Doris Salcedo, la terra e i tavoli

Denuncia la violenza inutile e gratuita che accomuna ogni parte del mondo, l’artista colombiana. Fino al 24 giugno al Maxxi di Roma, in un’installazione che evoca la morte, ma parla anche di vita e speranza di rinascita.

“L’opera della Salcedo evoca sensazioni profonde. Doris riesce a rappresentare non solo il dramma che si consuma nella sua terra, ma lo trasforma in un dramma universale”. Con queste empatiche parole, Pio Baldi – ormai ex presidente della Fondazione Maxxi dopo il pasticciaccio orchestrato dal Ministero – ha accolto Plegaria muda, la muta preghiera di Doris Salcedo (Bogotà, 1958; vive a New York).
Artista sensibile al sociale, è da sempre orientata verso scelte artistiche difficili o perlomeno insolite: squarciare il pavimento della Tate a Londra o riempire con 1.500 sedie il vuoto lasciato dalla distruzione di un edificio a Istanbul. La mostra al Maxxi, curata da Monia Trombetta e Isabel Carlos è parte di un progetto itinerante commissionato dalla Cam Fundacao Calouste Gulbenkian di Lisbona e dal Museet di Malmö.

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Doris Salcedo - Plegaria muda - veduta della mostra presso il Maxxi, Roma 2012

Concepita un’unica scultura modulare, si dipana lungo la Galleria 2, instaurando con l’ambiente un rapporto intensamente dialogico e di forte potere comunicativo. Costituita da 120 coppie di tavoli sovrapposti, con zolle di terra bruna nel mezzo, l’installazione rammenta un luogo di sepoltura collettiva. Anche l’odore (terra umida, legno, piante decomposte) concorre a creare la suggestione. Tombe anonime che, nell’incalzante susseguirsi, riaffermano il valore d’ogni singola vita e restituiscono l’identità a chi non ha voce e vive e muore nel disagio, senza lasciare traccia. L’artista invita a condividere, nella metafora di un banchetto funebre appena consumato, l’assunzione simbolica dell’assente al fine di reiterarne la presenza. Camminamenti saturi di quieta mestizia si alternano ad altri, opprimenti, labirintici.
La Salcedo con il suo lavoro denuncia le esistenze ai margini nei ghetti di Los Angeles, come l’orrore dimenticato di certe stragi a opera dell’esercito colombiano. “La ‘morte sociale’ o ‘morte della vita’ che ho potuto vedere nei sobborghi americani mi ha mostrato che, nonostante la diversità del luogo, la situazione non era diversa da quanto vissuto dai giovani delle aree depresse delle città colombiane”, racconta l’artista.

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Doris Salcedo - Plegaria muda - veduta della mostra presso il Maxxi, Roma 2012

Realizzata e proposta quale percorso d’elaborazione di un lutto, l’opera racchiude in sé anche un germe di risurrezione auguriamoci di buon auspicio, in questo periodo, per il Maxxi. In quegli esili fili d’erba che, nonostante le condizioni avverse, sbucano attraverso le assi di legno dei tavolini, “poiché la vita riesce sempre a riemergere e a forare il muro dell’indifferenza”, chiosava Pio Baldi, all’epoca dell’opening presidente di un museo oggi commissariato.

Lori Adragna

Roma // fino al 24 giugno 2012
Doris Salcedo – Plegaria muda
a cura di Monia Trombetta e Isabel Carlos
MAXXI
Via Guido Reni 4a
06 39967350
[email protected]
www.fondazionemaxxi.it

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Lori Adragna

Lori Adragna

Lori Adragna nata a Palermo, vive e lavora a Roma. Storico dell’arte con perfezionamento in simbologia (Arte e simboli nella psicologia junghiana). Critico e curatore indipendente, dal 1996 organizza mostre ed eventi culturali per spazi privati e pubblici tra cui:…

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