Francesco Barbieri – The Beauty of Ugliness
La bellezza della “bruttezza”: in questa nuova avventura a Studio D’Ars, Francesco Barbieri ci invita a riflettere sull’inquietante fascinazione che le nostre città, nere e tetre come un moloch, esercitano sull’immaginario collettivo.
Comunicato stampa
“Le stazioni si somigliano tutte; poco importa se le luci non riescono a rischiarare più in là del loro alone sbavato, tanto questo è un ambiente che tu conosci a memoria, con l’odore di treno che resta anche dopo che tutti i treni sono partiti, l’odore speciale delle stazioni dopo che è partito l’ultimo treno”. (Italo Calvino, “Se una notte d’inverno un viaggiatore…”)
A questi odori Francesco Barbieri aggiunge i colori, ridefinisce le linee e i confini delle città che interpreta e ripropone nel suo orizzonte intimo e personale. Se il lettore-protagonista di Calvino si trova in una stazione ferroviaria in cui tutto sembra inafferrabile e avverte la sensazione di aver perso una coincidenza e di trovarsi ancora lì solo per errore, Francesco Barbieri ci accompagna nelle sue visioni che parlano appunto di paesaggi ferroviari e di scorci urbani. Come racconta lui stesso: “io certi posti li sento miei, li ho vissuti per anni... e cerco di parlarne e descrivere la creatività che certe atmosfere mi smuovono”.
In questo modo Barbieri declina a modo suo la funzione dell'artista che non è tanto quello di trovare le soluzioni, ma piuttosto quello di porre delle domande: chi siamo noi? Ci piace quello che abbiamo intorno? Cosa è il bello? E il brutto? Dove va il nostro sviluppo? Qual è e com'è il posto che ci appartiene?
La bellezza della "bruttezza": in questa nuova avventura a Studio D'Ars, Francesco Barbieri ci invita a riflettere sull'inquietante fascinazione che le nostre città, nere e tetre come un moloch, esercitano sull'immaginario collettivo. I suoi paesaggi, che spesso si compongono di palazzi misti a binari, tralicci, ponti e altri elementi presenti nello scenario urbano, certo non raffigurano vedute considerate come bellezze canoniche, ma sono ciò che ci circonda. La nostra città è di ferro e cemento, la nostra vita si muove in mezzo alla nostra città e ne è quindi parte attiva.
Difficile dunque non sognare la metropoli con i suoi grattacieli che ti trasportano idealmente in una dimensione quasi di fantascienza, pur mettendone in discussione i suoi eccessi, la cementificazione, l'inquinamento e la desertificazione di certe periferie disumane. D'altronde Francesco proviene dalla cultura del writing, movimento nel quale è stato attivo per circa due decadi, e che rivendica il diritto di interagire con lo spazio urbano. Proprio dal rapporto con la città nasce dunque la sua poetica: il writer è al tempo stesso un amante incondizionato della città, ma anche la sua coscienza critica. Il writing è stato accostato molte volte al futurismo e credo basti leggere attentamente il manifesto per capirne i motivi: “canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri, incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole per i contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l'orizzonte, e le locomotive dall'ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d'acciaio imbrigliati di tubi”. Ad un secolo dalla nascita del futurismo, all'idea di modernità, oggi possiamo sommare anche l'idea di decadenza: città occidentali che diventano incubi architettonici terribili e affascinanti. Addentrarsi negli scenari raccontati da Francesco Barbieri
è come stare incantati a guardare un mostro, è terrificante, ma nella sua mostruosità è bello, di una bellezza che non si sforza di apparire, semplicemente è.
Questo mostro sono le nostre città che viviamo quotidianamente, le nostre strade, i nostri quartieri solcati dalle ferrovie e ornati di tralicci appuntiti, ovvero "the beauty of ugliness".
Daniele Decia