Sotto a chi chiude. Villa Piccolo: miseria o nobiltà?

Un nuovo allarme chiusura in Sicilia. Un altro spazio culturale che soffre e che minaccia di sospendere le attività, serrando i portoni. La Fondazione Piccolo di Calanovella non riceve quasi più fondi dalla Regione. Il grido di dolore di una celebre casa-museo, in cui il poeta Lucio Piccolo visse e coltivò i suoi versi

Novità sul fronte fallimenti culturali del Paese, piccoli, medi o grandi che siano. Il bollettino di guerra si fa amaro, sempre più. Torniamo in Sicilia, dopo l’S.O.S. lanciato dalla Fondazione Orestiadi, agonizzante per via delle ristrettezze economiche e dei legacci della burocrazia. Ci spostiamo stavolta nel messinese, a Capo d’Orlando. Qui, nel mezzo di un lussureggiante parco, sulla cima di una collinetta che guarda alle Eolie, sorge la residenza dei Baroni Piccolo di Calanovella, le cui nobili mura videro crescere i fratelli Lucio, Casimiro e Agata Giovanna. Imparentati con uno dei Vicerè di Sicilia e con i Principi di Lampedusa, i tre erano cugini del grande Giuseppe Tomasi.
Alla morte di Lucio, tra le più belle firme della poesia siciliana del Novecento, i fratelli – pittore, fotografo ed esoterista lui, botanica lei – decisero di dar vita a una Fondazione intitolata alla loro famiglia. Un omaggio alla loro quiete agreste e un tempio affettuoso in cui custodire, per sempre, quella bellezza barocca che ispirò i versi di Lucio, talento indipendente da qualsiasi scuola, stimato da Eugenio Montale e Vincenzo Consolo; se il primo lo descrisse come un “musicista completo, studioso di filosofia che può leggere Husserl e Wittgenstein nei testi originali, grecista agguerrito, conoscitore di tutta la poesia europea vecchia e nuova, lettore per esempio di Gerard Manley Hopkins e di Yeats, di cui condivide le inclinazioni esoteriche”, l’altro di lui scriveva: “Capii che la nobiltà diversa del barone era la poesia, in lui doppiamente magica. E fastosa sognante maliosa, di preziosa favola, di canto mai sentito”.

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Villa Piccolo, Capo D’Orlando, Messina

Nel 1972 Villa Piccolo, che era stata cenacolo culturale e crocevia di letterati, giornalisti e illuminate aristocrazie, diventò così la sede di un ente morale, voluto per “incrementare l’attività culturale, con particolare riferimento alla letteratura e all’arte, nonché agli studi agrari“. Un tentativo di tenere in vita, come una fiamma virtuosa, quell’atmosfera respirata nel corso di un’esistenza colta, riservata e meditativa, pregna di esprit mitteleuropeo, tutta orientata alla conoscenza, la spiritualità e la natura.
Nel 1978 fu inaugurato il Museo, dove ancora oggi sono custoditi tutti i beni dei Calanovella: mobili, oggetti d’arte, dipinti, ceramiche, armi antiche, libri, stampe, documenti, inclusi la collezione di botanica di Agata, gli acquarelli e le foto di Casimiro, le lettere autografe di Tomasi di Lampedusa, i volumi e le carte di Lucio. Da allora Villa Piccolo non ha mai tradito la sua missione, valorizzando il nome della famiglia, prendendosi cura del parco-orto botanico e della dimora, ospitando attività culturali e didattiche, e rappresentando un importante polo d’attrazione turistica per l’intera zona del messinese.

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Villa Piccolo, stanza Tomasi di Lampedusa

Oggi tutto questo rischia di sparire. Un comunicato lancia il grido d’allarme e si appella al buon senso delle Istituzioni. Il motivo? Sempre quello: “Pesanti e ingiustificati tagli nell’erogazione dei contributi regionali”, che se un tempo equivalevano a circa 300 milioni/160mila euro annui, grazie alla legge regionale 51 del 1995, promulgata per sostenere alcuni luoghi d’eccellenza culturale del territorio, dal 2006 al 2009 si sono ridotti addirittura a zero, per essere reintegrati nell’ultimo triennio con poche decine di migliaia di euro. Per tutto il 2012, per esempio, solo 36mila euro stanziati, naturalmente ancora mai elargiti. Grandi incertezze inoltre, sul “rimborso delle spese affrontate per gli eventi del Circuito del Mito”, risalenti alla scorsa estate. Una storia opaca di mala gestione di fondi europei, quella del Mito, con tanto di inchiesta in corso a carico di ignoti, per presunti sprechi e favori illeciti nelle varie edizioni del festival. Anche la Villa, tra le decine di location inserite nell’iter della rassegna, è rimasta in qualche modo incagliata nella faccenda, vittima di tristissime inefficienze amministrative: eventi regolarmente realizzati, fondi anticipati e, ad oggi, nemmeno un euro rimborsato dei 70.000 assegnati dall’ex Assessorato al Turismo.

