Largo al Liberty a Forlì, l’arte nuova di cent’anni fa

Musei di San Domenico, Forlì - fino al 5 giugno 2014. Sirene e fate, donne serpente e ninfe danzanti; e poi l'eleganza della linea, la rivisitazione della natura e i sogni, in tutte le loro sfaccettate versioni. A Forlì si alza il sipario sul Liberty italiano, in una mostra che ricostruisce la Belle époque, dai dipinti alle ceramiche, dalle sculture ai merletti.

Cominciamo da una scoperta: Domenico Baccarini. Nato a Faenza nel 1882 e formatosi come ceramista alla Scuola di Arti e Mestieri, raggruppò intorno a sé, nella sua breve esistenza, un cenacolo di artisti e intellettuali che aderirono a quella che veniva definita “Arte Nuova”. Padroneggiò molte tecniche, fu genio eclettico e disegnatore raffinatissimo, come dimostrano ceramiche, dipinti e disegni esposti nelle sale dei Musei San Domenico. Chissà cosa gli avrebbe riservato la sorte, se non fosse scomparso a soli 24 anni.
Ma la mostra di Forlì, Liberty. Uno stile per l’Italia moderna, è  anche molto altro e si innesta su una programmazione pluriennale – questa è la nona grande esposizione – tesa a indagare un periodo storico difficile, quello dei primi decenni del Novecento. Una panoramica che sa ricostruire ogni aspetto della produzione artistica italiana dal 1890 circa al 1914, anche se già nel 1911, durante l’Esposizione Internazionale di Roma, alcuni segnali preannunciarono il superamento del Liberty in favore del ritorno al rassicurante alveo di una tradizione rinnovata. Poi affondò il Titanic e scoppiò la Grande Guerra, e il mondo fu costretto a dimenticare l’eleganza leggera delle forme sinuose, il profumo dei fiori e le nudità sensuali.

Liberty. Uno stile per l’Italia moderna - veduta della mostra presso i Musei di San Domenico, Forlì 2014 - photo Marta Santacatterina

Liberty. Uno stile per l’Italia moderna – veduta della mostra presso i Musei di San Domenico, Forlì 2014 – photo Marta Santacatterina

I due poli stilistici dell’Arte Nuova italiana che segnano rispettivamente l’inizio e la fine del percorso museale sono Botticelli e Michelangelo: impossibile prescindere dal Rinascimento, questo è un assunto fondamentale per i curatori. Il primo, già modello per i preraffaelliti, prefigura il simbolismo e offre lo spunto per un decorativismo legato agli elementi floreali e che allunga i corpi delle donne e li avvolge di un’eleganza fatta propria da Previati tanto quanto da Beardsley, da Bistolfi, Andreotti e da tutti coloro che rifiutarono l’accademismo e il positivismo. A Michelangelo si tornò nell’ultima fase del Liberty, in particolare con le opere di Giulio Aristide Sartorio. Furono anni straordinari, anni in cui la borghesia ebbe la possibilità di accedere all’arte, la cui produzione cominciò ad assumere carattere di massa e gli oggetti vennero fatti in serie (oggi si chiama design), per abbellire le dimore ed estetizzare il quotidiano.
Ma il Liberty non fu solo pittura e scultura: lo stile – quasi una visione del mondo – si fondò sul concetto di progettazione globale, di unità inscindibile tra architettura e decorazione, e comprendere le “arti maggiori” è quindi impossibile senza affiancarle alle “arti minori”; entrambe utilizzano lo stesso linguaggio. Allora la ricostruzione di interi ambienti, con i loro mobili, i vasi, gli abiti acquistano un senso pregnante in un percorso che comprende anche i disegni di architettura (D’Aronco, Arata, Sant’Elia su tutti), i manifesti dei cartellonisti, che scoprirono il potere immenso della pubblicità, le riviste europee d’avanguardia come “Ver Sacrum” e i libri illustrati di D’Annunzio e di Gozzano.

Giulio Aristide Sartorio, La Sirena, 893, olio su tela applicata su tavola. Torino, GAM - Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea

Giulio Aristide Sartorio, La Sirena, 893, olio su tela applicata su tavola. Torino, GAM – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea

L’allestimento, curatissimo (unico neo alcuni grandi dipinti illuminati male), scorre su due binari: se al pian terreno è forte il rimando alle esposizioni internazionali che scandirono le fasi del Liberty, in una sequenza che alterna tutti gli aspetti di uno stile fatto per il piacere del vivere, al piano superiore sono collocati su sfondo blu oceano i dipinti, le sculture in marmo, le teche contenenti le ceramiche, quelle di Galileo Chini e della Richard-Ginori.
Tanta bellezza, certo, ma in prospettiva storica, per non dimenticare quello che fu, tout court, il periodo in cui nacque la modernità.

Marta Santacatterina

Forlì // fino al 15 giugno 2014
Liberty. Uno stile per l’Italia moderna
a cura di Maria Flora Giubilei, Fernando Mazzocca, Alessandra Tiddia
MUSEI DI SAN DOMENICO
Piazza Guido da Montefeltro 12
199 151134
[email protected]
www.mostraliberty.it

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Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

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