Capitali (della cultura) si nasce o si diventa? Il caso Graz

Ma chi ha detto che diventare capitali europee della cultura frutti un’immensa fortuna? Per tentare di esserlo – o di apparirlo – molte nostre città si son buttate nella mischia. Guarda caso, a giudicare dalle proposte, il “genius loci” tace. A chi la livrea del 2019? Sotto a chi tocca, ma non c’è da farsi illusioni: finita la festa rimane la città nuda con le sue reali risorse umane e materiali. Il caso di Graz, Capitale Europea della Cultura 2003.

Spostandoci oltralpe, la cronaca di questi giorni vuole che una Kunsthaus di notevole visibilità sia al centro di un lacerante conflitto di obiettivi tra gestione artistica e amministrazione comunale della sua città; una città che nel 2003 è stata, con pieno merito, Capitale Europea della Cultura. Parliamo di Graz, agiata città austriaca capoluogo della Stiria.
Se il conflitto è emerso solo ora, originato da un’intervista rilasciata dal sindaco Siegfrid Nagl al quotidiano Kleine Zeitung, la divergenza covava certamente da parecchio. In breve, il conflitto vede contrapposte da una parte la sfera artistica, soggetta alla sola direzione curatoriale, che mira alla qualità degli eventi; dall’altra la sfera politica comunale, che protesta per il basso numero di visitatori. In effetti a finanziare l’istituzione sono, per statuto, il Comune e la Regione Stiria, che ora vorrebbero riformulare le competenze amministrative per sottrarre potere alla direzione artistica e imporre strategie più “popolari”, per così dire. La qualità della cultura, contro la concezione strettamente utilitaristica della politica. Da che parte stare? Il fatto è che la città sembra aver esaurito l’enfasi emotiva che uniformava lo spirito della collettività dai tempi della roboante investitura di oltre dieci anni fa.

Peter Pakesch – foto Nikolas Lackner

Peter Pakesch – foto Nikolas Lackner

Fortunatamente Graz non è una città qualsiasi: storicamente possiede l’arte del fare e del saper stare al passo con i tempi; moderna con strutture efficienti a ogni livello; un bellissimo centro storico barocco grazie ai numerosi architetti, artisti e maestranze arrivati appositamente dall’Italia tra Seicento e Settecento. Sotto sotto, lì dispiace che l’onda degli odierni viaggiatori italiani la ignori; pazienza. Semmai dall’Italia vi arrivano gli studenti, consapevoli dell’alto livello formativo delle istituzioni accademiche che vi hanno sede. Sei università, 40mila studenti in un clima internazionale per una città che conta 270mila residenti. Solo 15mila posti a sedere, invece, nello stadio comunale dove è di casa lo Sturm Graz, squadra di serie A.
Ancor prima di essere stata Capitale Europea della Cultura, la città è entrata nell’elenco Unesco come Patrimonio dell’Umanità. Va da sé che capitale della cultura, Graz lo era già di suo; la nomina ufficiale fu solo un graditissimo riconoscimento. Una città di nicchia, insomma, con la caratteristica di essere geograficamente decentrata per ciò che concerne le principali rotte terrestri e aeree: un vero punto debole, beninteso.
Per l’assegnazione del titolo di Capitale Europea 2003 le giovò molto, oltre ai tanti pregi, la realizzazione della Kunsthaus di cui dicevamo, fortemente desiderata e inaugurata proprio per l’occasione. Ne divenne il simbolo e l’epicentro. Urbanisticamente, l’edificio è un organismo alieno; principalmente, un gigantesco guscio in prevalenza autoportante con forma sinuosa e irregolare, scuro e lucido, la cui epidermide consta di oltre un migliaio di lastre variamente curve in plexiglas, inglobando anche un enorme e specialissimo display sul fronte principale. La realizzazione – basta un colpo d’occhio per capire – si rivelò un vero rompicapo sperimentale per l’impresa costruttrice. All’inaugurazione, che coincise con i festeggiamenti per il titolo acquisito, non mancò un pubblico internazionale; aderirono tanti politici, un larghissimo numero di giornalisti e una fetta del gotha mondiale della cultura architettonica e artistica. Il tutto, più che sufficiente a reprimere qualche dubbio.

