Non solo Biennale. Quattro artisti in Piazza San Marco

Una panoramica sulle rassegne veneziane che fanno da cornice alla Biennale curata da Christine Macel. Prestando particolare attenzione ai quattro artisti che animano l’area marciana: Shirin Neshat, Francesca Montinaro, Yuri Ancarani e Douglas Gordon.

Venezia capitale mondiale dell’arte contemporanea, all’insegna dello slogan Viva Arte Viva, ha dato il via da pochi giorni alla 57esima edizione della Biennale d’Arte. Ben 85 le partecipazioni Nazionali presenti negli storici Padiglioni ai Giardini, all’Arsenale e nel centro storico di Venezia, che insieme alla mostra internazionale curata da Christine Macel, con 120 artisti provenienti da 51 Paesi, completa l’offerta di questa Biennale 2017.
L’evento principale, come in ogni edizione, è affiancato da un sistema culturale pubblico e privato (fondazioni, chiese, musei, gallerie e palazzi storici), che riesce a richiamare, nei solo tre giorni della vernice, migliaia di addetti ai lavori.  Una vera e propria galassia di esposizioni, performance, incontri e installazioni sorprendenti di artisti che hanno segnato la storia dell’arte contemporanea nazionale e internazionale e che vanno ad arricchire le tante proposte dalla Biennale.
Tra le  grandi mostre che hanno fatto discutere, nel bene e nel male, per qualità, importanza  e allestimento, è bene ricordare ancora una volta:  Damien Hirst, Treasures from the Wreck of the Unbelievable (Palazzo Grassi e Punta della Dogana), Jan Fabre, Glass and Bone Sculptures (Abbazia di San Gregorio), Alighiero Boetti, Minimum/Maximum (Fondazione Giorgio Cini),    Michelangelo Pistoletto, One and One makes Three (Abbazia di San Giorgio) e Philip Guston and the Poets  (Gallerie dell’Accademia).
In questo turbinio di importanti eventi, nel cuore di Venezia, intorno a Piazza San Marco, il Museo Correr, il Museo Archeologico Nazionale, le Prigioni di Palazzo Ducale e il Caffè Florian hanno proposto quattro artisti internazionali con opere e installazioni di grande impatto emotivo, in alcuni casi in anteprima mondiale.

Shirin Neshat, Anna, dalla serie The Home of My Eyes, 2015. Courtesy Written Art Foundation, Francoforte

Shirin Neshat, Anna, dalla serie The Home of My Eyes, 2015. Courtesy Written Art Foundation, Francoforte

SHIRIN NESHAT AL MUSEO CORRER

L’iraniana Shirin Neshat (Qazvin, 1957) interviene in uno dei saloni del Museo Correr con l’installazione fotografica The Home of My Eyes.  Il progetto – già presentato dall’artista nel 2015 per l’apertura dellO YARAT Contemporary Art Centre di Baku e per la retrospettiva all’Hirshhorn di Washington – sbarca per la prima volta in Europa, a Venezia, a cura di Thomas Kellein.  L’installazione, composta di grandi fotografie in bianco e nero, è collocata intorno a un’antica scultura della Santa Vergine, parte della collezione del Museo Correr. La Madonna sembra accogliere e proteggere, sotto il suo manto, uomini e donne di diverse generazione (dai 2 agli 80 anni di età), ritratti dall’artista dal 2014 al 2015, durante il tempo trascorso in Azerbaijan.  Ai vari personaggi Shirin Neshat ha rivolto una serie di domande riguardanti la loro cultura, l’identità e il loro concetto di casa. Le risposte ricevute delle persone ritratte sono state trascritte dall’artista in calligrafia sulle mani e sui volti dei personaggi, ottenendo una sorta di “arazzo di storie e volti umani” di genti, culture e generazioni differenti.
In mostra anche il video Roja (2016), un lavoro sul concetto di “spostamento” delle popolazioni, sulla paura dello “straniero” e della “terra straniera”. L’opera all’inizio pone il pubblico nella situazione di immedesimarsi, sentire e comprendere i gesti delle due protagoniste, ma alla fine svela un confronto inaspettato e inquietante tra l’uomo e le proprie paure.

Francesca Montinaro, 11.146.312 metri. Installation view at Museo Archeologico Nazionale, Venezia 2017

Francesca Montinaro, 11.146.312 metri. Installation view at Museo Archeologico Nazionale, Venezia 2017

