Milano Scultura. Esordio di una nuova fiera

A Milano nasce una fiera tutta dedicata alla scultura. Ma perché non farla durante Miart? Lo abbiamo chiesto al direttore artistico Valerio Dehò. Che mica è contrario, anzi…

Fare una fiera sulla scultura dopo la “scultura nel campo allargato”, per dirla con Rosalind Krauss… insomma, forse non c’è quasi bisogno di specificare. Perché hai scelto un focus del genere? Fra l’altro Milano ha anche MIA, altra fiera specializzata nel medium fotografico – anche in questo caso in senso allargato.
Questa scelta è determinata dalla considerazione che fare l’ennesima fiera generalista era totalmente idiota.  Ce ne sono troppe. O ne aggiungi un’altra di inutile o t’inventi qualcosa di nuovo. La “scultura nel campo allargato” mi sembra un tema serio. Parliamone, per questo ho invitato anche a un talk i colleghi dell’Accademia di Brera. Quando si insegna Scultura, cosa si fa veramente? Cosa si aspettano dei ragazzi di vent’anni?
La fotografia ha già abbastanza manifestazioni che se ne occupano, la pittura balbetta con i nipotini di Bacon o con i cascami della Pop. Per chi è nato negli Anni Settanta è già un esercizio di stile. Meglio starne lontani.

Hai preannunciato che si tratta di una fiera “curata”. Ci dobbiamo aspettare un approccio in stile Art Unlimited? Niente stand ma opere in vendita?
Sì, il tentativo è questo: vogliamo fare una mostra con quello che si è scelto con le gallerie. La fiera con i loculi a pagamento va bene agli altri. Il nostro è un esperimento con poche risorse, ma con molto entusiasmo.

Oki Izumi, Water signal, 2001, vetro ferro, 65x55x173 cm

Oki Izumi, Water signal, 2001, vetro ferro, 65x55x173 cm

Mi ricollego a quanto ti chiedevo prima per un’altra curiosità. Come funzionerà di fatto la mediazione galleristica? Senza stand è difficile organizzare il rapporto fra domanda e offerta.
I galleristi ci sono e presidiano la loro area. Sono pronti a dare spiegazioni, a raccontare, oltre che a dare dei prezzi. Ho molto rispetto per il mercato, perché sostiene tutta l’economia dell’arte, però farne un feticcio e un criterio di qualità è veramente patetico. E lo dico ai miei colleghi critici e direttori di musei.

Che tipo di collezionismo intendi intercettare? Immagino il più ampio possibile, ovviamente, ma se dovessi tracciare un ritratto ideale?
Spero di intercettare un collezionismo di amanti dell’arte e di gente curiosa. Il trend di mercato sta da un’altra parte, vorrei che ci fosse un pubblico che eserciti il diritto ad avere un gusto proprio e non vada a leggere le quotazioni sulle solite riviste. Se vedi qualcosa che ti piace e ti dice qualcosa, comprala e basta. È l’unico modo di fare degli affari. Il collezionista o aspirante tale che prima legge sui giornali che il Gruppo N miracolosamente si vende e poi ti chiama chiedendoti qualche bazza su cui investire, non mi interessa.
L’arte appartiene a chi la desidera e la ama. Non so dare consigli per gli acquisti, altrimenti sarei ricco, e ho sempre lavorato con gli artisti prima della loro entrata nel mercato della speculazione. Ripeto che non mi fanno orrore i soldi, ma un critico d’arte non può fare l’advisor. C’è un’etica oltre l’estetica.

Kubach&Kropp, Stone for the Light, 2014, granito nero di Svezia, 47x47x12,5 cm

Kubach&Kropp, Stone for the Light, 2014, granito nero di Svezia, 47x47x12,5 cm

Allarghiamo il campo anche dell’intervista: non credi che lo scacchiere italiano – che è una porzione in fondo piuttosto ridotta di quello europeo e tanto più di quello globale – sia già più che occupato? Anche solo citando Artefiera, Miart e Artissima… In Gran Bretagna c’è di fatto solo Frieze, in Francia solo FIAC, in Spagna solo Arco e via dicendo.
Hai ragione, in Italia è così perché le gallerie sono in crisi e non ci entra più nessuno. Alla fiere almeno si incontrano gli amici, si prende un caffè, si fanno un po’ di affari. Tu hai citato le tre fiere principali, ma ogni mese ce ne sono un paio di minori da qualche parte. Non so cosa significhi tutto questo. Da noi si vede e si parla di scultura. E si possono perfino comprare dei bei lavori.

Domanda d’obbligo: perché non essere “collaterali” a Miart? I benefici di agganciarsi al traino delle main fair è evidente, e infatti funziona così quasi dappertutto.
Sì, ci abbiamo provato e abbiamo visto che il nostro bacino di utenza restava lo stesso. Si potrebbe fare una collaterale di Miart, Milano è una grande città e la reggerebbe benissimo. Ci vuole forse una struttura più importante della nostra, comunque devi investire in comunicazione, trasporti, collegamenti, magari avere anche una collaborazione pubblica. Se qualcuno ci dà una mano, sapremmo come fare.

Marco Enrico Giacomelli

Milano // dal 13 al 15 novembre
Milano Scultura – Step Art Fair
direzione artistica: Valerio Dehò
FABBRICA DEL VAPORE
Via Procaccini 4
www.stepartfair.com

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Marco Enrico Giacomelli

Marco Enrico Giacomelli

Giornalista professionista e dottore di ricerca in Estetica, ha studiato filosofia alle Università di Torino, Paris 8 e Bologna. Ha collaborato all’"Abécédaire de Michel Foucault" (Mons-Paris 2004) e all’"Abécédaire de Jacques Derrida" (Mons-Paris 2007). Tra le sue pubblicazioni: "Ascendances et…

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