L’omaggio di Londra a Robert Rauschenberg

In collaborazione con il MoMA di New York, e il nuovo SFMoMA di San Francisco, la Tate Modern di Londra riscopre la carriera di uno degli artisti americani più importanti del dopoguerra. Un’occasione unica in Europa.

“La mia idea d’arte, in generale, è sempre stata rivolta alla collaborazione con altre persone: personalmente, amo il contatto sensuale dell’atto collaborativo. Le idee non sono beni immobili”. È una delle caratteristiche più importanti della carriera di Robert Rauschenberg (Port Arthur, 1925 – Captiva Island, 2008): la relazione dell’artista e dell’opera col pubblico, e soprattutto con colleghi performer, coreografi, musicisti, artisti visivi. Del resto, lo scambio è una costante che segna un percorso iniziato all’insegna della sperimentazione collettiva e della permeabilità delle arti. Al Black Mountain College, in North Carolina, avanguardistico istituto dove insegneranno, tra gli altri, Josef Albers e Walter Gropius, il giovane Rauschenberg incontrerà John Cage, Merce Cunningham, Cy Twombly e Jasper Johns, dal 1948 in poi. Alcuni di loro, insegnanti all’istituto, saranno amici, amanti, collaboratori di lunga data. La mostra parte da quell’epoca prolifica, presentando opere da manuale.

IMPRINT
Sono gli Anni Cinquanta a vedere la nascita di tecniche e stili costanti, che accompagneranno l’artista fino al nuovo millennio. Untitled (Double Rauschenberg) (1950 circa), è una doppia impressione del corpo: un autoritratto su carta fotosensibile, realizzato insieme alla collega e moglie Susan Weil. La silhouette dell’artista, e la figura antropomorfa in generale, spesso non identificabile, torneranno in più forme, come con l’uso della radiografia; similmente, il corpo è legato alla sua relazione con la società contemporanea (Automobile Tire Print, 1953). Qui, con John Cage alla guida, un’automobile imprime per tre metri, con una gomma impregnata di vernice, una traccia continua.

Robert Rauschenberg, Retroactive II, 1964 - Museum of Contemporary Art Chicago. © Robert Rauschenberg Foundation, New York. Photo Nathan Keay © MCA Chicago. Courtesy Tate

Robert Rauschenberg, Retroactive II, 1964 – Museum of Contemporary Art Chicago. © Robert Rauschenberg Foundation, New York. Photo Nathan Keay © MCA Chicago. Courtesy Tate

COMBINE
I Combine, alcuni dei quali restano le opere dell’artista più celebrate, rappresentano l’irruzione dei detriti della vita, ammassati e congregati nell’oggetto-opera. Specie a seguito del trasferimento a Manhattan nel 1951, Rauschenberg vive un momento – simile all’esperienza di Jasper Johns, compagno di vita e lavoro – in cui la pittura incontra l’oggetto, agli albori della Pop Art. Viene ridiscusso un nuovo, quanto vecchio, paradigma di senso: lo statuto dell’oggetto industriale nello studio dell’artista. Cosa cela una coperta intrisa di vernice e smalto per le unghie, appesa ad asciugare, a sostituzione della tela (Bed, 1955)? Libero di metabolizzare gli oggetti che lo circondano, seguendo i riti delle avanguardie del Novecento, così come rituali inediti, Rauschenberg è certo di una verità: l’oggetto può finalmente essere “se stesso”.

SILKSCREEN
Gli oggetti rimandano alla loro grevità, mentre l’irripetibilità del presente viene iconizzata dalla fotografia. I larghi silkscreen (Kite, Tracer, Estate, Retroactive II, Persimmon, 1963-64), condensano gli anni della società americana sotto il governo Kennedy. Sono eloquenti, emblematiche istantanee del regime politico e culturale di quel tempo: tra aggressività bellica (guerra del Vietnam), pionierismo metapolitico (allunaggio) ed eccessi della logica consumistica (iterazione dell’immagine, coazione a ripetere). Realizzate con una tecnica usata, contemporaneamente, da Warhol, gli varranno personali importanti, a New York e a Londra. Culmine, il premio per la pittura (contestato, e il primo assegnato a un americano) alla Biennale di Venezia, nel 1964. Lungi dall’autocompiacersi, il giorno seguente alla vittoria l’artista vorrà svoltare, distruggendo tutti i silkscreen rimasti nello studio. Per ripartire.

Robert Rauschenberg, Stop Side Early Winter Glut, 1987 - MoMA, New York. © Robert Rauschenberg Foundation, New York. Foto © 2016. MoMA, New York - Scala, Firenze. Courtesy Tate

Robert Rauschenberg, Stop Side Early Winter Glut, 1987 – MoMA, New York. © Robert Rauschenberg Foundation, New York. Foto © 2016. MoMA, New York – Scala, Firenze. Courtesy Tate

PERFORMER
“Questa è la mia continua battaglia: ciò che mi interessa è la temporalità”. Intervallo temporale della pratica artistica, in ogni sua forma: l’opera di Rauschenberg pittore è inseparabile dalla storia del Rauschenberg scenografo. Fin dagli anni al Black Mountain College, e fino agli Anni Settanta, l’artista collabora con Merce Cunningham, con il quale rompe temporaneamente i rapporti nel 1964. Già performer in Pelican (1963), e scenografo e coreografo in Oracle (1962-65), insieme all’ingegnere Billy Klüver, l’artista darà vita a progetti sempre più multidisciplinari, attribuendo grande importanza all’unione di suono e forza cinetica (con Klüver produrrà la celebre performance Open Score, 1966). Anche la danza è una passione intensa quanto quella per la pittura. Col ballerino e compagno Steve Paxton, e con Yvonne Rainer e Trisha Brown, lavorerà al Judson Dance Theater, altra celebre compagnia avanguardistica. Le collaborazioni con Trisha Brown continueranno fino agli Anni Novanta, dando origine a Set and Reset, Lateral Pass e Opal Loop, in scena al Teatro di San Carlo, a Napoli, nel 1987. Le scene da New York non arrivarono in tempo e Rauschenberg creò, a tempo di record, un assemblage di elementi metallici e altri oggetti, recuperati da rigattieri e centri di rottamazione. Tra il riferimento al degrado della periferia napoletana e la radicalità della performance, sarà diatriba fra palco e platea.

GLUT
Degrado italiano come degrado americano. Visitando il natio Texas negli Anni Ottanta, l’artista troverà un paesaggio antropico fortemente cambiato, scosso dalla crisi del petrolio. È la provincia americana, ancor prima di quella napoletana, a ispirargli la serie Glut (1986-89, 1991-94): oggetti metallici di scarto, sconquassati, riconfigurati in nuovi assemblage. A proposito della serie l’artista scrive: “Viviamo in un tempo di avanzi. L’avidità incombe: voglio presentare al pubblico le loro stesse rovine”. Oltre a mixare le immagini del quotidiano, in modo molto prossimo al magma visivo degli schermi di oggi, Rauschenberg rifletteva su un mondo che conosciamo molto bene.

Elio Ticca

Londra // fino al 2 aprile 2016
Robert Rauschenberg
a cura di Achim Borchardt-Hume, Leah Dickerman, Catherine Wood
TATE MODERN
Bankside
+44 (0)20 78878888
[email protected]
www.tate.org.uk

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Elio Ticca

Elio Ticca

Nato a Nuoro nel 1988, si laurea allo IUAV di Venezia in arti visive e dello spettacolo. È in partenza per il Regno Unito per approfondire i propri studi in storia dell'arte alla University of Leeds, attratto dalle connessioni fra…

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