4×4. Quattro domande per quattro artiste

Quattro artiste italiane under 35 - Ludovica Carbotta, Silvia Giambrone, Laurina Paperina, Elisa Strinna - in mostra all’ex Refettorio del Complesso San Paolo di Ferrara. La mostra inizia il 4 ottobre, intanto noi abbiamo fatto loro quattro domande. Per iniziare il confronto.

Now! porta in scena quattro giovani artiste. Anche se non è obiettivo della mostra fare delle specificità di genere, trovo interessante il fatto che uno spazio espositivo possa essere terreno laborioso di condivisione e confronto tra giovani donne. Una sorta di gineceo 2.0, in cui si fa e si diffonde arte, in piena libertà. Come avete vissuto questa esperienza al femminile?
Elisa Strinna: Riconosco che, nella storia della nostra cultura, il genere maschile è stato protagonista indiscusso, relegando le donne nei ginecei. Più che con una questione di genere, credo queste operazioni abbiano a che fare con una questione di potere. Confrontarsi tra donne oggi può dare l’occasione di mettere in relazione l’apporto specifico di genere con un discorso culturale più ampio.
Laurina Paperina: Ho voluto partecipare a questo progetto perché penso sia importante confrontarsi in continuazione, sia con nuovi spazi che con artisti e curatori; dal mio punto di vista, penso che la mostra possa essere interessante perché dà spazio a quattro artiste con linguaggi espressivi completamente diversi fra loro.
Ludovica Carbotta: Per ora la possibilità di condivisione e confronto rimane solo sulla carta; si tratta, credo, più che altro di una scelta, una visione curatoriale.
Il confronto su quelle che possono essere affinità e differenze intorno al nostro lavoro è stato argomento di ricerca delle curatrici. Quindi direi che sto vivendo quest’esperienza con curiosità, aspettando di vedere e conoscere meglio le ricerche delle mie colleghe.
Silvia Giambrone: Non ho ancora esattamente compreso cosa significhi l’aggettivo ‘femminile’. Sono sempre stata diffidente, e lo sono ancora, rispetto all’idea di mascolinità e femminilità. Non credo sia qualcosa che rappresenti il genere né che ne venga rappresentato. Credo che rinegoziare ogni volta parole come queste possa produrre cambiamenti radicali nella cultura, cambiamenti che la cultura stessa chiede.

Elisa Strinna, Wood Songs, 2008 - opera realizzata in collaborazione con Eva Cenghiaro - Courtesy l'artista e Eva Cenghiaro

Elisa Strinna, Wood Songs, 2008 – opera realizzata in collaborazione con Eva Cenghiaro – Courtesy l’artista e Eva Cenghiaro

Avete più o meno la stessa età, siete tutte nate nei primissimi Anni Ottanta. C’è stato un fatto storico, culturale o sociale, oppure una personalità che ha maggiormente influenzato il vostro percorso artistico?
Elisa Strinna: Essendo nata nei primi Anni Ottanta, la mia crescita è coincisa con una trasformazione culturale che identifico nel passaggio dal pensiero “attivo” della controcultura al pensiero “liquido” postmoderno. Forse questa vicinanza a un tempo che ha segnato svolte epocali mi ha portata a non riuscire mai a identificarmi completamente nell’epoca che stiamo vivendo. Sono più orientata a stabilire relazioni con epoche e culture che mi stimolano, coltivando un pensiero trasversale, che a vivere nell’ossessione della contemporaneità.
Laurina Paperina: Sicuramente la nascita di Internet.
Ludovica Carbotta: Ci sono stati diversi fatti storici che mi hanno colpito e influenzato: l’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001 è forse il ricordo più vivido e spaventoso, ricordo qualche sensazione relativa al disastro di Cernobyl, ricordo molto bene la serie di blackout nei primi Anni Zero. Un aspetto molto importante è anche il fatto che il filtro da cui si apprendevano notizie e avvenimenti era molto spesso la televisione, i ricordi dunque si visualizzano in termini di immagini e se ne fa nuova esperienza ogni volta che si rivedono quelle immagini.
Silvia Giambrone: Mai avuto eroi né antieroi. Nel corso della mia vita ho amato ascoltare alcune voci più flebili, quelle coperte da voci più forti, come quelle della poesia, che mi hanno resa sensibile a ciò che risuona proprio perché non viene mai detto esplicitamente. Per quel che riguarda l’arte e la vita, devo molto a Carla Lonzi, la filosofa e storica dell’arte femminista morta nel 1982, che ho trovato solo pochi anni fa. Posso dire che averla incontrata ha aperto nuove strade alla mia vita e al mio lavoro; ho trovato in Sputiamo su Hegel nuovi paradigmi che non mi hanno più abbandonata.

