Ars Electronica 2016 a Linz. Quando il digitale è postmoderno

Terminata l’edizione 2016 del festival di Linz, restano aperte molte questioni, fortunatamente. Fra mercato e rottura delle regole, a dominare è il Digital Postmodern. Dal nostro inviato Lorenzo Taiuti.

DIGITAL POSTMODERN
Molteplici sono i segnali che Ars Electronica invia ogni anno, sia nella volontà di essere dentro il mercato e il lavoro istituzionale, sia – in contrasto – nella volontà di rompere le regole e di far passare le “dissonanze” che la diffusione convulsa del digitale sta provocando.
Ci si pone a ogni festival la domanda: cosa succede esattamente nell’area mutata da New Media a Post-Internet? Perché invece non proviamo a usare il termine Digital Postmodern? Molte caratteristiche del Postmoderno Anni Ottanta infatti riappaiono, riportando in forma di flusso/riflusso le idee del tecno-modernismo storico e le sperimentazioni strutturali, cinetiche e tecnologiche diffuse nei media digitali.

Ars Electronica 2016 - Sculpture Factory : Quayola - photo Florian Voggeneder

Ars Electronica 2016 – Sculpture Factory : Quayola – photo Florian Voggeneder

TORNA L’ARTE PROGRAMMATA
In testa alla sperimentazione del nuovo il MIT di Boston: guidato dal giapponese Hiroshi Ishii, lavora sulla trasposizione del gesto reale in un’azione reale/virtuale con il gruppo Tangible Media Group e il sistema Graphical User. Nel passato la sperimentazione si basava sulla riproduzione di gesti reali in contemporanea con un’azione video-proiettata, oggi si lavora nella materializzazione della virtualità. Riappare come citazione l’arte programmata nei lavori degli Art&Com di Berlino, con sfere metalliche appese a fili che si muovono in movimenti programmati e ritmici, proprio come Otto Piene e Heinz Mack del Gruppo Zero avevano pensato.
Le Rotating Lights di Stefan Tiefengraber sono cinque lampade fluorescenti a forma di croci che ruotano fino a un massimo luminoso tornando poi ad azzerarsi fino al buio. Parte di una serie d’installazioni cinetiche, è anch’essa fortemente citazionista della progettistica degli Anni Sessanta. E c’è anche il ritorno delle macchie cromatiche dei lightshow psichedelici nel lavoro della giapponese Akiko Nakayama.

Mat Collishaw, The Garden of Unearthly Delights, 2009

Mat Collishaw, The Garden of Unearthly Delights, 2009

LA SCENA ITALIANA E I PREMI
Diviene più numerosa (finalmente) la presenza degli italiani nel festival con Chierico, Pappalardo, Strangis, BNL Media Festival, e fra gli altri diviene più stimolante il lavoro dell’italiano Quayola grazie a un’installazione in progress di abbozzi di frammenti scultorei lavorati a vista da martelli pneumatici mossi dai software.
I numerosi premi, definiti Honorary Mentions o Awards of Distinction, includono a sorpresa un artista inglese ex YBA, Mat Collishaw, che presentò tempo fa a Roma alla Galleria Borghese una serie di forti installazioni basate sull’analisi della violenza e della luce nei quadri di Caravaggio, e ad Ars Electronica una simile struttura ispirata al Bosch del Giardino delle delizie. Presenza rara e di qualità nel contatto fra i campi impermeabili di arte e tecnologia, il lavoro di Collishaw è ibridato di forme tecniche prese dal pre-cinema come la stroboscopia. Meritatissimo il Golden Nika a Jashia Reichardt, curatrice di alcune delle mostre fondamentali degli Anni Sessanta/Settanta su arte e tecnologia come Cybernetic Serendipity o Robots, Fact, Fiction, Prediction all’ICA di Londra. Interessante l’altro primo premio, il lavoro di Mathias Jud e Christoph Wachter Can you hear me?, installazione/gioco collocata in un’area di Berlino dove si scambiano o spiano informazioni i grandi poteri attraverso le ambasciate. Ricostruendo la strategia dello spionaggio delle varie potenze, ne presenta una versione sarcastica e godibile.

Ars Electronica 2016 - Drone 100. Spaxels over Linz - photo Martin Hieslmair

Ars Electronica 2016 – Drone 100. Spaxels over Linz – photo Martin Hieslmair

E LA RIVOLUZIONE DOV’È FINITA?
Tutto bene, certo, ma i Maghi di Oz delle cyber-controculture non avevano promesso molto di più? Il simpatico esorcismo non muove di molto gli equilibri di potere. Se da una parte il Festival vince la sfida contro i tagli istituzionali riempiendo lo spazio espositivo di un’ex fabbrica con migliaia di persone, dall’altra questa massa da concerto rock trasforma le premesse di studio e di ricerca del festival in una superfiera/hyperfesta Arduino, come quelle che già viviamo in Italia, ridefinendo l’innovazione con Radical Atoms e i workshops Art Lab.
Sarà la soluzione giusta? Sicuramente la manifestazione diventa più che mai vitale, ma la tradizione del festival è trovare soluzioni e tematiche taglienti e contemporanee.
Come mai non si è tematizzata la guerra in un momento di guerra diffusa? I droni che volano danzanti durante il grande concerto all’aria aperta sono accompagnati da bellissime luci e da bellissima musica di Beethoven. Fanno pensare a “Make Love not War”. Tutto bene, ma forse sarebbe stato meglio, dato l’uso che dei droni si fa, mettere la Cavalcata delle Valchirie come nella celebre sequenza di Apocalypse Now di Francis Ford Coppola, in cui gli elicotteri mettono a ferro e fuoco con il napalm la campagna vietnamita.

Lorenzo Taiuti

www.aec.at

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Lorenzo Taiuti

Lorenzo Taiuti

Lorenzo Taiuti ha insegnato corsi su Mass media e Arte e Media presso Academie e Università (Accademia di Belle Arti di Torino e Milano, e Facoltà di Architettura Roma). È esperto delle problematiche estetiche dei nuovi media. È autore di…

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