FRANCESCA MONTINARO AL MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE

Sempre in Piazza San Marco, il Museo Archeologico Nazionale ospita, fino al 26 novembre, la mostra Communitas Immunitas dell’artista romana Francesca Montinaro. L’evento, a cura di Raffaele Gavarro, è una riflessione sul futuro della comunità e sulle conseguenze a cui essa è sottoposta.
Nella sala centrale del museo, l’artista propone l’installazione 11.146.312 metri, che riconosce in questo numero la distanza percorsa per arrivare in Italia dalla giovane somala Nasra.    Appeso alla parete, il display, che indica la metratura, è collegato a un tapis roulant su cui il pubblico può camminare, continuando il percorso #camminaversoilfuturo e contribuendo a far crescere la distanza iniziale basata su un movimento collettivo-comune verso un nuovo futuro.
In mostra anche ritratto continuo mod.3.375.020.000 (già esposto nella sua prima versione nel 2013 alla Galleria Nazionale di Roma e nel 2015 allo spazio veneziano di Ca’ Foscari alle Zattere), una sorta di immagine sociale di circa 600 donne, installata dalla Montinaro per dialogare con la ieraticità delle statue antiche della collezione del Museo Archeologico veneziano e con il pubblico. Ogni donna partecipante al video è stata invita dall’artista a riflettere sulla propria identità e sul proprio ruolo, compiendo un gesto rituale e simbolico: seduta su una sedia girevole, la donna si mostra di spalle, poi si gira e infine mostra il suo messaggio scritto sulle mani. L’azione diviene un invito ad agire, esprimersi, mettersi in gioco, raccontarsi o effettuare una scelta.
Esposta in sala, anche la sedia girevole, interamente smontata dall’artista, divenendo così il simbolo della diversità dei singoli elementi e della perdita di funzionalità generata dalla sua scomposizione.

Yuri Ancarani, Riogrande, Caffè Florian, Venezia 2017. Photo Irene Fanizza

Yuri Ancarani, Riogrande, Caffè Florian, Venezia 2017. Photo Irene Fanizza

YURI ANCARANI AL CAFFÈ FLORIAN

A pochi passi della Basilica, fino al 10 settembre, nella storica Sala delle Stagioni del Caffè Florian, l’edizione 2017 di Temporanea– Le Realtà possibili del Caffè Florian, curata da Stefano Stipitivich, presenta RIO GRANDE. Postcards from the border, la nuova video installazione site specific di Yuri Ancarani (Ravenna, 1972).
Lo storico spazio del Caffè veneziano oltre ad aver raggiunto i quasi 300 anni di vita essendo nato nel 1720, vanta anche un’importante programmazione artistica con nomi del calibro di Bruno Ceccobelli, Mimmo Rotella, Fabrizio Plessi, Gaetano Pesce, Luca Buvoli, Arcangelo, Irene Andessner, Fausto Gilberti, Botto&Bruno, Marco Tirelli e tanti altri.
L’installazione video dell’artista ravennate, che ritorna a Venezia dopo aver preso parte alla Biennale del 2013 di Massimiliano Gioni, è una riflessione sul concetto di “confine che a volte non c’è”. Un tema di strettissima attualità scelto da Ancarani per questo nuovo video girato poche settimane fa al confine fra Texas e Messico, dove il fiume segna il confine tra gli Stati Uniti e il Messico fin dal 1845.
Il lavoro, suddiviso in tre schermi, alterna le immagini di paesaggi del Rio Grande con altre di spazi ai margini del corso d’acqua lungo più di 3000 km, che nasce nelle montagne di San Juan del Colorado, scorre attraverso la valle di San Luis, poi a sud nel Nuovo Messico, toccando Albuquerque e Las Cruces, fino a El Paso, Texas, sul confine messicano. Il percorso ai limiti di due mondi assume le asprezze di una terra di confine, difficile e inospitale, lontana dalle grandi città, ma a cavallo di un confine di uno stesso insieme, che diviene più un’idea che una vera divisione: una terra da cui in molti vorrebbero evadere, ma che allo stesso tempo rappresenta una parte di un mondo ancora incredibile e suggestivo, nonostante le sue contraddizioni e restrizioni.
La scelta di presentare questo lavoro al Caffè Florian, appare ricercata e per nulla banale, facendo assumere al Florian una valenza “figurativa”, come luogo di incrocio tra civiltà diverse e come spazio di inclusione e confronto.

Douglas Gordon, Gente di Palermo, 2017. Still da video

Douglas Gordon, Gente di Palermo, 2017. Still da video

DOUGLAS GORDON ALLE PRIGIONI DI PALAZZO DUCALE

Terminiamo il giro della Piazza con la visita alle Prigioni di Palazzo Ducale, dove l’’artista Douglas Gordon (Glasgow, 1966) presenta, a cura di Mario Codognato, in anteprima mondiale la sua videoinstallazione Gente di Palermo, in mostra fino al 24 novembre.
Il video di circa due minuti è stato girato dall’artista con un cellulare durante una visita alla Cripta dei Cappuccini a Palermo, un luogo conosciuto per la sepoltura di cadaveri imbalsamati esposti in base alla categoria sociale, al sesso e all’età. In questo contesto triste e cupo, la presenza surreale di un palloncino gonfiato d’elio a forma di delfino diviene lo spunto per definire il contrasto tra la staticità dei corpi e il movimento “vitale” dell’oggetto e gli opposti “vita e morte”.
L’opera è una sorta di inno alla spensieratezza dell’infanzia, capace di generare nei due luoghi coinvolti – la Cripta dei Cappuccini e le prigioni di Palazzo Ducale e soprattutto nel visitatore –un senso spaesamento in grado di fargli cogliere la differenza tra i momenti vissuti in questi antichi spazi e una percezione di leggerezza e illusione offerta attraverso l’arte.

Giovanni Viceconte

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Giovanni Viceconte

Giovanni Viceconte

Giovanni Viceconte (Cosenza, 1974), è giornalista e curatore d’arte contemporanea. Si laurea presso l’Accademia di Belle Arti, nel 2004 consegue il Master in Organizzazione Eventi Culturali e nel 2005 il Master in Organizzazione e Comunicazione delle Arti Visive presso l’Accademia…

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