Ludovica Carbotta, Imitazione II, 2010-2011 - Courtesy l'artista

Ludovica Carbotta, Imitazione II, 2010-2011 – Courtesy l’artista

La mostra mette in evidenza la vostra capacità di utilizzare differenti linguaggi artistici. Come avviene la scelta del medium e come incide sul risultato?
Elisa Strinna: Parte del mio lavoro è incentrata sul desiderio di indagare linguaggi diversi e come questi agiscano sulla nostra percezione. Ma il medium nel mio caso resta sempre strettamente correlato all’idea. La prassi genera intuizioni, nello stesso tempo credo che ogni idea, ogni percezione abbia un medium privilegiato attraverso cui manifestarsi. Cercare di avvicinarmi il più possibile a tale forma, è intrinseco al mio modo di operare.
Laurina Paperina: Tutto nasce dal disegno, che poi si trasforma in pittura, installazione o in videoanimazione.
Ludovica Carbotta: La scelta del medium riveste la stessa importanza dell’esperienza diretta, si tratta di una scelta di linguaggio che implica una fascinazione e una fiducia verso il mezzo stesso.
Per dare materialità a un’ esperienza e cercare di definirla in una forma conclusa, mi piace considerare ogni lavoro come indipendente. La scultura, il video, la foto assumono quindi l’eredità dell’esperienza, custodendone le forze fisiche e nascondendo talvolta gli aspetti più emotivi e immateriali legati alla temporalità dell’esperienza stessa. La forma finita in questo modo supera l’esperienza, la sorpassa e la definisce con la sua fisicità.
Silvia Giambrone: Più che esplorare un singolo linguaggio, quello che mi interessa maggiormente è cercare la traduzione più consona al mio sentire, a ciò che non potrei tradurre diversamente. Così il linguaggio segue il concetto e l’intuizione. Preferisco l’installazione per il suo carattere più versatile e perché mi permette di avere un rapporto più intenso e sensuale con lo spazio. Ma amo molto anche la performance, che ogni volta mi riporta al mio corpo in modo molto intenso. In ogni caso, mi interessa che si raggiunga un certo grado di intensità: il linguaggio viene scelto in base a questo obiettivo.

Laurina Paperina, Giant Marmot (Marmottona), 2013 - Courtesy l'artista e D406, Modena

Laurina Paperina, Giant Marmot (Marmottona), 2013 – Courtesy l’artista e D406, Modena

Nella situazione attuale, facendo un piccolo bilancio, cosa non lascereste dell’Italia per nulla al mondo e per quale ragione scappereste immediatamente all’estero (e dove)?
Elisa Strinna: Non lascerei l’Italia per la complessità della sua cultura, per alcuni italiani, per l’ambiente. Mi rendo conto, però, come oggi nel nostro Paese viviamo un profondo svuotamento, in cui le risorse interiori sono sempre più annichilite. È difficile trovare supporto sociale, difficile trovare chi viva con coerenza coltivando visioni profonde, impegnato a difendersi dal pensiero razionale dominante. In ogni caso, non ho un luogo in particolare in cui vorrei vivere, ma piuttosto una serie di viaggi ed esperienze che vorrei fare in giro per il mondo.
Laurina Paperina: In questo momento sono negli Stati Uniti e questa domanda me la faccio praticamente ogni 5 minuti e ancora non ho trovato una risposta. Per mia fortuna viaggio spesso all’estero; a dire la verità, sono obbligata a farlo, perché purtroppo in Italia è quasi impossibile vivere facendo solo l’artista, almeno per me e per il tipo di lavoro che faccio.
Ludovica Carbotta: Dell’Italia non lascerei mai i suoi paesaggi, i tantissimi luoghi ancora da scoprire e visitare, le chiese barocche, la comicità, il senso dell’umorismo italiano, il vino e tutti i piatti regionali chiaramente; le ragioni per cui scapperei, o meglio scapperò, dall’Italia sono legate essenzialmente al lavoro, alla diverse possibilità che ci sono fuori. Parlo sia in termini di esperienza formativa che in termini di sostentamento economico. Sul dove, ora penso all’Inghilterra, a Londra: negli anni passati ho avuto modo di studiare lì e ho trovato la città molto stimolante.
Silvia Giambrone: Amo quelli che amo e amo tantissimo Roma ed entrambi mi tengono ancorata all’Italia, ma non è un rapporto di vero e proprio vincolo, anche perché passo tanto tempo in viaggio e tornare a casa è sempre un piacere. Ogni tanto si parte per consolarsi, ci si fa accogliere da un Paese che funziona meglio, che supporta meglio esseri umani e artisti, si va a respirare un po’ d’ordine e un maggiore grado di civilizzazione e poi si torna in questo nostro caos sempre irretiti dal non capire come, nonostante il degrado crescente, questo Paese non perda mai la propria bellezza.

Serena Vanzaghi

Ferrara // fino al 27 ottobre 2013
Now! Giovani artiste italiane
a cura di Lola G. Bonora e Silvia Cirelli
COMPLESSO DI SAN PAOLO
Via Boccaleone 19
0532 206233
[email protected]

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Serena Vanzaghi

Serena Vanzaghi

Serena Vanzaghi (Milano, 1984) è laureata in Storia dell'arte con una specializzazione incentrata sulla promozione e l'organizzazione per l'arte contemporanea. Dal 2011 si occupa di comunicazione e progettazione in ambito culturale ed editoriale.

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