Un pittore in viaggio. La mostra di Vincenzo Scolamiero a Siena

A Siena i Magazzini del Sale di Palazzo Pubblico ospitano le opere di Vincenzo Scolamiero. Una riflessione pittorica sulla materia e sulle sue declinazioni

Renato Caccioppoli, da matematico illustre e grande pianista – a Napoli lo chiamavano “o’ genio” –, usava dire che “non esiste un grande matematico che non sia prima di tutto un poeta”. Vincenzo Scolamiero (Sant’Andrea di Conza, 1956), con la sua mostra senese ai Magazzini del Sale di Palazzo pubblico (a cura di Federico Fusj e inner room) sembra dire che non c’è pittore autentico che non sia sensibile alla poesia e alla musica. Difatti del dialogo con la poesia e la musica Scolamiero fa la struttura portante della sua personale. Lo dimostrano i lavori dedicati a Louise Glück, il coinvolgimento della storica Accademia Musicale Chigiana e l’intero ciclo in onore di Luigi Nono, che insieme alle sezioni Oro intorno e Poi null’altro era rosso completano l’esposizione per un totale di sessanta lavori.

PAROLA A SCOLAMIERO

Sei decine di splendidi dipinti che interpretano lo spazio articolato e complesso dei Magazzini di Palazzo Pubblico non come fosse un insieme austero e solenne di stanze, ma un unico blocco che la pittura di Scolamiero per così dire infiltra, fino a rendere innaturale la consapevolezza che alla fine della mostra quelle opere saranno rimosse.
Del silenzio e della trasparenza è il titolo della mostra di Scolamiero, il cui rapporto con la città di Siena non è occasionale. Esso, infatti, racconta l’autore, “si è sviluppato nel tempo, dagli anni della mia formazione. Avevo pochi, sicuri riferimenti per la pittura; i miei maestri appartenevano alla scuola antica, quella della pittura senese; e con loro, alcuni grandi artisti del Novecento. Alternavo la lettura poetica di Enzo Carli sulla meraviglia della pittura senese allo studio di Francis Bacon, Alberto Giacometti, Giorgio Morandi. Mi sembrava di giocare con il tempo e ritrovare in Bacon echi delle architetture di Pietro e Ambrogio Lorenzetti, di Duccio di Buoninsegna; e in Morandi, in Giacometti, i colori tono su tono, i monocromi della pittura di Lippo Vanni. La modernità della pittura senese del Trecento mi stimolava a riflettere su come l’arte, quella vera, sia necessariamente acronica, atemporale, coeva di ogni epoca per gli osservatori di ogni tempo”.

Del silenzio e della trasparenza, installation view at Palazzo Pubblico, Siena 2021. Photo Roberto Poggiolini

Del silenzio e della trasparenza, installation view at Palazzo Pubblico, Siena 2021. Photo Roberto Poggiolini

LA TECNICA DI SCOLAMIERO

Ed è così che i pigmenti, gli inchiostri, le polveri metalliche lamellari ‒ la complessa materia pittorica di Scolamiero, distesa su carta, su tavola o su tela, non solo per gli ori tanto cari alla tradizione senese, ma per la “dialettica della luce” che tutto scompone e riporta a sintesi ‒inverano un dialogo con il passato pittorico della città dimostrando senza alcun imbarazzo, ancora una volta, che l’arte quando è autentica è sempre contemporanea.
La vertiginosa abilità tecnica di questo autore sorprende e illumina nel ricreare una realtà immaginifica che fa di lui un creatore piuttosto che un narratore. Un demiurgo piuttosto che un osservatore ancorché attento. Ecco perché i suoi virtuosismi, il repertorio di immagini che alludono al mondo reale – reperti vegetali, immagini piane che sembrano evocare tessuti preziosi o pagine di una letteratura omerica, ricami, velature, trasparenze – non si limitano ad appagare un senso estetico messo a dura prova dai molti orrori del post-contemporaneo ma appassionano intellettualmente, lasciano inquieti. Quella di Scolamiero non è per niente pittura astratta, ma non è nemmeno rappresentazione realistica di ciò che è così come appare. Quello di Scolamiero è un mondo che lui scopre viaggiando “con” e “nella” pittura. E scoprendolo ce lo restituisce, come se per noi lo creasse.

Vincenzo Scolamiero, Con qualche parte della terra, omaggio a Louise Glück, 2021, inchiostro di china, pigmenti, polveri metalliche su tela, 140x160 cm. Photo Studio Foto Boys. Roma

Vincenzo Scolamiero, Con qualche parte della terra, omaggio a Louise Glück, 2021, inchiostro di china, pigmenti, polveri metalliche su tela, 140×160 cm. Photo Studio Foto Boys. Roma

IL VIAGGIO SECONDO SCOLAMIERO

Emilio Villa avrebbe definito Vincenzo Scolamiero un “viaggiatore ulissico”. Un viaggiatore del profondo che, dal profondo, riporta a galla le immagini di un universo inesplorato e indicibile. Ecco, la mostra di Siena sembra la storia di un pittore in viaggio che scopre, errando, una realtà ancora sconosciuta.
Il mondo di Scolamiero fa pensare a spazi celesti sconfinati, a galassie, a stelle e a pianeti sconosciuti. Ma fa pensare anche, in modo sorprendente, a ciò che il microscopio elettronico permette di indagare di una realtà piccolissima, infinitesimale. L’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande si confondono in un universo degli universi che avrebbe appassionato Giordano Bruno e incuriosito Fritjof Capra, l’autore del TAO della Fisica, cultore del mondo submicroscopico, delle teorie quantistiche e, soprattutto, dei legami fra una cultura primitiva orientale e le acquisizioni novecentesche che hanno scardinato le certezze, di cui la fisica newtoniana e il positivismo erano espressioni. Le tele, le tavole, le carte e i libri d’artista di Vincenzo Scolamiero alludono alla complessità di questo mondo.

Roberto Gramiccia

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Roberto Gramiccia

Roberto Gramiccia

Roberto Gramiccia, scrittore, critico d’arte, giornalista e medico vive e lavora a Roma. Ha curato numerosi e importanti eventi espositivi (fra cui sei grandi antologiche su Tano Festa, Pizzi Cannella, Cloti Ricciardi, Lucilla Catania, Giacinto Cerone, Franco Mulas) e un…

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