Biennale di Venezia 2017. Le 7 opere migliori

Dall’Arsenale ai Giardini, dal Padiglione sudafricano al Padiglione belga, passando per l’Italia e gli Stati Uniti, ecco la lista delle 7 opere che ci sono piaciute di più.

Conclusi i quattro giorni frenetici dell’opening della 57. Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia, è tempo di bilanci. Dopo la lista dei migliori padiglioni nazionali ai Giardini e delle più belle mostre in città, Artribune vi propone l’attesissima top list delle migliori opere in Biennale tra Arsenale, Giardini e partecipazioni nazionali. Un’edizione certo non entusiasmante, quella curata da Christine Macel, ma “giusta”, come spiegato nel nostro editoriale, caratterizzata dalla mancanza di nomi altisonanti e dalla quasi totale assenza di opere dal forte impatto visivo delle edizioni precedenti, ma che ha comunque rivelato qualche chicca inaspettata. Tra grandi conferme e belle sorprese, ecco la lista delle opere che abbiamo amato di più.

EDITH DEKYNDT ALL’ARSENALE


È di una semplicità quasi commovente One thousand and one night, opera dell’artista belga Edith Dekyndt (Ypres, 1960). Il gesto meticoloso e ripetitivo di trascinare polvere all’interno di un rettangolo illuminato attrae in maniera ipnotica e decisamente poetica. Un inno alla bellezza che si declina nella spiritualità e nella ritualità della superficie geometrica che ricorda i mandala buddisti, ma anche le pitture con la sabbia dei Navajos americani.

CANDICE BREITZ AL PADIGLIONE SUDAFRICANO

57. Esposizione Internazionale d'Arte, Venezia 2017, Padiglione Sud Africa, Candice Breitz, Love Story, 2017, photo Italo Rondinella. Courtesy La Biennale di Venezia

57. Esposizione Internazionale d’Arte, Venezia 2017, Padiglione Sud Africa, Candice Breitz, Love Story, 2017, photo Italo Rondinella. Courtesy La Biennale di Venezia

Non delude le aspettative Candice Breitz (Johannesburg, 1972), una delle poche superstar presenti in questa edizione. La Breitz torna a Venezia con un lavoro che le è profondamente congeniale: Love Story ha il peso della denuncia sociale presentata attraverso le parole di sei rifugiati politici in punti diversi del pianeta. Accanto alle interviste originali, la Breitz presenta la trasposizione in opera cinematografica delle stesse interviste “reinterpretate” dai due divi di Hollywood Julianne Moore e Alec Baldwin. Un pugno allo stomaco nei confronti dell’indifferenza con cui l’Occidente guarda alle tragedie che colpiscono una parte di umanità.

MARK BRADFORD AL PADIGLIONE USA

57. Esposizione Internazionale d'Arte, Venezia 2017, Padiglione Stati Uniti, Mark Bradford

57. Esposizione Internazionale d’Arte, Venezia 2017, Padiglione Stati Uniti, Mark Bradford

Mark Bradford (Los Angeles, 1961) rimodula lo spazio forzandolo a interagire con le sue opere. I riferimenti sono tanti, soprattutto alle problematiche politiche e sociali che investono l’Occidente. L’enorme installazione che occupa la prima sala dell’edificio costringe chi entra a camminare in uno spazio angusto, al limite delle pareti perimetrali, metafora del potere politico, economico o finanziario che come una massa opprimente schiaccia sempre più ai margini chi non partecipa alla competizione. Tomorrow is another day, titolo della mostra, è un invito, quasi una promessa, che lascia però in bocca il sapore amaro dell’utopia.

MICHEL BLAZY ALL’ARSENALE

57. Biennale di Venezia, Arsenale, Michael Blazy, ph. Andrea Ferro

57. Biennale di Venezia, Arsenale, Michael Blazy, ph. Andrea Ferro

È forse l’opera più scenografica di tutta la Biennale, sicuramente la più instagrammata e condivisa sui social. Parliamo dell’installazione di Michel Blazy (Principato di Monaco, 1966), posta al centro delle Corderie che sembra idealmente dividere in due la mostra. Non è un caso. Se si parla di arte viva, l’opera di Blazy è quella che più rispecchia il titolo, con la parete di vecchie scarpe da cui spuntano fiori e piante. Un invito poetico al riciclo e al riuso in chiave ecologista che tanto va di moda.

DIRK BRAECKMAN AL PADIGLIONE BELGA

Z.Z.-T.T.-17 #2, 2017 © Dirk Braeckman. Courtesy of Zeno X Gallery, Anversa

Z.Z.-T.T.-17 #2, 2017 © Dirk Braeckman. Courtesy of Zeno X Gallery, Anversa

Al flusso continuo di immagini, alla iper-sofisticazione tecnologica, all’ossessione maniacale per il dettaglio, Dirk Braeckman (Eeklo, 1958) risponde con le sue fotografie analogiche che sembrano raccontare di una ricerca sul mezzo che appartiene a un tempo ormai lontano. Eppure sono immagini contemporanee che sfidano le convenzioni e i limiti della fotografia. In più sono bellissime. Alla velocità incessante Braeckman oppone la staticità di spazi in cui il tempo sembra essersi fermato, mentre alla iper-socialità della rete contrappone figure umane anonime di cui si percepisce appena la presenza. Tra tutte, quella che ci ha colpito di più è Z.Z.-T.T.-17 #2. 

GIORGIO ANDREOTTA CALÒ AL PADIGLIONE ITALIA

57. Esposizione Internazionale d'Arte, Venezia 2017, Padiglione Italia, Giorgio Andreotta Calò, Senza titolo (La fine del mondo), photo credit Andrea Ferro

57. Esposizione Internazionale d’Arte, Venezia 2017, Padiglione Italia, Giorgio Andreotta Calò, Senza titolo (La fine del mondo), photo credit Andrea Ferro

Non è stato semplice scegliere un’opera dallo strepitoso Padiglione Italia curato da Cecilia Alemani. Davvero notevole nella sua imponenza visiva l’opera di Roberto Cuoghi. Non è da meno la splendida installazione di Giorgio Andreotta Calò (Venezia, 1979), una disciplinata costruzione di tubi da ponteggio che accompagna il visitatore in un percorso ascensionale. Al rigore del piano inferiore subentra la vastità del piano superiore in cui lo sguardo diviene preda di un effetto ipnotico: le travi del soffitto si riflettono in uno specchio d’acqua di cui è impossibile riuscire a cogliere la profondità.

OLAFUR ELIASSON AI GIARDINI

57. Biennale di Venezia, Giardini, Olafur Eliasson e Edi Rama, ph. Irene Fanizza

57. Biennale di Venezia, Giardini, Olafur Eliasson e Edi Rama, ph. Irene Fanizza

Non potevamo esimerci dal menzionare l’opera di Olafur Eliasson (Copenhagen, 1957) che porta a Venezia un workshop artistico sul tema dell’immigrazione. Gli otto partecipanti, provenienti da altrettanti Paesi caratterizzati da grandi flussi migratori – Nigeria, Gambia, Siria, Iraq, Somalia, Afganistan e Cina – sono invitati a partecipare alla costruzione di lampade verdi progettate da Eliasson con materiale riciclabile e sostenibile che saranno poi vendute a 250 euro e il ricavato donato in beneficenza ad associazioni che aiutano i rifugiati.

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Redazione

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