Edicola 518. Il chiosco 2.0

Intervista agli ideatori di Edicola 518, un progetto editoriale che ha trovato forma concreta in un chiosco da edicolanti.

Siamo alla fine del 2014 e il collettivo formato da Antonio Brizioli, Antonio Cipriani, Valentina Montisci e Kristina Borg – attivisti di Isola Art Center – licenzia il numero zero di Emergenze. “In un anno abbiamo pubblicato e diffuso con impegno missionario cinque numeri della rivista e operato instancabilmente alla diffusione del progetto”, ricorda Antonio Brizioli. All’inizio del 2016 l’esperienza termina e inizia la notevolissima avventura di Edicola 518, al 42a di via Sant’Ercolano a Perugia. Ne abbiamo parlato con i protagonisti.

Cos’è Emergenze? Chi l’ha fondato? Quali attività porta avanti?
Emergenze è un progetto artistico/editoriale che nasce ufficialmente a dicembre 2014 con l’uscita del numero zero della rivista Emergenze. Eravamo al tempo un gruppo misto di artisti e giornalisti: Antonio Brizioli, Antonio Cipriani, Valentina Montisci e Kristina Borg. Ci eravamo conosciuti al quartiere Isola di Milano, dove eravamo tutti attivamente partecipi del progetto Isola Art Center; avevamo voglia di dare sfogo ai nostri scambi di idee attraverso una realizzazione che testimoniasse la nostra fiducia nelle potenzialità espressive del mezzo cartaceo. Stanchi delle sentenze capitali superficialmente attribuite alla carta, ci siamo messi a disegnare forme e contenuti. Abbiamo preso come base Perugia, la mia città, perché avvertivamo un po’ di stanchezza rispetto all’ambiente milanese, sempre più standardizzato e meno stimolante. Volevamo lavorare “fuori dal giro”, in un terreno vergine che ci permettesse di riflettere e sperimentare con calma.

Quanto è durata l’esperienza della rivista?
Abbiamo fatto cinque numeri, ma già dopo il primo avevamo 300 abbonati e un grande entusiasmo intorno. Emergenze era lo strumento di riflessione, critica, approfondimento e divulgazione della nostra azione artistica sul territorio. Esperienze, dialoghi, derive e scoperte. La più significativa è stata Riprendere il filo, un’azione che ci ha visto attraversare il centro storico di Perugia con cinque chilometri di filo rosso installati collettivamente con gli abitanti della città in dieci giorni e dieci notti di lavoro. Ne è venuto fuori tantissimo materiale, compreso un bellissimo documentario di Alberto Brizioli (mio fratello), che s’intitola Gros Grain ed è visibile su YouTube con introduzione di Giulietto Chiesa. Questa azione e tutto ciò che l’ha preceduta e seguita hanno reso il nostro rapporto con la città intimo, forte. Tutto il resto è venuto di conseguenza.

Poi cosa è avvenuto?
In un anno abbiamo pubblicato e diffuso con impegno missionario cinque numeri della rivista e operato instancabilmente alla diffusione del progetto. La gestione del gruppo ha cominciato a diventare difficile, la redazione della rivista si è sfaldata ma sono subentrati altri soggetti a portare entusiasmo e competenze.

Emergenze magazine. Photo Alberto Brizioli

Emergenze magazine. Photo Alberto Brizioli

È nata prima l’opportunità di utilizzare l’edicola oppure il progetto Edicola 518? Prima l’uovo o la gallina?
Emergenze ha provvisoriamente cessato le attività con il “numero quattro” di inizio 2016 ma la nostra riflessione è andata avanti e ha trovato in Edicola 518 il suo compimento. La volontà era quella di chiudere il cerchio della nostra produzione editoriale. Facendo la rivista abbiamo capito che a impedire la diffusione di questi progetti non è la mancanza di utenza (perché noi abbiamo venduto tantissime copie in maniera diretta) ma la mancanza di infrastrutture dedicate, l’assenza di una distribuzione fatta a misura del piccolo e di librerie che vogliano dedicare spazio e tempo a queste produzioni. L’Italia patisce l’assenza di luoghi specifici dedicati all’editoria indipendente, non solo alla vendita ma anche alla promozione e diffusione di progetti nuovi, di cose belle come quella che stavamo facendo noi. In questo senso Edicola 518 nasce da una riflessione che precede l’acquisto del chiosco. Anche se il nome arriva dopo ed è legato a un aneddoto particolare.