Kunsthaus Graz (dettaglio) – foto Universalmuseum Joanneum/Nicolas Lackner

Kunsthaus Graz (dettaglio) – foto Universalmuseum Joanneum/Nicolas Lackner

Gli applausi maggiori andarono ai progettisti della nuova Kunsthaus, Peter Cook e Colin Fournier, esponenti – il primo, addirittura il caposcuola – della formazione londinese Archigram di ispirazione utopica e futuristica, ma ormai quasi dimenticata, giacché la sua comparsa risaliva ai primi Anni Sessanta del secolo scorso, e i cui veri intenti progettuali avevano vita a sé, non contemplando la realizzazione. Il capoluogo della Stiria, invece, aveva optato proprio per una reale sperimentazione dell’utopia Archigram. Operazione coraggiosa e costosa, alternativa all’ondata dello star system architettonico degli anni a cavallo dei due secoli, pur di esibire soluzioni estetiche e tecnologiche avanzate e distinguersi come paradigma di Capitale Europea della Cultura. Tutto sommato, la città si poneva in linea con la sua tradizione, storicamente portata a cogliere in ogni epoca le tendenze più attuali, innestandole nel proprio tessuto.
Qual è, ora, il bilancio decennale della Kunsthaus Graz? Eccoci tornati alle premesse della contesa. Peter Pakesch, il direttore artistico, è un raffinato conoscitore dell’arte e del suo mondo, e la Kunsthaus è, artisticamente parlando, la sua creatura plasmata nel corso degli anni. Ha un team adeguato di collaboratori, produce programmi articolati, mostre di indubbio interesse e di richiamo anche internazionale, che piacciono soprattutto a un pubblico preparato all’arte contemporanea. Tutto questo nonostante un budget modesto. Proprio così, perché è l’edificio a divorare una buona parte delle risorse finanziarie dal momento che, per sua natura, il criterio progettuale, mirante unicamente alla eccezionalità della forma, confligge con i principi del risparmio energetico e richiede alti costi di manutenzione, talvolta anche imprevedibili, impegnando anche un sovrappiù di personale.
Ma non è tutto. Il pubblico è andato progressivamente calando e il resoconto dell’intero 2013 parla di soli 63mila visitatori. “Colpa di una programmazione sbagliata, troppo elitaria”, dice il sindaco di Graz, “e poi sono sempre i soliti a venire”. Il succo è quello di rimescolare le competenze amministrative che, contrariamente a quelle vigenti, permetterebbero al Comune di imporre la sua visione. Insomma, Siegfrid Nagl fa capire a chiare lettere che un’istituzione pubblica deve aprirsi e adeguarsi a tutta la comunità locale. Eventualmente, lui vorrebbe avere più mostre con artisti di grande notorietà e richiamo, come è stata quella di Andy Warhol. Ma qui l’obiezione del direttore Pakesch è puntualissima nel ricordare che quella mostra è costata tanto! È costata ed è piaciuta in virtù della sua eccezionalità, dell’importanza delle opere che si son potute esporre. E che tutto questo è stato il frutto privilegiato del credito culturale e del prestigio di cui gode la Kunsthaus Graz presso i maggiori musei e tra i grandi collezionisti sparsi per il mondo.

Franco Veremondi

www.kunsthausgraz.at

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Franco Veremondi

Franco Veremondi

Nato a Perugia, residente a Roma; da alcuni anni vive prevalentemente a Vienna. Ha studiato giurisprudenza, quindi filosofia con indirizzo estetico e ha poi conseguito un perfezionamento in Teoretica (filosofia del tempo) presso l’Università Roma Tre. È giornalista pubblicista dal…

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