Basta coi doppioni. L’editoriale di Renato Barilli

È mai possibile che nello stesso momento, in Italia, ci siamo due mostre sulla grafica di Toulouse-Lautrec? Perché non ci si coordina, facendole circuitare? E intanto si continuano a buttar via denari invece di promuovere i nostri grandi del passato.

DUE VOLTE TOULOUSE-LAUTREC
Il nostro attivo e operoso Ministro dei Beni e delle Attività culturali Franceschini, che spende tante energie per imprese talvolta dubbie, ne dovrebbe riporre una parte per istituire una Consulta Nazionale (o basterebbe la normale funzione del comitato di settore?) rivolta a coordinare le mostre imbastite dalle nostre istituzioni pubbliche o private, in modo da evitare inutili doppioni o sovrapposizioni, con relativi costi e investimenti di denaro che si potrebbero spendere meglio altrove.
Faccio subito un esempio sconcertante. Mentre scrivo sono in atto due mostre relative all’opera grafica di Toulouse-Lautrec, in sostanza equipollenti e intercambiabili, in quanto dedicate in massima parte alle incisioni e litografie del grande artista francese, e si sa bene che le opere di questa natura, in cui del resto risiede il meglio della sua produzione, poggiano per natura intrinseca su tirature in parecchi esemplari, e dunque è lecito una specie di miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Una di queste è visibile all’Ara Pacis di Roma, l’altra a Pisa, a Palazzo Blu, entrambe a dire il vero ben condotte, tanto che non vedrei ragioni per invitare il pubblico a una visita preferenziale dell’una o dell’altra.

Alberto Burri, Cellotex Eor 1, 1985 - Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri

Alberto Burri, Cellotex Eor 1, 1985 – Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri

PERCHÉ NON ESPORTIAMO IL NOSTRO OTTOCENTO?
Evidentemente in ciascuno dei due casi si è avuto un esborso di denaro (forse, in entrambi i casi, pubblico), il che si sarebbe potuto evitare o ridurre ricorrendo semplicemente a un’oculata circuitazione dei due eventi.
D’altra parte, fino a qualche decennio fa, l’esposizione di maestri del nostro Ottocento era considerata “out of bounds”, roba da lasciare a sedi espositive sprovvedute e minori, fuori del giro che conta, ma poi c’è stato, giustamente, uno sblocco, e ora le mostre su Fattori, Boldini, De Nittis si moltiplicano. Beninteso, nessuna di queste è quella buona e definitiva, magari pronta a prendere la via dell’estero.
Questa incapacità di allestire monografie decisive riguarda perfino i nostri artisti, vedi il caso di Burri, che anche nel suo centenario ha avuto bisogno della consacrazione “fuori casa” del Guggenheim.

Giovanni Boldini, La divina in blu, 1905 ca., acquerello su carta. Collezione privata

Giovanni Boldini, La divina in blu, 1905 ca., acquerello su carta. Collezione privata

MUSEI O AFFITTASALE?
Aggiungo, e mi collego a una mia precedente reprimenda come sempre destinata a cadere nel vuoto, che il fantomatico comitato qui ipotizzato dovrebbe vigilare e se possibile limitare il ricorso alla formula facile di trasferire presso di noi le collezioni dei musei stranieri quando chiudono per ristrutturazione, ricorrendo all’espediente di farsi finanziare attraverso gli affitti imposti ai nostri musei.
Non si dica che in questi casi gli introiti compensano gli affitti: un Ministero serio si dovrebbe far carico anche della rilevanza educativa di questi trasferimenti, e non solo di loro eventuali profitti in termini strettamente di cassetta.

Renato Barilli
critico d’arte militante

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #29

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Renato Barilli

Renato Barilli

Renato Barilli, nato nel 1935, professore emerito presso l’Università di Bologna, ha svolto una lunga carriera insegnando Fenomenologia degli stili al corso DAMS. I suoi interessi, muovendo dall’estetica, sono andati sia alla critica letteraria che alla critica d’arte. È autore…

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