Raccontacelo.
Dopo aver comprato l’edicola, io e il mio collega Paolo siamo andati dal distributore che rifornisce tutte le edicole dell’Umbria (una volta erano tanti piccoli operatori, ora uno solo che opera in regime di monopolio). Mentre attendevamo il nostro turno in sala d’aspetto, una voce dal piano di sopra ha cominciato a urlare “Sono arrivati quelli della 518!”; noi ci siamo guardati incuriositi, senza sapere minimamente a cosa si riferisse. Solo dopo abbiamo scoperto che il distributore ha numerato per praticità tutte le edicole dell’Umbria e le chiama nella sua routine quotidiana con il loro numero identificativo. Noi siamo la 518. La numerazione è anche specchio del modo di procedere del distributore: conoscono la localizzazione dell’edicola, la sua capienza, le sue statistiche di vendita e, sulla base di questi dati, distribuiscono materiali senza che l’edicolante abbia la possibilità di negoziare quantità e qualità del fornito. Appreso questo modus operandi, abbiamo scelto di non lavorare con la grande distribuzione ed è stata la scelta che ha contraddistinto fin da subito la nostra attività. Per tutta risposta ci siamo chiamati però col nome che ci aveva assegnato il distributore: Edicola 518. Anche per dire che, insomma, non siamo solo un numero.

Edicola 518 nasce a giugno 2016. Poco prima era nata a Milano Edicola Radetzky. In che rapporti siete?
Sì, è stata una concomitanza casuale e piacevole che abbiamo scoperto strada facendo. Abbiamo subito contattato i ragazzi di Radetzky e ci siamo anche confrontati pubblicamente a Milano durante una mostra a cui eravamo stati invitati. Ci piace molto ciò che fanno, anche se in realtà operano in un terreno completamente diverso dal nostro. Loro hanno partecipato a un bando comunale che gli ha assegnato temporaneamente lo spazio, noi ce lo siamo comprati con i piccoli proventi della nostra attività. Ma soprattutto il loro progetto, pur trovando sede in una vecchia edicola, non ha nulla a che fare con l’editoria. Lo spazio è concepito come un micro-museo d’arte contemporanea aperto 24 ore su 24 con progetti ciclici su vari temi. Noi, pur rivoluzionandola radicalmente, operiamo nella tradizione delle migliaia di edicole che puntellano le città italiane.

Edicola 518. Photo Leonardo Pellegrino

Edicola 518. Photo Leonardo Pellegrino

Ecco: cosa fa esattamente Edicola 518?
Edicola 518 è un luogo interamente dedicato alla vendita, allo sviluppo, al racconto del mondo dell’editoria indipendente italiana e internazionale. Ci occupiamo in particolare di magazine indipendenti (per lo più internazionali, ma anche qualche eccellenza italiana), libri d’artista, fanzine, autoproduzioni, libri d’arte e scritti anarchici. Oltre a venderli, li raccontiamo, li facciamo conoscere, ne favoriamo lo sviluppo. Nei mesi caldi organizziamo incontri nello spazio pubblico, in cui i libri diventano occasione per affrontare tematiche d’interesse comune. Abbiamo ospitato personaggi appartenenti a tutte le sfere del mondo culturale: il giornalista Giulietto Chiesa, lo psichiatra Piero Cipriano, il cantautore Pierpaolo Capovilla, i calligrafi Luca Barcellona e James Clough, l’ex dirigente scolastico Francesco Codello, il direttore di A Rivista Anarchica Paolo Finzi, gli attori Marcello Sambati e Ilaria Drago, il performer Cesare Catà, il regista Sergio Martino. Non vogliamo solo ridare senso all’edicola come punto vendita, ma anche riaccreditarla come punto di riferimento culturale per il quartiere e per la città. Ci prendiamo cura dello spazio circostante e lo facciamo percorrere da fermenti culturali di varia natura. In una città come Perugia, totalmente manchevole di una programmazione culturale legata alla contemporaneità, siamo un punto di riferimento. Per alcuni: il punto di riferimento.

