Il Museo d’arte Orientale di Roma si trasferisce all’EUR. Le polemiche sulla “presunta” chiusura

Da giorni si rincorrono polemiche sulla chiusura del MNAO-Museo Nazionale d'Arte Orientale “Giuseppe Tucci” di Roma con post quasi apocalittici, articoli, petizioni. Artribune prova a fare chiarezza. Anche perché un trasferimento non è una chiusura

Da giorni si rincorrono notizie sulla chiusura del MNAO-Museo Nazionale d’Arte Orientale “Giuseppe Tucci” di Roma, fino ad oggi ospitato a Palazzo Brancaccio, con articoli, petizioni, manifestazioni, post da parte di chi grida allo scandalo e disegna scenari apocalittici per la mancata tutela nei confronti di una istituzione museale e della sua collezione. Dall’altro lato è intervenuto lo stesso direttore del museo Filippo Maria Gambari che, attraverso un comunicato stampa, ha espressamente parlato di trasferimento di sede denunciando una serie di fake news create ad hoc secondo lo schema dell’ “a lupo, a lupo” della famosa favola. Ma dov’è la verità? Noi di Artribune proviamo a diramare le nubi intorno alla vicenda e a chiarire finalmente la questione.

LA STORIA DEL MUSEO

Il Museo è nato nel 1957 da un accordo tra il Ministero della pubblica istruzione e l’Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente, istituzione fondata da Giovanni Gentile e Giuseppe Tucci per promuovere i rapporti tra l’Italia e i paesi Asiatici. Da sempre collocato all’interno di Palazzo Brancaccio, il MNAO possiede una collezione di oltre 40.000 pezzi provenienti dal Vicino e Medio Oriente, dalla Cina, dal Giappone e dal Nepal nonché una collezione di arte islamica. Il nucleo fondante del MNAO è la collezione di Giuseppe Tucci, storico delle religioni e grande studioso di cultura orientale, che l’ha donata al museo nel 1958. Negli anni la collezione si è naturalmente ampliata grazie ad altre donazioni, di cui la più consistente è avvenuta nel 2000 alla morte della vedova di Tucci che ha nominato il museo suo erede universale.

LE CAUSE DEL TRASFERIMENTO

A dispetto delle polemiche degli ultimi giorni il trasferimento, perché di questo si tratta, è nell’aria da tempo. Gli spazi occupati dal museo all’interno di Palazzo Brancaccio, che è una proprietà privata, erano in affitto quindi in contraddizione con spending review e con tutte le prescrizioni della Corte dei Conti sulla valorizzazione del demanio dello Stato e sulla riduzione delle locazioni passive. Inoltre, con gli anni gli spazi sono diventati troppo piccoli rispetto alla collezione con tutti i limiti evidenti di una residenza privata vincolata. “Attualmente le collezioni sono fruibili solo in parte”, dichiara nel comunicato ufficiale Gambari, “perché, anche senza contare i depositi, circa un quarto delle sale espositive sono chiuse al pubblico, a seguito di un principio di incendio per un cortocircuito dell’impianto di condizionamento nell’agosto 2016, cui la stampa romana ha dato ampio risalto essendo stato sgomberato d’urgenza il museo”. Naturalmente gli indignati di professione e i comitati di quartiere inferociti per via della chiusura non hanno idea che un quarto delle sale sono chiuse, perché nel museo non ci sono mai stati o lo hanno fatto probabilmente l’ultima volta in gita scolastica negli anni Settanta…

LA RICOLLOCAZIONE ALL’EUR

Pur essendo ormai assodata la notizia del trasferimento delle collezioni all’EUR negli spazi del Museo Pigorini, che è la sede del Museo delle Civiltà ed è di proprietà dell’INAIL, le maggiori polemiche sono legate al clima di forte incertezza intorno alle tempistiche con cui la collezione del museo sarà nuovamente disponibile al pubblico. Anche in questo caso il direttore Gambari interviene per puntualizzare. “Già nel dicembre 2017 con la mostra Aperti per lavori”, sostiene, “su una superficie circa pari all’attuale superficie museale saranno disponibili al pubblico, in una mostra temporanea negli spazi disponibili del museo Pigorini, i più rappresentativi materiali delle diverse sezioni del museo (circa un 40% del totale)”. E non manca la stoccata finale: “Nel 2019 saranno aperti gradualmente tutti i nuovi allestimenti delle sezioni d’arte orientale, aggiornati e finalmente resi consoni ai principi più avanzati della museografia europea, nei nuovi spazi INAIL a lato dello sviluppo delle sezioni preistoriche ed etnografiche (che si estendono su una superficie che risulta oltre il doppio delle attuali e più fruibile), con caffetteria, bookshop, oggettistica e tutto quanto risulta indispensabile per un museo nazionale contemporaneo, concepito come aperto e inclusivo e non come un salotto antiquario. Tutto questo ovviamente non era e non sarebbe mai stato possibile in Via Merulana”.

LA QUESTIONE DELL’AFFITTO

L’altra polemica riguarda i costi di gestione del trasferimento considerato troppo esoso. “L’affitto per un po’ meno di un milione di euro annui” conclude il direttore “dall’INAIL (cioè in una sostanziale partita di giro all’interno del patrimonio dello Stato, non un versamento a privati) di oltre 10.000 mq di edifici pensati e costruiti dall’origine per ospitare musei, magazzini e mostre rispetto ai 3.000 mq di porzioni di un palazzo nobiliare in Via Merulana, affittati per circa 700 mila euro annui, è ovviamente più vantaggioso e non paragonabile. Gli spazi previsti nella nuova sede di circa 1.000 mq destinati a servizi museali in locazione (ristorazione di qualità, un ampio bookshop specializzato, un temporary shop) saranno anche fonte di canoni in entrata che abbatteranno a bilancio consuntivo la locazione stessa. Il progetto di potenziamento, inoltre, finanziato come investimento con circa 10 milioni di euro su fondi C.I.P.E. nel triennio 2017-2019, non è solo il primo fondamentale passo di adeguamento e potenziamento del Museo delle Civiltà ma è anche un’occasione unica per una reale rinascita e innovazione del museo d’arte orientale Giuseppe Tucci”.
Insomma il museo non chiude, semplicemente si trasferisce. Lo fa in uno spazio migliore, che gli permette di svilupparsi, di essere fruibile e di aumentare i visitatori (oggi assai scarsi). Molto sarà già fruibile tra poche settimane, ma poi si andrà a regime nello spazio di massimo due anni. Il museo continuerà a pagare un affitto ma ora lo fa a vantaggio di privati, domani lo farà a vantaggio di un ente pubblico. Nei nuovi spazi, inoltre, potrà gestire dei servizi (ristorante, bar, libreria, shop) che porteranno significativi introiti che complessivamente andranno ad abbattere di motto il fitto passivo.
E voi avete imparato che quando vedete in giro gente indignata dovete sempre approfondire…

– Mariacristina Ferraioli

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Mariacristina Ferraioli

Mariacristina Ferraioli

Mariacristina Ferraioli è giornalista, curatrice e critico d’arte. Dopo la laurea in Lettere Moderne con indirizzo Storia dell’Arte, si è trasferita a Parigi per seguire corsi di letteratura, filosofia e storia dell’arte presso la Sorbonne (Paris I e Paris 3).…

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