Errori e tecnologia. Emilio Vavarella a Bologna

Galleriapiù, Bologna ‒ fino al 20 gennaio 2018. Emilio Vavarella consacra l’errore consapevole o inconscio perpetuato da ausili tecnologici, realizzando una serie di opere sperimentali e facendo riflettere su quanto e come la tecnologia può dare nuovi orizzonti imprevedibili e sconosciuti. Rendendo l’essere umano fragile e impotente anche a livello creativo.

La prima opera di Emilio Vavarella (Monfalcone, 1989) allestita nella galleria bolognese è un montaggio di varie scene scartate dai documentari. Gli autori sono gli animali che, impossessatisi più o meno volontariamente delle telecamere piazzate, hanno girato immagini inedite, confuse e vorticose, diventando loro stessi artisti senza che l’uomo potesse più far nulla. Nella seconda sala prende vita la locuzione latina “Errare humanum est, perseverare autem diabolicum”. L’artista attinge da errori di stampe 3D e perpetua l’errore stressandolo fino al limite, creando una serie di sculture improbabili che nulla hanno a che fare con il progetto inserito nella macchina. Anche in questo caso il plotter, incurante dell’uomo, produce arte in maniera autonoma.
Nella terza sala è presente l’insubordinazione totale della macchina sull’uomo. A causa di un hackeraggio in un sito di incontri dove erano presenti robot che rispondevano alle esigenze degli uomini, le macchine hanno iniziato a farsi domande tra loro e a rispondere. Raccolte dall’artista, queste frasi risuonano attraverso altoparlanti posizionati su braccia robotiche con movimento casuale: il sonoro che si disperde è indecifrabile perché mira verso un un unico punto e solo se per errore ci si trova nella giusta direzione si riesce a decifrarlo.
A Vavarella il merito di far riflettere sulle conseguenze degli equivoci e sull’infallibilità delle macchine.

Matteo Franzoni

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