Le librerie si svuotano, a causa della concorrenza di Amazon e delle varie Feltrinelli-Mondadori-Giunti, e tutti si disperano; le edicole pure, ma in pochi ci fanno caso. Perché?
La lettura comune vuole che l’informazione e la cultura si siano spostate online, causando l’inevitabile crollo del mercato cartaceo. In realtà, posso garantire che si tratta di una versione parziale dei fatti. Il problema riguarda l’infrastruttura editoriale e distributiva italiana, che non è mutata col mutare dei tempi. Le edicole, ad esempio, operano con margini di sconto, modalità di distribuzione e vendita sviluppate nel tempo in cui ogni giorno si vendevano centinaia di quotidiani da un singolo punto vendita e il resto era un semplice corollario. Bastava essere nella posizione giusta (e le edicole lo sono quasi sempre), saper dare i resti e il gioco era fatto. Oggi il mercato è cambiato, il quotidiano vende molto meno ma sono emerse riviste indipendenti di qualità altissima che, pur trovando un ottimo riscontro popolare, non vengono distribuite o vengono mal distribuite. Accadono cose paradossali, per dirne una: non si trovano gli arretrati dei magazine perché l’invenduto delle edicole viene tradizionalmente mandato al macero dal distributore. È ovvio che il Corriere della Sera venga macerato con l’uscita del nuovo numero, ma puoi fare la stessa cosa con una rivista d’artista da 50 euro? Quella ogni giorno prende valore e distruggerla è insensato. La colpa ovviamente è da attribuire anche a edicolanti e librai, che si sono adagiati spesso su meccanismi consolidati senza controbilanciare l’azione di editori e distributori. Chi è andato in cerca di soluzioni innovative, chi ha fatto ricerca, chi ha rifiutato meccanismi di sfruttamento, ha retto meglio degli altri l’urto della crisi. Un’altra cosa da chiarire: le grandi librerie (quelle da te citate) non vanno bene; tendenzialmente vanno male come le piccole, semplicemente hanno una struttura alle spalle che gli permette di resistere ai tempi. Ci sono dietro grandi gruppi editoriali che hanno interesse a tenerle aperte, anche in passivo. Chi gestisce in proprio, ahimè, è molto più vincolato alla necessità, se non di profitto, quanto meno di sostenibilità.

Magwall. Photo Alberto Brizioli

Magwall. Photo Alberto Brizioli

Le cabine del telefono che ancora resistono si stanno trasformando in luoghi per il bookcrossing. Voi invece trasformate un’edicola in… un’edicola evoluta?
Come dicevo, Edicola 518 è a tutti gli effetti un’edicola. Lo è formalmente, nel senso che noi operiamo con una licenza da edicolanti. Lo è fisicamente, perché il chiosco che ci ospita è un giornalaio esistente fin dall’inizio del Novecento. Infine, i nostri sono a tutti gli effetti “prodotti da edicolanti”, nel senso che trattiamo carta stampata, per lo più periodica. Questo è a mio parere il punto più interessante del nostro progetto: operiamo su un terreno di ambiguità, di paradosso. Quando ci chiedono (e capita spesso) se siamo un’edicola, rispondiamo di sì, ma la gente non capisce. Connette l’edicola alla vendita di determinate testate e non al ruolo culturale e informativo. Lo spiazzamento costante del passante ci pone sul terreno dell’arte e dà valore a ciò che facciamo. Inoltre, siamo la dimostrazione che le edicole non chiudono per un cambiamento epocale e irreversibile a cui non si può fare fronte, ma perché appartengono a un sistema editoriale in crisi che non si vuole mettere in discussione e reinventare. In questo senso, il nostro progetto assume anche un significato politico molto forte, poiché dimostra che cambiando le carte in tavola questo contenitore può essere rinnovato, attualizzato e soprattutto personalizzato. Edicola 518 non può essere imitata letteralmente, ma il suo spirito può essere declinato in altre interpretazioni, che tengano conto delle specificità del territorio di appartenenza, delle esperienze e competenze dell’esercente, delle caratteristiche della clientela.

E infatti, recentemente il vostro progetto ha trovato uno sbocco in Laguna. Ci raccontate perché e percome?
Da tempo stiamo ragionando su possibilità di ramificazione, volte a creare una rete più ampia in cui far circolare le nostre pubblicazioni preferite. Ci sono stati contatti più o meno effimeri con varie realtà situate nelle principali città italiane, ma alla fine il caso ha voluto che la prima esperienza fuori sede fosse a Venezia. Abbiamo conosciuto dei ragazzi molto appassionati, Omar e Anna, che curano un brand indipendente di accessori in pelle chiamato Declare. Hanno un negozio monomarca molto bello nel cuore di San Polo e sono dei veri appassionati di bella carta. Non sai in quanti ci hanno chiamato da tutta Italia per “mettere un po’ di riviste a negozio” e abbiamo sempre declinato perché non era il modo giusto per esprimere lo stato della nostra ricerca. Loro ci hanno offerto un’intera parete del loro negozio, che abbiamo allestito in modo da poter esporre circa cento titoli di piatto, cui se ne aggiungono altri dislocati qua e là nello spazio. In questo modo il negozio è sempre fornito di un’esposizione aggiornata dei nostri titoli più nuovi e interessanti. Nasce così MAGWALL. Entrando lì dentro non vedi qualche rivista qua e là, ma entri a capofitto nella nostra attività, scopri titoli introvabili in Italia, entri in comunicazione con progetti indipendenti di tutto il mondo e respiri, grazie all’entusiasmo dei gestori, il bel clima che gira intorno a Edicola 518. I titoli esposti sono ovviamente acquistabili, ma c’è di più: a breve saremo online con lo store di Edicola 518 e i veneziani potranno scegliere di ritirare i loro ordini direttamente a Declare, evitando in tal modo le spese di spedizione. Venezia, fra l’altro, presenta su scala differente le stesse problematiche che riscontriamo a Perugia: c’è un turismo massiccio ma poche sono le iniziative permanenti volte al benessere culturale degli abitanti, non c’è una circolazione di cultura indipendente adeguata alla richiesta e questo fa sì che le persone siano sempre in cerca di nuovi stimoli. L’inaugurazione è stata un successo, il negozio straripava di persone. E anche l’andamento di questo primo periodo permette di essere fiduciosi nel futuro di questo progetto. Noi siamo felici, perché andare a Venezia ogni tanto per lavoro è un grande piacere.

