Hangar Bicocca. Gusmão, Paiva e i troppi maestri

Hangar Bicocca, Milano – fino al 26 ottobre 2014. Una mostra accattivante, ma dove la mappa dei riferimenti culturali degli artisti si scopre pian piano avere troppi punti cardinali. Cosicché la bussola dello spettatore pare impazzire.

All’Hangar Bicocca – non c’è che dire – gli allestimenti sono sempre inappuntabili. Il problema, raramente, sono i contenuti. Oggi, nel prestigioso spazio alla periferia di Milano, è in mostra il tandem portoghese, fresco fresco di Palazzo Enciclopedico, composto da João Maria Gusmão e Pedro Paiva (Lisbona, rispettivamente 1979 e 1977). Il lavoro dei due si sviluppa su diversi supporti: in particolare film in pellicola, ma anche fotografie, sculture e installazioni. Accanto stanno i loro libri d’artista, densi di contenuti estetico-filosofici, che vanno letti accanto alle opere, per integrarle.
I film sono di solito racconti brevi, muti, di un paio di minuti circa, in slow motion. Fa eccezione il lunghissimo, almeno per gli standard dei nostri, Papagaio (43 minuti), da cui prende il titolo la mostra a cura di Vicente Todolí. per cui è stato appositamente prodotto.
Leggendo il piccolo pamphlet preparato, al solito, per la mostra, si rimane un po’ frastornati: alla base della formazione creativa dei due stanno insieme i filosofi della physis, Victor Hugo, Henri Bergson, Fernando Pessoa, la patafisica di Alfred Jarry, Martin Heidegger, Eadweard Muybridge, l’archelogia del cinema di Georges Méliès e dei fratelli Lumière, e tanto altro. Il tutto condito da accenti di antropologia sul campo, registrata puntualmente nei video realizzati nell’arcipelago di São Tomé e Príncipe, ex colonia portoghese nel Golfo di Guinea.

Papagaio – veduta della mostra allestita presso Hangar Bicocca, Milano, settembre 2014 – photo Agostino Osio, Courtesy Hangar Bicocca

Papagaio – veduta della mostra allestita presso Hangar Bicocca, Milano, settembre 2014 – photo Agostino Osio, Courtesy Hangar Bicocca

Si vedono quindi pappagalli che dicono “buongiorno”, oggetti che si evolvono in qualche cosa d’altro, uomini strabici che seguono il rimbalzare della pallina durante una partita di ping-pong, i movimenti di un asino che attraversa la strada, scimmie che cercano di prendere patate nell’acqua bollente, uova che sfrigolano sul fuoco, un uomo che mangia i sassi (titolato, beffardamente, Idraulica dei solidi), ma anche camere oscure che ripropongono i vagoni di terza classe di Daumier svuotati del loro contenuto umano. Non manca, infatti, anche un modo un po’ sfrontato, fresco, ironico di trattare la tradizione, non solo artistica; eppure, da tutto questo pot-pourri d’idee, concetti, letture, riferimenti antichi, emergono, sì, raffinatissimi esercizi estetici, che però sembrano urlare la propria vacuità di contenuti.
Al di là dell’immagine accostante, intrigante, ben congegnata, molto incline alle mode del momento, il grande pregio di questi lavori è che esprimono il radicale disorientamento culturale di un’epoca, che proprio nell’usare troppe stelle polari, ma sempre in senso vago e superficiale, non riesce a centrare un obiettivo comunicativo serio e profondo.

Giulio Dalvit

Milano // fino al 26 ottobre 2014
João Maria Gusmão e Pedro Paiva – Papagaio
a cura di  Vicente Todolí
HANGAR BICOCCA
Via Chiese 2
02 66111573
[email protected]
www.hangarbicocca.org

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Giulio Dalvit

Giulio Dalvit

Nato nel 1991 a Milano, ha studiato Lettere e si è laureato in Storia dell’arte moderna alla Statale di Milano. Ha collaborato anche con alcuni artisti alla realizzazione di mostre milanesi tra Palazzo Reale, il Museo del 900 e Palazzo…

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