lastre di polipropilene, risulta avere una somiglianza con antiche lastre di marmo. "Landscape Marble" può essere visto come un modo per riportare alla materialità qualcosa che si manifesta digitalmente, anche in modo impalpabile, se consideriamo la dimensione astratta di un territorio visto dall'alto, date le vaste dimensioni geografiche. Il lavoro stabilisce una relazione tra materialità e immaterialità, costruendo dialoghi tra il territorio, le sue rappresentazioni e le diverse precedenti esperienze di artisti come Richard Serra, Gordon Matta-Clark, e Walter de Maria.
Alcune opere di Pietro Pirelli (Roma, 1954) creano il suono toccando la luce, dando vita a note installazioni / performance multisensoriali come l’"Arpa di Luce", realizzata con Gianpietro Grossi. In altre sue opere è invece il suono a modulare la luce, come nel caso degli “Idrofoni”. Nella mostra, l'artista, musicista e performer oltre a esporre due "Idrofanie" in forma di light box, propone l’"Idrofono", strumento da lui inventato per suonare l’acqua e visualizzarne il moto ondoso in proiezioni di luce. L’"Idrofono” di Pirelli è infatti un dispositivo in plexiglass e fili d'acciaio che, trasmettendo le vibrazioni del suono a un sottile strato d'acqua, produce onde. Quando esse vengono attraversate da una banda luminosa, la luce ne viene rifratta creando una varietà di immagini in movimento. Nelle "Idrofanie" invece il suono si manifesta in forma statica, grazie agli scatti fotografici realizzati in collaborazione con Eugenio Manghi. Ciascuna di queste opere è il risultato di un processo che attraversa diverse fasi: produrre suono, muovere l'acqua, generare forme in divenire, congelarne un brevissimo istante in una sorta di scultura di luce.
"Pur offrendo sempre una percezione del divenire, il tempo oggettivo del flusso musicale si trasforma così in una istante sonico, che consente all’osservatore di osservare un suono secondo una propria temporalità percettiva." Pietro Pirelli
Nel contesto del Fuorisalone 2019 la mostra viene presentata, a cura dell’arch. Isa Helena Tibúrcio (PhD Design Polimi), nel Distretto 5Vie parallelamente al Salone del Mobile.
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