Benedetta Biennale

Lontano dal Paradiso. Un’altra proposta di lettura della 54. Esposizione Internazionale d’Arte, che stavolta scomoda le alte sfere. Per chiedersi dove sia finito il senso del sacro, e come si riescano a toccare le vette dello spirito. E poteva mancare il Padiglione Italia?

Terrore. Dolore. Una morsa alla gola, allo stomaco. Il rimbombo assordante delle voci di dentro. E quella voglia disperata di fuggire. O di restare in silenzio a riflettere. “Cattedrale laica” è stato definito il Padiglione Tedesco, Leone d’Oro per le partecipazioni nazionali che, al di là delle diatribe (sulla scelta dell’artista prima e sull’allestimento poi; in mezzo, la tragica scomparsa di Christoph Schlingensief), sbatte lo spettatore di fronte a uno dei temi più intricati e intriganti di un evento policentrico come la Biennale: il rapporto con il trascendente, la rielaborazione del sacro. Lo spirituale nell’arte.
Un filo rosso da seguire fino al labirinto del Padiglione Italia, “sovracurato” da quello Sgarbi che pochi giorni orsono, dalle colonne de Il Giornale, ha indirizzato al triumvirato vaticano Bertone-Ravasi-Bagnasco una lettera contro l’inclusione, nella mostra per i sessant’anni di sacerdozio di papa Ratzinger, di artisti “nichilisti”, “distratti o persino atei”, di contro all’esclusione di quei “pochi artisti che si sono misurati esplicitamente con il sacro”. E qui il critico-showman elenca Giuliano Vangi, Mario Donizetti, Enzo Cucchi, Valentino Vago, ma soprattutto i partecipanti al cantiere della cattedrale di Noto. Questi ultimi attesi da un “risarcimento” già pianificato: l’esposizione dei bozzetti a Palazzo Grimani, a fine luglio.

Katharina Fritsch Stilleben ILLUMInazioni a cura di Bice Curiger . Biennale di Venezia 2011 Ph. Daniele Podda 02 Benedetta Biennale

Katharina Fritsch - Stilleben - ILLUMInazioni - Biennale di Venezia 2011 - photo Daniele Podda

Ma andiamo con calma, gettando una rapida occhiata ad altre opere della serie “religione & affini”: il libro nero riempito dal canadese Steven Shearer con locuzioni sulfuree tipiche della musica black and death metal; le statue color chewing-gum di Katharina Fritsch; il monumentale organo-bancomat di Allora & Calzadilla. Né aneliti celesti né intenti blasfemi: si scherza coi santi, ma nessuno si sogna di tuffare un Crocefisso nella pipì.
Andiamo allora a vedere cosa accade nella terra di Giotto, Michelangelo, Raffaello & Co. Nel paese che non può non dirsi “cristiano”. Entriamo dunque nella piccola bottega degli errori di casa nostra, dove la foltissima compagine tricolore di fronte al Divino pare arrancare fra tradizione e (ingenua) provocazione.
Fedeli al culto delle immagini sacre le Eterne ex tensioni di Alessandro e Maya Kokocinski e la Pala di San Rocco di Antonio Stagnoli. Onestamente didascaliche, ma questa è la Biennale di Venezia, non un museo diocesano. Pesa forse il gravame iconografico accumulatosi nei secoli dei secoli, che Nicola Samorì, citando Ribera, “imbarocchisce” ulteriormente con lo squarcio cruento del suo San Sebastiano (soggetto ripreso anche da Agostino Arrivabene, e con analoghi cromatismi).
Colpa del passato, se non riusciamo a costruire il futuro?

Alessandro Kokocinski Eterne ex tensioni Padiglione Italia Biennale di Venezia 2011 Ph. Daniele Podda Benedetta Biennale

Alessandro Kokocinski - Eterne ex tensioni - Padiglione Italia - Biennale di Venezia 2011 - photo Daniele Podda

Poi ci sono quelli che, in mezzo al bailamme, vogliono giustamente farsi notare e così espongono Gesù in mutande firmate (Giuseppe Veneziano); Wojtyla che bacia Bin Laden (Antonio Marras); un “Cristo” portato in cielo da due angeli che il sesso ce l’hanno eccome (Roberto Ferri).
Nella Biennale delle ILLUMInazioni, insomma, nessuno sembra toccato dalla Grazia creativa. Manco quel Gaetano Pesce che avrebbe potuto erigere un’altra “cattedrale laica”, magari a gloria di un altro spirito oggi perduto, quello delle leggi (dando così una lezione di ILLUMInismo alla stessa Curiger). Invece il suo Stivale pende crocifisso in mezzo a panche da riposo – sacrosanto, dopo l’overdose delle sale precedenti – più che da raccoglimento, in una scenografia parrocchiale alquanto scontata, che certo non invoglia al misticismo patriottico.
Una parentesi a parte merita infine la Sicilia dei pani di Salemi e degli archi San Biagio Platani, affascinanti testimoni di un retaggio pagano, di una devozione apotropaica in una terra penalizzata dal progetto di Sgarbi (pure isolano d’adozione), stretta com’è tra folklore e mafia, senza una “terza via” d’uscita nel Terzo Millennio.
Le Vie del Signore, per il momento, sono finite. Per il “miracolo” non resta che sperare nel Padiglione Vaticano, annunciato per il 2013. Naturalmente, con l’aiuto del Principale…

Anita Pepe


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Anita Pepe

Anita Pepe

Insegnante e giornalista pubblicista, Anita Pepe è nata a Torre del Greco (Na). Ha pubblicato il suo primo articolo nel 1990. La laurea in Lettere presso l’Università di Napoli “Federico II” l’ha indirizzata verso una formazione prevalentemente storica; si è…

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