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Gioacchino Lanza Tomasi, Lucio Piccolo, Giuseppe Tomasi di Lampedusa

Un incontro urgente, intanto, è stato chiesto ad Alessandro Rais, nuovo Dirigente generale del dipartimento Turismo, Sport e Spettacolo. E ad Artribune così commenta il giornalista Alberto Samonà, consigliere d’amministrazione della Fondazione: “Auspico che il nuovo Assessore Franco Battiato si mostri sensibile ai luoghi d’eccellenza che hanno una loro storia e una loro tradizione, e che faccia tutto quello che un assessore in carica dovrebbe fare per permettere a queste realtà di continuare a vivere e fare cultura. Anche il Presidente Crocetta, che si è dichiarato così attento ai temi della cultura, traduca le parole in un’azione concreta. Viceversa, se la Regione vuole che la Villa chiuda, ce lo dica chiaramente”.
Altri fondi per tappare i buchi? Zero, ci dicono dall’amministrazione. Comune di Capo d’Orlando? Non pervenuto. Nulla nemmeno dalla Provincia di Messina, che utilizza tra l’altro un’ala della Villa per ospitare l’enoteca provinciale. Gratuitamente. E se il buon Casimiro s’era immaginato una sicura forma di autosostentamento per la sua Fondazione, grazie al rendimento dei 20 ettari di terreno, oggi, dinanzi all’inarrestabile crisi del settore agrumicolo in Sicilia, l’intuizione del barone si traduce in mera utopia. Il risultato? La casa-museo ha oggi all’attivo solo due dipendenti – un amministratore e un custode – e anche i costi fissi del mutuo, contratto per sostenere lavori di consolidamento e restauro, sono diventati un problema. Figuriamoci quelli per le attività.

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Villa Piccolo in un acquerello di Casimiro Piccolo

Ora, il punto è uno: soldi pochi, casse vuote, banchetti terminati. S’è detto sino alla nausea. Occorre inventarsi una maniera. E toccherà a tutti, fondazioni private, ma anche musei pubblici, nella stretta impietosa di fiscal compact e austerità varie. Il che non induca, però, a immaginare improbabili scorciatoie: l’Istituzione, ridotta allo stremo per quanto sia, mai dovrebbe giungere ad abdicare alle sue responsabilità. Patrimoni collettivi si spengono, nell’indifferenza o nel clamore, nell’indignazione collettiva o nell’assoluta rassegnazione. Patrimoni di tutti, che ai governi dovrebbe premere tutelare, anche solo nell’astuta ricerca di formule, cooperazioni, servizi, canali di sostentamento. Razionalizzare le spese pubbliche, allora, diventa la prima urgenza. Usare bene quel che c’è, cominciando col non alimentare imbrogli, bluff, circuiti mediocri. Puntare al merito e al meglio, senza disperdere nemmeno le briciole.
E torna proprio su questo Samonà, tagliente: “Se negli anni abbiamo ricevuto picche, ovvero elemosine, mentre alti ricevevano soldi a palate, forse è perché questi erano clienti di vari deputati e assessori. Noi, che come unico biglietto da visita abbiano il nostro patrimonio culturale, paesaggistico e museale, abbiamo scelto invece di non collocarci politicamente sotto l’ala protettiva di nessuno”. Questione di stile e nobiltà, è proprio il caso di dire. Cosa che però, purtroppo, non paga.

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Villa Piccolo, giardino di neve

Intanto il ritornello resta invariato. La cultura, in Italia, sta male. Quella della conservazione e quella della progettazione, quella che tutela la memoria e quella che la costruisce. E con lei crollano coscienza e prestigio d’un popolo. Oltre a un bel po’ di economie, che ci credano o no i condottieri di oggi e di domani: muti sul tema, perfino in campagna elettorale, quasi che la cosa non li tocchi. E intanto il Paese gli scivola di mano, nella fame di pance e di cervelli. Chissà che direbbero i fratelli Piccolo di questo teatrino della crisi e dell’inganno, a poterlo sbirciare da lontano.

Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, giornalista, editorialista culturale e curatrice. Ha innsegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a…

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