Manet e l’Ottocento francese. A Milano

A fine Ottocento, Parigi fu il cuore pulsante del rinnovamento sociale, quando la borghesia dettava all’Europa un nuovo stile di vita. Questa modernità antropologica fu al centro della pittura di Manet, che seppe interpretarla con sensibile originalità. Accanto a lui, la scuola impressionista e il naturalismo francese. La mostra ospite di Palazzo Reale, a Milano, evoca le atmosfere di un periodo passato alla Storia.

Sul finire degli Anni Settanta dell’Ottocento, caduto l’ultimo impero napoleonico, la Francia conosce un’intensa modernizzazione, il cui centro fu ovviamente Parigi, che vide cambiare il proprio volto grazie a un vasto programma architettonico. La città si scoprì borghese, e questo implicò anche un cambiamento negli stili di vita. I parchi, le piazze, i teatri e i Grand Boulevard divennero lo scenario per mondane passeggiate durante le quali guardare ed essere guardati, i locali notturni accoglievano nugoli di avventori con la nuova moda dell’assenzio e degli spettacoli di varietà. Questa città scintillante, ma anche a suo modo sordida e misera, è la protagonista dell’opera pittorica di Édouard Manet (Parigi, 1832-1883), le cui tele si avvicinano per intensità ai capitoli de Lo spleen di Parigi scritto da Baudelaire fra gli Anni Cinquanta e Sessanta dello stesso secolo; una modernità sociale che il suo tratto “febbricitante”, carnale ma solo raramente sensuale, cattura nella sua interezza.

Édouard Manet, Il balcone, 1868-1869, olio su tela, 170 x 125 cm, Parigi, Musée d’Orsay © René-Gabriel Ojéda – RMN-Réunion des Musées Nationaux – distr. Alinari

Édouard Manet, Il balcone, 1868-1869, olio su tela, 170 x 125 cm, Parigi, Musée d’Orsay © René-Gabriel Ojéda – RMN-Réunion des Musées Nationaux – distr. Alinari

INNOVATORE DEL LINGUAGGIO PITTORICO

Renoir paragonò l’importanza di Manet in Francia a quella di Giotto e Cimabue in Italia; come per questi ultimi, anche il suo tratto è innovativo, fortemente reale e “terreno”, ben al di là della patina accademica di gusto neoclassico e romantico che ha sin lì imperato con David, Ingres e Delacroix. Come tutti gli innovatori, non ebbe vita facile, e la sua pittura “scapigliata” incorse nel biasimo di borghesi e accademici, come dimostrano i numerosi rifiuti dei suoi quadri ai vari Salon. Eppure, per riecheggiare Baudelaire, Manet riuscì a “strappare alla vita il suo lato epico”: differentemente da Boldini, pittore della Belle Époque, capace di coglierne la bellezza e di amplificarla, Manet fu pittore della gente, che per un caso fu la medesima ritratta dal ferrarese, ma il suo tratto seppe essere anche crudo, violentemente reale,
Sulla scia del Settecento libertino, la Belle Époque riscopre la bellezza femminile, e, pur mancando in mostra la celeberrima Olympia (del resto difficilmente ottenibile in prestito), la raffinatezza pittorica di Manet in fatto di eterno femminino è comunque apprezzabile in opere come Il balcone (1868-69) e La lettura (1865-73): non si tratta di bellezze ideali, ammaliatrici, ma strettamente “individuali”, espressione di corpi e personalità ben distinti gli uni dagli altri; bellezze che sono tali nella loro normalità. La novità dell’era moderna sta infatti nell’affermazione della banalità sulla straordinarietà tipica dell’aristocrazia, come avrebbe scritto, non senza rammarico, qualche decennio più tardi, Tomasi di Lampedusa.
Oltre al corpus dei dipinti, la rassegna propone anche undici disegni a china e matita, vivaci bozzetti della quotidianità parigina

Paul Signac, Strada di Gennevilliers, 1883, olio su tela, 72,9 x 91,6 cm, Parigi, Musée d’Orsay © René-Gabriel Ojéda – RMN-Réunion des Musées Nationaux – distr. Alinari

Paul Signac, Strada di Gennevilliers, 1883, olio su tela, 72,9 x 91,6 cm, Parigi, Musée d’Orsay © René-Gabriel Ojéda – RMN-Réunion des Musées Nationaux – distr. Alinari

LA PITTURA E L’OTTOCENTO FRANCESE

A dispetto del titolo, Manet non è l’assoluto protagonista della mostra, presente con appena sedici dipinti e undici disegni su oltre cento opere; al suo fianco, una vasta cerchia di contemporanei, fra cui Renoir, Stevens, Tissot, Morisot, Gauguin, Monet, Degas, Signac, anch’essi interpreti di quella modernità; si possono quindi apprezzare i paesaggi fluviali dipinti en plein air, le pennellate dai contorni indistinti, le toilette fruscianti per le serate mondane.
La mostra è occasione per una vasta panoramica sugli sviluppi dell’Impressionismo e la nuova sensibilità in fatto di soggetti: la vita, con i suoi colori e le sue avventure, è la protagonista assoluta, dalle scampagnate lungo la Senna alle serate di gala all’Opéra.
Per contrasto, sono presenti anche le opere di quegli artisti rimasti fedeli all’accademia, dalle sculture di Lequesne alle tele di Navlet.

Niccolò Lucarelli

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Niccolò Lucarelli

Niccolò Lucarelli

Laureato in Studi Internazionali, è curatore, critico d’arte, di teatro e di jazz, e saggista di storia militare. Scrive su varie riviste di settore, cercando di fissare sulla pagina quella bellezza che, a ben guardare, ancora esiste nel mondo.

Scopri di più