Rileggere Magritte. In una mostra a Lugano

MASI, Lugano – fino al 6 gennaio 2019. Novanta opere analizzano la galassia intellettuale dell'artista belga, dai lavori giovanili alle celebri icone surrealiste. Una mostra che dà un'immagine rinnovata di René Magritte, lontana dagli stereotipi.

La mostra che il MASI dedica a René Magritte (Lessines, 1898 – Bruxelles, 1967) ricostruisce a mo’ di puzzle, ma senza rinunciare alla cronologia, tutte le caratteristiche e gli slanci che costellano la sua opera. Lo spunto è La ligne de vie, conferenza tenuta dall’artista nel 1938 al Musée Royal des beaux-arts di Anversa. Come Magritte in quella conferenza delineò la sua galassia creativa, tra spunti, ispirazioni e sottintesi, così procede la mostra (non fermandosi però al 1938). Allineando raggruppamenti di opere che aiutano a vedere in modo inabituale icone anche celeberrime.
Il Magritte che ne esce è un artista complesso, riflessivo, autoconsapevole, che si affranca decisamente dalla banalizzazione della sua opera oggi presente nell’immaginario collettivo – sarebbe per inciso interessante stabilire se una piccola parte della colpa di tale slittamento sia insita nell’opera stessa di Magritte.

LA PITTURA COME MEZZO INTELLETTUALE

Surrealista ma non dogmatico, protopop, “grafico” e assieme pittorico, alterno ma mai improvvisato. Più che creatore di icone, peraltro altamente perturbanti e suggestive, come dimostrano molti dei lavori  esposti, il Magritte di questa mostra è un intellettuale che usa la pittura come strumento, non come fine. Talvolta trascurandola, “sprecandola”, altre volte curandola nei minimi dettagli e raffinatezze.
Sempre presenti sono poi gli spunti filosofico-letterari, come in una volontà di cogliere la parte più nobile dello spirito del tempo, al di là delle fluttuazioni della storia. Ed è questo il tratto migliore di Magritte, che lo rende davvero grande, insieme alla modernità quasi preveggente di alcune fasi.

René Magritte, La recherce de l'absolu, 1966. Collezione privata, Lugano © 2018 Prolitteris, Zurich

René Magritte, La recherce de l’absolu, 1966. Collezione privata, Lugano © 2018 Prolitteris, Zurich

DIMOSTRAZIONI LINGUISTICHE

Novanta opere compongono il percorso, dagli Anni Venti alla maturità, con molti dipinti celebri e non pochi passaggi più sorprendenti. Si parte dagli esperimenti giovanili, con influenze futuriste e metafisiche. E proprio la Metafisica è il ponte verso il Surrealismo, nel caso di Magritte intriso di una sorta di Simbolismo aggiornato. Si entra poi nella fase in cui si associano immagine e parola, con efficacia definitivamente moderna; mentre le associazioni automatiche surrealiste diventano in molti lavori vere e proprie dimostrazioni linguistiche, trattati minimi oppure motti istantanei.
L’autoironia del periodo Vache è tra le fasi ancora meno note della sua opera, così come il “periodo Renoir”, in cui utilizza il tratto impressionista con scopi parzialmente parodistici. E non manca una sezione dedicata alle affiches pubblicitarie e politiche.
Una mostra dalla doppia chiave di lettura, insomma, per chi vuole vedere le icone magrittiane ma anche per chi vuole metterlo alla prova, rileggendolo in maniera inabituale.

– Stefano Castelli

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Stefano Castelli

Stefano Castelli

Stefano Castelli (nato a Milano nel 1979, dove vive e lavora) è critico d'arte, curatore indipendente e giornalista. Laureato in Scienze politiche con una tesi su Andy Warhol, adotta nei confronti dell'arte un approccio antiformalista che coniuga estetica ed etica.…

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