Marta Dell’Angelo – Cariatidi
La sua indagine riflette infatti, in modo più generale, sulla trasmissione delle immagini, sui codici relazionali e fisici creati nel tempo, sul sentire e il sentirsi femminili rispetto alle forme di rappresentazione convenzionali, sulla relazione tra arte e scienza, tra esperienza personale e conoscenza acquisita.
Comunicato stampa
Dopo il successo avuto a Bologna nel 2011 in occasione del festival internazionale dedicato agli immaginari legati alle nuove rappresentazioni del corpo e delle identità di genere, l'artista propone Cariatidi: un lavoro murale di 14mx5m che vede anche in questo caso il corpo femminile soggetto principale della sua ricerca.
La sua indagine riflette infatti, in modo più generale, sulla trasmissione delle immagini, sui codici relazionali e fisici creati nel tempo, sul sentire e il sentirsi femminili rispetto alle forme di rappresentazione convenzionali, sulla relazione tra arte e scienza, tra esperienza personale e conoscenza acquisita.
Marta Dell'Angelo è nata a Pavia nel 1970, vive e lavora a Milano.Nel 2002 ha vinto il Premio New York promosso dal Ministero degli Affari Esteri presso la Columbia University di New York.
Ha partecipato a numerose mostre personali e collettive, in Italia e all’estero: nel 2009 “The Symbolic Efficiency of the Frame” al Tirana International Contemporary Art Biennale Albania, nel 2010 “Opere della collezione Consolandi” al Museo di Arte Contemporanea di Gallarate e “Il coraggio” alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo ad Aosta, nel 2011 “Pittura Europea dagli anni'80 ad Oggi” alla Fondazione Stelline e nel 2012 “ Tecnica Mista” al Museo del Novecento di Milano.
Il corpo, pesante fardello, contenitore di ciò che siamo, confine con ciò che non siamo, simbolo e rimando alla fragilità della nostra esistenza, effimera barriera su cui, da nati, cominciamo a tracciare il ritratto della nostra identità.
Il corpo ci rimanda alla perenne inquietudine in cui viviamo, alla tensione tra l’Io e l’altro, tra il privato e il sociale, tra l’autobiografia e la storia. Ogni interazione fra il proprio corpo e un altro corpo lascia un segno, plasma il nostro essere in funzione di quella relazione. Conserviamo frammenti di un corpo altro all’interno di noi, una traccia sinaptica che fa dell’altro, parte di noi. Veniamo al mondo così, senza sapere chi siamo, consapevolezza e senso di sé cominciano a costituirsi nel neonato dopo la nascita, sono la base su cui si va a costituire l’esperienza soggettiva che il bambino fa della vita sociale. Con il formarsi dell’idea di un sé privato si comincia a sperimentare la presenza dell’altro.
Vediamo su questi muri il corpo fatto a pezzi, disperso nei suoi elementi, io frammentato. Cerchiamo disperatamente di resuscitare un’identità.
L’effimero è ancora più effimero, il sogno di Shakespeare… se la pesante materia del mio corpo fosse pensiero… si realizza nell’arte. Nell’arte quel corpo che ci imprigiona rappresenta l’unica possibilità di liberarsi, diventa memoria, affermazione della propria esistenza, diventa luogo dove sperimentare identità diverse. Nell’arte il corpo supera il sogno dell’organismo transgenico …uno, nessuno, centomila…
Ludovica Lumer