L’opera d’arte prima dell’opera d’arte. Da Gagosian, a Roma

Gagosian Gallery, Roma – fino al 5 marzo 2016. Una mostra sul processo di gestazione dell’opera d’arte visiva in epoca contemporanea. Lo spazio romano si dimostra adatto a ospitare progetti espositivi di ampio respiro.

GAGOSIAN IN CHIAVE WUNDERKAMMER
Gagosian presenta, in una sola mostra, ben trenta artisti. Lo fa provando a sfruttare in chiave Wunderkammer le potenzialità del suo spazio espositivo romano. A consentirlo è il concept – generalista e trasversale – della mostra in questione, che indaga il processo di gestazione dell’opera d’arte visiva in epoca contemporanea. Di fatto vengono presentati al pubblico, invece che opere d’arte vere e proprie, studi preparatori e momenti tratti dal brainstorming creativo dell’artista. Materiale sia recente che d’archivio, con cui sono stati ideati, formalizzati e portati a termine progetti artistici. La presenza “leggera” di lavori non ancora, o solo parzialmente, investiti di aura – mai come in questo caso l’uso del termine “lavoro”, all’anglosassone, ha senso –, ha permesso di mettere su un progetto più che cospicuo sul piano quantitativo, e di accostare tra loro artisti diversissimi.

UNA MOSTRA APERTA
La mostra, lungi dall’essere ostica, ha il dono dell’immediatezza. Inoltre è piuttosto “aperta”, nel senso che il concetto di “dietro le quinte” viene declinato in vari modi, dall’analitico all’evocativo, e non a partire da un solo punto di vista – il che, d’altra parte, ne costituisce l’aspetto più discutibile sul piano teorico.
Si passa da studi preparatori in forma di moderni “cartoni” (Robert Therrien, Takashi Murakami), a momenti caratterizzati da catchyness e icasticità quasi pubblicitarie (l’immagine fotografica del colore mescolato col frullatore, di Rudolf Stingel); si va da plastici (anche architettonici) e cimeli oggettuali (Dan Graham, Chris Burden, Claes Oldenburg, Carsten Höller), a lavori aventi i crismi della realizzazione compiuta (Vladimir Arkhipov, Aleksandra Domanović, Arcangelo Sassolino, Albert Oehlen). La presenza in diversi pezzi esposti della firma dell’autore può infastidire; ma si giustifica al negativo, per il fatto che è generalmente esecrata nell’opera finita.

Chris Burden, Static Test, #4-10 #2000 (Parte di The 1-4 Ton Bridge), 1997-2000 - ©Chris Burden

Chris Burden, Static Test, #4-10 #2000 (Parte di The 1-4 Ton Bridge), 1997-2000 – ©Chris Burden

COME IN UN MUSEO
Resta a dire dell’aspetto più positivo e sorprendente messo in luce dalla mostra. E cioè che la spettacolare sala espositiva ovale, cuore e vanto della galleria, è ambientazione ottimale per progetti allestitivamente complessi e articolati. Si esce, infatti, oltre che soddisfatti come da un museo, con la sensazione che in questa sede si potrebbero ospitare con più frequenza mostre collettive di grande respiro. Un’opzione che finora si è preferito scartare.
Peccato, perché ce ne sarebbe bisogno, visto che da troppo tempo scarseggiano letture curatoriali volte a dare conto della produzione contemporanea in termini coraggiosamente complessivi, o almeno un po’ allargati.

Pericle Guaglianone

Roma // fino al 5 marzo 2016
Prototypology – An Index of Process and Mutation
Artisti: Vladimir Arkhipov, Richard Artschwager, Nina Beier, Will Boone, Mike Bouchet, Chris Burden, Jason Dodge, Aleksandra Domanović, Dan Graham, Loris Gréaud, Michael Heizer, Carsten Höller, Thomas Houseago, Allan McCollum, Takashi Murakami, Albert Oehlen, Claes Oldenburg, Steven Parrino, Giuseppe Penone, Kirsten Pieroth, Ry Rocklen, Nancy Rubins, Arcangelo Sassolino, David Smith, Rudolf Stingel, Robert Therrien, Mungo Thomson, Tatiana Trouvé, Cy Twombly, Rachel Whiteread
GAGOSIAN GALLERY
Via Francesco Crispi 16
06 42086498
[email protected]
www.gagosian.com

MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/50817/prototypology-an-index-of-process-and-mutation/

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Pericle Guaglianone

Pericle Guaglianone

Pericle Guaglianone è nato a Roma negli anni ’70. Da bambino riusciva a riconoscere tutte le automobili dalla forma dei fanali accesi la notte. Gli piacevano tanto anche gli atlanti, li studiava ore e ore. Le bandiere erano un’altra sua…

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