Jannis Kounellis e la grafica. A Roma

La mostra all’Istituto Centrale per la Grafica di Roma, a cura di Antonella Renzitti e realizzata in collaborazione con Bruno Corà, espone per la prima volta in Italia tre serie di opere grafiche realizzate da Jannis Kounellis, rendendo omaggio alla sua produzione. Ne abbiamo parlato con la curatrice.

Giunge quasi al termine la mostra dedicata a Jannis Kounellis (Il Pireo, 1936 ‒ Roma, 2017) dall’Istituto Centrale per la Grafica. In occasione del finissage l’Istituto, per rendere ulteriormente omaggio al maestro, presenta il volume Kounellis. Impronte, organizzando una tavola rotonda che si terrà il 10 gennaio, alla quale interverranno gli stampatori d’arte Corrado Albicocco, Jacoov Har-El, rappresentato in questa circostanza dal figlio Matti, e Romolo Bulla oltre agli storici dell’arte Laura Cherubini, Bruno Corà e Franco Fanelli.
L’incontro illustrerà gli aspetti inediti del lavoro grafico dell’artista. “Non vogliamo che diventi una circostanza nostalgica, potrebbe succedere visto che la morte non è avvenuta da molto tempo, il dialogo infatti sarà incentrato sulle sue opere”, chiarisce la curatrice Antonella Renzitti durante la nostra intervista.
Oltre alle grandi opere che con solennità si mostrano ai visitatori, quello che emoziona muovendosi all’interno delle ampie sale dell’Istituto Centrale per la Grafica è il riverente silenzio. Sono numerosi i visitatori che non hanno perso l’occasione di apprezzare i tre cicli di opere grafiche inedite per l’Italia: l’ultimo lavoro grafico, del 2014, composto da dodici stampe a carborundum realizzato da Kounellis con Corrado a Gianluca Albicocco nel suo studio a Umbertide, le dodici tavole a terragraph sviluppate insieme alla stamperia Har-El Printer & Publisher e le ventiquattro delle quarantasette fotografie eseguite in bianco e nero che raccontano il suo percorso artistico, prodotte nello stesso atelier di grafica israeliano.
Non pensavamo che questa mostra di grafiche di Kounellis avrebbe costituito l’ultima sua visita all’Istituto”, scrive la dirigente Maria Antonella Fusco nel suo testo in catalogo.
Si legge, infatti, che ci sono voluti due anni per poter portare a termine la volontà dell’Istituto di organizzare un’esposizione a lui dedicata.
La curatrice Antonella Renzitti, responsabile del Dipartimento del Contemporaneo dell’Istituto, in questa intervista racconta alcuni particolari dell’esposizione.

Jannis Kounellis, Opus I #29, 2003-2005, fotoserigrafia (Foto originale Claudio Abate; Riproduzione fotografica Antonio Idini)

Jannis Kounellis, Opus I #29, 2003-2005, fotoserigrafia (Foto originale Claudio Abate; Riproduzione fotografica Antonio Idini)

L’INTERVISTA

La collezione dell’Istituto Centrale per la Grafica ha acquisito cinque opere di Kounellis realizzate nella stamperia di Romolo e Rosalba Bulla. Come mai queste opere non sono state presentate in occasione di questa esposizione?
Abbiamo fatto una scelta in accordo con l’artista e con l’archivio Kounellis. Le opere in collezione hanno un elemento grafico ma sono delle teche, dei multipli. Noi le abbiamo già esposte e le esporremo ancora, non sono degli inediti e in questa circostanza abbiamo dato più risalto a delle grafiche tradizionali e inedite. In realtà le tecniche non sono tradizionali perché sono inconsuete ma diventano tecniche autentiche se l’artista le ritiene idonee a esprimere quello che ha dentro, questa era un po’ la sua filosofia.

