Guido Corazziari – Mooolto…Personale
L’artista preleva immagini, formule, numeri, marchi, emoticon, stili grafici, pittorici e fotografici da fumetti, poster, pubblicità, cinema e assembla tutto al computer con la complicità di un software.
Comunicato stampa
“Io amo il Pop, ma ne sono prigioniero ” lo confessa Guido Corazziari dinanzi alle tele che ha riunito nella mostra “Mooolto personale”due cicli di lavoro, il primo dedicato a personaggi mutanti, il secondo ad una storia top secret.
L’artista preleva immagini, formule, numeri, marchi, emoticon, stili grafici, pittorici e fotografici da fumetti, poster, pubblicità, cinema e assembla tutto al computer con la complicità di un software.
Nella nuova composizione, le immagini originarie sono in parte sovrapposte, nascondendosi l’un sotto l’altra, in parte affiancate per frammenti.
L’ assemblaggio è poi riportato su tela e dipinto: sei mesi circa di lavoro per ogni ciclo, suddivisi tra progettazione ed esecuzione pittorica.
Ma, a differenza degli artisti della Pop Art Americana(Andy Warhol, Roy Lichtenstein, Tom Wesselman, Claes Oldenburg, etc.) che riproducevano con distacco le immagini della società dei consumi, Guido Corazziari non rinunzia al suo sguardo personale su ciò che l’industria dello spettacolo e del divertimento gli pone sotto gli occhi.
Come è tradizione della pittura Pop italiana, lo contraddistingue l’uso metaforico delle icone usate come simboli, l’ironia e la citazione colta.
Corazziari mette in atto numerose metamorfosi che trasformano segni e icone prelevate in immagini ambivalenti.
Tra i sui personaggi ricorrenti c’è Hello Ketty. La bambolina si mescola alla porcella Piggy e al volto di Marilyn Monroe finché l’ innocente bambina diventa una pericolosa seduttrice.
La faccia di un maialino s’innesta sul corpo di Micky Mouse nell’ “autoritratto modificato” dello stesso Corazziari.
Il gioco delle identità mutanti non è nuovo nel panorama dell’arte contemporanea. E’, inoltre, un tema caro da sempre alla fantascienza. La filosofia contemporanea, il femminismo e la letteratura gay lo hanno scoperto, di recente, come filone portante per valorizzare le differenze identitarie e rompere le rigide gabbie di genere.
Guido Corazziari s’inserisce in questo capitolo, creando ibridi stridenti a partire dalle immagini cult dell’ultimo secolo: i Simpson, un capolavoro di Picasso, i personaggi della Walt Disney, Mao Tse Tung, Ingrid Bergman. Ricicla tutto: gadget, fotografie, poster, marchi, frame di famosi film. Che si tratti di un oggetto, di un divo, di un capo di stato, l’importante è che le icone siano riconoscibili dalla maggioranza.
Mescolando volti noti, però, Corazziari persegue un effetto dissacratorio. La mutazione è spesso peggiorativa, la star è ridicolizzata. In taluni casi è moraleggiante come, ad esempio, nel quadro che ripropone Barbie sostituendone la faccia con un teschio..“la bambolina ha più di cinquant’anni, ma non vuole invecchiare” .
Le immagini raffigurano le star di un secolo che l’artista, come molti, ha amato e poi dimenticato.
Nella cultura di massa tutto è effimero, anche i miti stancano e gli eroi passano di moda.
C’è disillusione in molti dipinti: fine del sogno, fine della giovinezza.
Al disincanto personale si aggiunge la deriva di un momento storico, che culminò con le grandi speranze di benessere del boom economico.
Oggi facciamo i conti con città sovraccariche di merci invendute e con discariche off limits. E’ stracolmo anche l’immaginario di massa, perciò occorre smaltire, cancellare, eliminare.
In uno dei dipinti esposti, Che Guevara è messo ai saldi dalla Walt Disney e Biancaneve accorpa Vampirella per economizzare spazio e tempo. Rivoluzionari e fumetti si equivalgono sulla scena della second life.
Nell’altro gruppo di immagini, Corazziari trasforma una sua storia personale in favola visiva. I trucchi del celare-svelare qui si fanno molto sofisticati, l’ambiguità regna sovrana. Le sovrapposizioni più che mostrare nascondono, affidando la reticenza all’uso massiccio di simboli.
Non sappiamo cosa si nasconda dietro il bacio che Minnie elargisce a Paperino, né chi si celi dietro la maschera tandem di Topolino e Gatto Felix. L’incastro visivo e la cancellazione di dettagli crea una associazione enigmistica di significati tutt’altro che commestibile.
E’ anche questo un segno dei tempi, forse.
Anna D’Elia
5 novembre 2011