Epopea Bar Basso. L’epicentro del design da bere

Un bar come tanti altri a Milano? Forse. Ma con una clientela che prevede nomi quali James Irvine, Mark Newson, Jasper Morrison, Kostantin Grcic, Thomas Eriksson, Emmanuel Babled… E allora tutto cambia. La storia del Bar Basso ce l’ha raccontata Maurizio Stocchetto, che dietro il bancone ci sta dal 1967.

Quella del Bar Basso è una storia semplice ma curiosa, perché legata indissolubilmente alle persone. Era il 1933 quando Giuseppe Basso dava il via alla narrazione di una magia tutta italiana, aprendo l’omonimo bar in Porta Vigentina. Dopo la chiusura del 1945, è nel 1947 che il locale risorge nella sede che noi tutti oggi conosciamo, in via Plinio 39, grazie a due giovanissimi barman del celebre Hotel Posta di Cortina, Mirko Stocchetto e Renato Hausamann.
L’aperitivo al Principe di Savoia non era certo il contesto ideale per operai e nuovi figli del boom economico, mentre la trasversalità del Basso sembrava perfetta per decretare il successo di una pratica fino ad allora poco diffusa: sorseggiare cocktail. Manhattan, White Lady, Bloody Mary, Margarita e naturalmente l’intramontabile Negroni Sbagliato, per una carta che oggi conta oltre cinquecento drink. Se prima i cocktail potevano essere consumati solo nelle esclusive lounge di hotel di lusso internazionali, con il Basso iniziarono a essere shakerati con cura anche in questo inedito bar di quartiere, serviti in bicchieri speciali, realizzati appositamente da un’azienda specializzata in vetreria per farmaceutica. Nasce così quell’alchimia particolare tra funzionalità ed estetica tanto cara al mondo del design, che avrebbe ben presto conferito al Basso quell’allure creativa che ancora oggi lo contraddistingue.
Con l’obiettivo di promuovere il fascino del bar in relazione alla sua storia, sul nuovo sito web progettato da Actant Visuelle e Maurizio Stocchetto si attivano periodicamente mostre online che attingono all’archivio del Basso. Per il Salone 2016 si parte con 1 Cocktail, esperimento che coinvolge venti designer internazionali invitandoli a disegnare un free-drink per un’ipotetica festa che vorrebbero celebrare in loco. Su www.barbasso.com inoltre i cocktail ritratti da Delfino Sisto Legnani s’incontrano con le suggestioni raccolte tra le persone incrociate al Basso negli anni. Ne abbiamo parlato con il titolare Maurizio Stocchetto.

Delfino Sisto Legnani, Bar Basso. Pimm's

Delfino Sisto Legnani, Bar Basso. Pimm’s

Quando è iniziata la sua storia al Basso?
Ho iniziato a lavorare nel bar nel ‘67. Dovevo partire per il militare ma, grazie al fenomeno del baby boom, ho potuto rimandare la partenza e decidere di partire per la California. Avevo programmato un soggiorno di pochi mesi, che diventarono due anni. Avendo l’età legale per bere, ho iniziato a scoprire il bar come fruitore e mi sono reso subito conto di quanto fosse divertente. Tornai a Milano con un approccio totalmente diverso, ma nel frattempo la città era diventata la culla del neonato design industriale e, grazie alla vicinanza con il Politecnico, presto una nuova generazione di architetti e designer iniziò a frequentare il bar. Erano anni molto vivaci, i ristoranti rimanevano aperti fino a tardi e in corso Buenos Aires si rimaneva in macchina nel traffico anche di notte.

I bicchieri del Basso sono all’origine dell’insolito feeling tra drink e design. Come?
La realizzazione dei bicchieri non aveva alcunché di frivolo, ma era legata alle esigenze di lavoro. Non c’era consapevolezza dello sforzo che precede la realizzazione di un semplice utensile. Negli Anni Ottanta però molti giovani designer iniziarono a frequentare il bar, come James Irvine, Mark Newson, Jasper Morrison, Kostantin Grcic, Thomas Eriksson, Emmanuel Babled. E quando, nei primi Anni Novanta, improvvisamente molte grandi aziende, come Alessi o Baccarat, hanno iniziato a interessarsi ai bicchieri da cocktail, molti autori dei progetti dedicati erano gli stessi designer che frequentavano il bar come clienti da anni. Un’affezione davvero unica, che ci ha visto protagonisti come vero e proprio laboratorio di design in un’epoca insospettabile.

Delfino Sisto Legnani, Bar Basso. Old Fashioned

Delfino Sisto Legnani, Bar Basso. Old Fashioned

C’è un episodio legato alla storia del bar emblematico più di altri?
Un sera James Irvine mi chiese di organizzare una festa segreta, per un massimo di centocinquanta invitati. Era già l’epoca dei cellulari, in poco tempo si diffuse la notizia del party e iniziarono ad arrivare decine e decine di taxi, fino a quando potemmo contare circa mille persone. C’era persino Simon Le Bon. Per noi è stata la notte della svolta.

Cosa rende il Basso differente dagli altri bar?
Secondo Marcel Wanders, ciò che ci contraddistingue è l’entusiasmo che mettiamo nel nostro lavoro. I cocktail sono frivoli, è vero, ma c’è dell’arte nel modo di prepararli. Non abbiamo mai seguito le mode, manteniamo la nostra linea inalterata nel tempo perché, in un’epoca in cui tutto si appiattisce, è molto importante preservare la propria identità. Il denominatore comune rimane Milano, città della comunicazione. Inoltre la patina del tempo fa sì che tutto l’ambiance si distingua per calore e qualità. Chi viene al Basso, presto sentirà la voglia di tornarci.

Marco Torcasio

BAR BASSO
Via Plinio 39 – Milano
02 29400580
[email protected]
www.barbasso.com

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #30 – speciale design

Abbonati ad Artribune Magazine
Acquista la tua inserzione sul prossimo Artribune

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati