Shit and Die. Parla Maurizio Cattelan

Fino all’11 gennaio, una cinquantina d’artisti colonizza le sale di Palazzo Cavour. Parliamo del progetto One Torino, al secondo anno, collegato alla fiera Artissima. Da Carol Rama a Martin Creed, da Carlo Mollino a Sarah Lucas: tutti uniti sotto il titolo Shit and Die, a cura (anche) di Maurizio Cattelan.

Che cosa vedremo in questa seconda edizione di One Torino? Come si inserirà la storia di Torino, della capitale di un regno che non esiste più, nella tua visione prospettica sull’arte?
La mostra è pensata come un racconto per immagini: abbiamo scelto lavori che rispondevano o arricchivano le questioni trovate a Torino: il suo passato di città industriale ormai in declino, la fascinazione per il collezionismo, il feticismo per gli oggetti, insieme al lavoro di artisti torinesi e produzioni ad hoc, commissionate ad artisti che rispondessero a questo contesto. In questo modo, manufatti presi in prestito dal Museo Lombroso e da Casa Mollino fanno l’occhiolino alle produzioni di giovani artisti, mentre la Contessa di Castiglione si contende la scena con Rita Pavone e Alba Parietti.

Rispetto a un tatuaggio letto sulle foto dei detenuti nel Museo Lombroso, “Il passato mi ha fregato, il presente mi tormenta, il futuro mi sgomenta“, come si è trasformato, che cosa è diventato il titolo del tuo progetto espositivo?
Ne abbiamo preso uno in prestito, che in fondo non è così lontano dal tatuaggio, da un’opera di Bruce Nauman: One Hundred Live and Die. Shit and Die è una delle scritte al neon di cui è composta l’opera, che sintetizza cento possibili modi, banali e tragici di vivere e morire. Potrebbe sembrare solo un titolo accattivante, ma in realtà ha un legame più profondo con la mostra. Per noi si tratta di una poesia, piccola e senza pretese, dedicata all’esistenza, che mette in luce i concetti di polarità, paradosso e mistero nella condizione umana, nonché l’impotenza di fronte alla mortalità. Qualsiasi cosa una persona possa fare, vivrà, cagherà e morirà: noi, voi, Camillo Benso di Cavour, Nietzsche, Gigi Buffon.

Che cosa significa raccontare nuove storie sull’arte del dipinto? Quale aspetto rimane inedito, al di fuori della bidimensione di una tela circondata (molto spesso) da una cornice?
La pittura è stata un perimetro per iniziare a ragionare sulla mostra, insieme a Torino e a Palazzo Cavour: abbiamo mescolato insieme queste suggestioni e ne è venuto fuori un piatto di cui è difficile distinguere gli ingredienti di partenza. La pittura resta un filo sotterraneo, che emerge nel percorso espositivo in forme diverse, a volte inaspettate e a volte assolutamente tradizionali: le tele sotterrate di Davide Balula e i tappeti stesi di Aldo Mondino sono opere a prescindere dal loro essere pittoriche. Allo stesso tempo ci siamo divertiti a misurarci con la tradizione: una delle sezioni della mostra ad esempio comprenderà una galleria di ritratti ispirata agli Uffizi.
Abbiamo chiesto a venti artisti contemporanei di mandarci il ritratto di un personaggio torinese, per esplorare la nozione di ritratto come rappresentazione del potere e farci sorprendere da come questa sia cambiata oggi: quasi nessun artista ha incontrato il suo soggetto, tutti hanno elaborato l’opera partendo da una ricerca online. Forse questo è il ritratto oggi, un miscuglio dell’immagine ufficiale che vuoi dare, di immagini rubate che vorresti dimenticare e di elementi associati al tuo nome in modo del tutto casuale.

Shit & Die - foto Michele D'Ottavio

Shit & Die – foto Michele D’Ottavio

Come dialogheranno i lavori selezionati da te e da Myriam Ben Salah e Marta Papini con Palazzo Cavour? Quali le peculiarità che rendono perfetto l’edificio per il percorso progettato?
Lavorare a Palazzo Cavour è stato davvero stimolante: la metà storica del Palazzo, rimasta pressoché intoccata dal 1700, fa a pugni con la seconda metà, una ristrutturazione più sobria e minimalista. La schizofrenia dello spazio rende possibile un gioco di rimandi, sempre al limite tra continuità e incoerenza. Allo stesso tempo, però, in ogni stanza è distintamente presente l’eco dei fantasmi che hanno abitato lo spazio nei secoli scorsi, un elemento che dà grande continuità al percorso architettonico e che abbiamo cercato di assecondare e riproporre in mostra. Come nella migliore delle tradizioni, abbiamo cercato di far sì che i limiti diventassero opportunità.

Come cambia il significato di pittura da Maurizio-artista a Maurizio-curatore? La tua carica di curatore ha messo in discussione il tuo ruolo d’artista?
È molto diverso: ho sempre pensato a ogni mio lavoro come a un’immagine singola, che funzioni da sola, anche slegata dalla mostra in cui accade. Shit and Die invece è una narrazione, un percorso che racconta una storia per immagini: non c’è una visione univoca, solo una serie di punti di vista difficili da sintetizzare in un unico scatto. Per non parlare del fatto che siamo in tre: tra me, Marta e Myriam diciamo che di storie ne abbiamo messe insieme parecchie…

Che cosa vede, o meglio, che cosa intravede un artista quando fa il curatore? E un curatore che aveva annunciato che non sarebbe mai più tornato (da artista) nel mondo dell’arte?
Fa sempre bene un cambiamento di prospettiva nel corso della carriera, fa ancora meglio nel corso della pensione! A parte gli scherzi, una cosa che questo progetto mi ha ricordato, e che penso sia sempre utile ricordarsi di tanto in tanto, è che l’artista è un elemento indispensabile a mettere in moto questo grande ingranaggio in cui ci troviamo a operare. A volte si corre il rischio che i nomi degli artisti finiscano per essere solo un espediente, quando sono il vero motivo di tutto, anche del perché stiamo parlando in questo momento.

Museo Lombroso - Torino

Museo Lombroso – Torino

One Torino è la “costola” culturale proposta da Artissima, Da artista, da curatore, da comunicatore o semplicemente da visitatore, come si sono modificate le tue impressioni, negli anni, sulle fiere d’arte?
Ho letto da qualche parte che la nostra memoria sta cambiando: non abbiamo più memoria delle singole informazioni che leggiamo, ma ci ricordiamo sempre meglio i posti dove andarle a ripescare in un secondo momento. Penso che il proliferare di fiere d’arte risponda più a questa esigenza che a mire commerciali. La fiera muove flussi di persone che non hanno tempo di assorbire informazioni, tuttavia questo non significa che non si possa fare qualcosa di culturalmente rilevante anche nel contesto di una fiera. Se il format della fiera è sempre più simile a quello di Google, sarà sempre più importante selezionare i contenuti.

Hai fatto l’editore, il producer di film (forse solo Yuri Ancarani, però), hai dato vita a Toilet Paper… Ma quale versante, quale approccio o semplicemente quale modalità di lavoro, nelle tue esplorazioni, ti rende più fiero di te? 
Non penso che definirmi fiero sia l’espressione giusta per dirlo, ma sono di sicuro molto felice di aver avuto la possibilità di approfondire tutti questi versanti nel corso degli anni. Per quanto riguarda l’approccio al lavoro, invece, credo che le collaborazioni ben riuscite abbiano sempre una marcia in più rispetto ai progetti individuali. Forse anche quelle malriuscite.

Potresti esprimere un augurio che accompagni questa seconda edizione di One Torino?
Shit and Die!

Ginevra Bria

Torino // fino all’11 gennaio 2015
inaugurazione: 5 novembre ore 18.30
Shit and Die
a cura di Maurizio Cattelan, Myriam Ben Salah e Marta Papini
Catalogo Damiani
PALAZZO CAVOUR
Via Cavour 8
www.shitndie.tumblr.com
www.artissima.it

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #22

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Ginevra Bria

Ginevra Bria

Ginevra Bria è critico d’arte e curatore di Isisuf – Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo di Milano. È specializzata in arte contemporanea latinoamericana.

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