Il Po Antropocene Archeologia di Plastica
Esposta un’insolita collezione di oggetti in plastica risalenti anche a decine di anni fa, riemersi nell’alveo del Grande Fiume in sofferenza d’acque.
Comunicato stampa
Centinaia di piccoli oggetti tra i più diversi, la maggior parte dei quali in plastica, rifiuti che raccontano una storia, molti risalenti a decine di anni fa, riemersi sulle enormi distese di sabbia che la storica secca del Po ha scoperto: sono questi i protagonisti della mostra “Il Po Antropocene Archeologia di Plastica”, visitabile dall'8 al 13 maggio presso l'antico Hospitale di Calendasco (Piacenza), un tempo adibito all'accoglienza dei pellegrini che percorrevano la Via Francigena, all'interno del Padiglione San Corrado, messo a disposizione dall'artista Bruno Grassi.
L'insolita collezione è il frutto della “raccolta” di Umberto Battini, storico locale e appassionato del Grande Fiume, che durante le sue camminate lungo le rive del Po, percorrendo l'alveo del fiume ormai da mesi in sofferenza, si è imbattuto di oggetti plastici recenti e non solo. Essi ora formano il fulcro di una originale esposizione, che se da una parte ci riporta nel passato, attraverso oggetti che un tempo erano parte della nostra quotidianità, dall'altra costituisce un forte monito all'inquinamento da rifiuti plastici.
Il titolo dell'evento è il manifesto della mostra: “Il Po, Antropocene, Archeologia di Plastica”. Il dizionario Treccani alla voce Antropocene recita: "epoca geologica attuale, in cui l’ambiente terrestre, nell’insieme delle sue caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche, viene fortemente condizionato su scala sia locale sia globale dagli effetti dell’azione umana, con particolare riferimento all'aumento delle concentrazioni di CO2 e CH4 nell'atmosfera". L’archeologia plastica invece raccoglie quegli oggetti “plastici” che il fiume Po ha restituito con le sue secche, nei suoi “alti e bassi”, scoprendo e coprendo.
“La Mostra di questi oggetti, e ne troverete di veramente curiosi” - spiega Battini “è stata pensata per far capire quale danno si arreca al paesaggio naturalistico, per comprendere che i contenitori plastici per primi, meritano il riciclo, altrimenti, per centinaia d’anni andranno ad inquinare l’ambiente e le acque”.
Già esiste un Museo Virtuale di oggetti plastici spiaggiati dal mare: vi si trovano “reperti” che hanno anche 70 anni, contenitori di prodotti ormai fuori commercio. Anche il Grande Fiume purtroppo restituisce di questi oggetti: significa che per poterli “smaltire organicamente” il nostro Po ci metterà centinaia di anni, come già hanno appurato studi scientifici. Ma l'aspetto più grave è che si ritrovano rifiuti plastici (ma non solo) anche recenti. Questo significa che c’è ancora gente che smaltisce i rifiuti “gettandoli” nel Grande Fiume. In una società che ormai permette a tutti di poter fare il riciclo di ogni tipo di materiale e rifiuto, questo dato colpisce maggiormente.
“Abbiamo trovato alimenti intonsi scaduti e non scaduti, contenitori ormai fuori commercio d’ogni tipo di prodotto, prodotti beauty, presidi medici, medicinali in blister, giocattoli o parti d’essi a volontà. Oltre a oggetti quali calzature, musicassette, accendini, scarpe da football di varie misure e colori. Barattoli per olio d’auto, per vernici, spray vari, matite, pennarelli, “creme” per uso sessuale, filtri d’auto” - raccontano gli organizzatori. “Oggetti tra i più inconsueti che il Po in costante sofferenza, porta alla luce, sul suo già desolato letto d’acque, oggetti ricoperti dalla classica patina verdognola o nerastra lasciata dalla lunga permanenza in acqua”.
L’idea alla base della mostra, visitabile con ingresso libero dall'8 al 13 maggio, è quella di promuovere la sensibilità del “rifiuto zero” nel Grande Fiume, sensibilizzando l’opinione pubblica lungo tutta la bassa padana in cui scorre. “Siamo tutti a conoscenza di come ed in che misura i mari del mondo siano devastati da plastica e microplastica, con danni a fauna vegetale ed animale. Una “goccia nel Po” questa mostra, forse la prima in Italia, sperando che altri la copino e la rilancino. Dal Monviso e fino al Delta”.