Antonio Brizioli a Edicola 518. Photo Alberto Brizioli

Antonio Brizioli a Edicola 518. Photo Alberto Brizioli

Che ruolo possono o devono avere le fiere di settore? Quali amate di più, in Italia e all’estero? Perché?
Al momento abbiamo due appuntamenti di riferimento in Italia, che ci auguriamo diventino abituali. A novembre abbiamo partecipato alla prima edizione di FLAT, la fiera del libro d’artista che si tiene a Torino durante la settimana dell’arte, ma in sede distaccata rispetto ad Artissima. La prima edizione ha avuto luogo a Palazzo Cisterna, in pieno centro, e la risposta della città è stata ottima. L’organizzazione ha ragionato in grande, coinvolgendo alcuni dei più interessanti editori del panorama internazionale, facendo un’ottima comunicazione, curando molto l’allestimento e la programmazione delle presentazioni. Il risultato è stato a nostro parere eccellente e la sensazione è che, continuando su questa strada, FLAT possa diventare l’appuntamento di riferimento per l’editoria indipendente in Italia. L’altra tappa per noi fondamentale è Printville, il villaggio dell’editoria indipendente che trova sede all’interno di Arte Fiera, a Bologna. Il curatore Amedeo Martegani (editore fra l’altro della bellissima rivista Genda) ci ha coinvolto per il secondo anno consecutivo e la sensazione è che anche lì si stia dando vita a qualcosa di importante. Fra l’altro, in concomitanza con Arte Fiera, si tiene ormai da anni Fruit, che dà un contributo decisamente significativo alla causa dell’editoria indipendente nel nostro Paese. La concomitanza di questi due appuntamenti ha reso la settimana dell’arte bolognese un appuntamento imperdibile per gli appassionati di bella carta.
Purtroppo però è ancora troppo poco. Impossibile pensare che in piazze come Roma o Milano non esistano appuntamenti di questo livello. Le fiere di settore sono fondamentali per il sostentamento e la promozione dei piccoli editori, soprattutto in considerazione del fatto che in Italia, diversamente da altri Paesi, non esistono distributori di editoria indipendente d’artista né bookshop adeguati a queste produzioni. Stiamo lavorando per colmare questa mancanza, ma qualche fiera in più non guasterebbe di certo.

La carta è come la pittura? Dicono sempre che sia morta e invece eccola ancora lì, viva e vegeta…
Il parallelismo mi piace, perché si tratta di linguaggi con una tradizione così importante che non potranno mai cessare di esistere in assoluto. E per quanto riguarda la carta, c’è di più. La carta, infatti, non soltanto è sopravvissuta all’online ma nel settore del magazine indipendente e del libro d’artista sta vivendo una fioritura senza precedenti. Anche per chi come me vive di questo, è quasi impossibile stare dietro a un fermento così dirompente: non passa giorno senza che nasca un nuovo magazine, ci sono case editrici che pubblicano libri di una qualità impareggiabile, in tutte le accademie di grafica e arte del mondo ci sono giovani studenti che, pur essendo nativi digitali, si mettono intorno a un tavolo per provare a coronare il sogno di dar vita alla loro rivista. Penso che l’editoria d’artista sia attualmente uno dei settori più vitali e stimolanti del panorama della cultura contemporanea.

Marco Enrico Giacomelli

Versione integrale dell’articolo pubblicato su Artribune Magazine #42

Abbonati ad Artribune Magazine
Acquista la tua 
inserzione sul prossimo Artribune

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Marco Enrico Giacomelli

Marco Enrico Giacomelli

Giornalista professionista e dottore di ricerca in Estetica, ha studiato filosofia alle Università di Torino, Paris 8 e Bologna. Ha collaborato all’"Abécédaire de Michel Foucault" (Mons-Paris 2004) e all’"Abécédaire de Jacques Derrida" (Mons-Paris 2007). Tra le sue pubblicazioni: "Ascendances et…

Scopri di più