Kounellis si è servito di svariare tecniche artistiche.
Kounellis ha apprezzato negli anni tutte le tecniche artistiche e anche i maestri dai quali ha preso spunto e che lo hanno preceduto, ma non usava i pennelli, usava i materiali dell’Arte Povera come il carbone, il fuoco, il ferro, la lana, il metallo. Si riteneva pittore pur non usando i pennelli, così come non si riteneva incisore perché non era un suo tratto specifico, però ha scelto di realizzare delle opere grafiche usando anche la serigrafia, che nel panorama delle tecniche grafiche non è quella più pregiata ed è anche quella più commerciale. L’artista però l’ha resa pregiata realizzando un lavoro con la sabbia per restituire una porzione di realtà. Nessuna rappresentazione, dunque. I cappotti della serie Senza titolo, 2014 sono cappotti veri, ad esempio, che trasferiscono tutta la dimensione dell’essere umano. Lo presentano, non lo rappresentano, questa era una sua esigenza.

Jannis Kounellis, Senza titolo, 2014, carborundum. Photo Stefano Tubaro

Jannis Kounellis, Senza titolo, 2014, carborundum. Photo Stefano Tubaro

Che tipo di rapporto intercorreva tra Kounellis e gli stampatori che di volta in volta realizzavano insieme a lui le sue opere?
Nell’incisione c’è sempre una collaborazione indissolubile tra l’artista e lo stampatore perché l’artista ha un’idea e la vuole realizzare in un certo modo, ma a volte non conosce perfettamente la maniera per farlo e si affida a degli stampatori di fiducia. Non che loro facciano il lavoro, ma forniscono all’artista gli espedienti tecnici per raggiungere lo scopo.  A questo proposito in catalogo abbiamo raccolto la testimonianza di Gianluca Albicocco che racconta l’emozionante gesto dell’artista durante la realizzazione della serie Senza titolo, 2014, realizzata in collaborazione con la loro stamperia presso lo studio dell’artista a Umbertide.

C’è mai stata l’occasione di accogliere Kounellis presso il vostro Istituto per realizzare all’interno della vostra stamperia una delle sue opere?
L’artista è venuto negli anni passati ma qui non ha mai realizzato alcuna delle sue opere. È intervenuto a delle conferenze, alla presentazione di una rivista, ha partecipato a un corso didattico rivolto agli studenti dove ha raccontato il suo rapporto con la tecnica, ma non ha realizzato mai niente nella nostra stamperia, magari ci fossimo riusciti.

Jannis Kounellis, The Gospel According to Thomas (1), 2000, serigrafia. Photo Antonio Idini

Jannis Kounellis, The Gospel According to Thomas (1), 2000, serigrafia. Photo Antonio Idini

Come mai ci sono voluti due anni per organizzare questa esposizione?
Perché i suoi impegni erano notevoli e dal momento che il linguaggio della grafica non era il suo specifico ‒ aveva sempre delle altre installazioni in programma ‒ doveva trovare il momento giusto per presentarsi al pubblico con un linguaggio così anomalo per la sua recente produzione. In più si doveva comporre con i nostri spazi espositivi. Quando lo abbiamo trovato ‒ noi avevamo questa sala completamente allestita ‒ è venuto a mancare. Stavamo aspettando che ci portasse gli altri lavori. A quel punto abbiamo dovuto smontare la mostra e aspettare un altro momento opportuno per organizzare una rassegna che però, da quel momento, avrebbe avuto un altro valore.

Dopo l’improvvisa e dolorosa scomparsa di Jannis Kounellis questa esposizione resta un primo e ancora imperdibile tributo a ciò che è destinato a “durare nella memoria degli uomini” ‒ per citare le parole di Roberto Budassi contenute in catalogonon solo per il loro indubbio valore estetico ma perché testamento spirituale e eredità culturale tra le più convincenti e commoventi di un grande uomo e artista che ha saputo intrepretare come pochi i segni e i contenuti del nostro tempo presente, con quella lucidità intellettuale, quella sensibilità e grazia che gli appartenevano in gran misura e che sono propri di chi sa leggere, negli imperscrutabili capricci della natura, nelle imprevedibili trame della storia, il fine ultimo di ogni gesto, di ogni nostro umano sentire”.

Donatella Giordano

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Donatella Giordano

Donatella Giordano

Nata in Sicilia, vive a Roma dal 2001. Ha studiato presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, dove nel 2006 ha conseguito il diploma di laurea con una tesi che approfondiva la nascita dei primi happening e delle azioni performative…

Scopri di più