E tu sei di Langhe o di Roero?

In Piemonte, tra Cuneo e Asti, tra vini, nocciole gentili e trifole, si adagiano le Langhe e il Roero, oggi meta di un turismo colto, goloso e di qualità. Attraversiamo questi territori guidati dalle parole degli scrittori che seppero raccontarli. I nomi? Li sapete benissimo: Beppe Fenoglio, Cesare Pavese e Giovanni Arpino. Senza, naturalmente, dimenticarci dell'arte.

A ogni svolta m’aspettavo di veder Alba distesa sotto i miei occhi come una carta tutta colorata. A San Benedetto si parlava sempre d’Alba quando si voleva parlare di città, e chi non n’aveva mai viste e voleva figurarsene una cercava di figurarsi Alba. Bene, stavolta l’avrei vista e ci avrei camminato dentro, e quella fosse pur stata la prima volta e l’ultima volta, io avrei poi sempre potuto entrare in ogni discorso su Alba e mai più provare invidia per chi l’aveva vista e si dava delle arie a discorrerne. […] Mi stampai nella testa i campanili e le torri e lo spesso delle case, e poi il ponte e il fiume, la più gran acqua che io abbia mai vista, ma così distante nella piana che potevo soltanto immaginarmi il rumore delle sue correnti”. Comincia da Beppe Fenoglio e dal suo La Malora la nostra passeggiata nelle Langhe. Lì lo scrittore, tra gli autori più coinvolgenti della letteratura italiana sulla Resistenza – da Il Partigiano Jonnhy a Una questione privata – ebbe i suoi natali e ambientò le sue struggenti narrazioni. Lì, oggi, si colloca una parte del Parco Letterario, un percorso virtuale, a zigzag, nel Piemonte dei poeti, dedicato non solo a lui, ma anche a tutti quegli autori che toccarono, raccontarono, descrissero questa terra di battaglie e povertà (in passato), nell’ultimo ventennio riscoperta da un turismo per intenditori.
Si parte da Bra, provincia di Cuneo e capitale ufficiale del Roero (siamo sulla sinistra idrografica del fiume Tanaro, che costituisce il confine con le Langhe), e dai suoi caffè in via Cavour, fotografati dalle parole di Giovanni Arpino, di mamma braidese, nelle pagine di Regina di Cuori, Storie dell’Italia minore, Gli anni del giudizio. Si visitano i suoi palazzi e le sue chiese in stile gotico e barocco, primo fra tutti “la Zizzola”, situata sul Monte Guglielmo, apice e simbolo della città. E se morite per i latticini, cercate di non perdervi Cheese, dal 16 al 19 settembre, appuntamento fieristico biennale dedicato agli appassionati del formaggio, promosso da Slow Food (che qui peraltro ha sede ed è nata). Accompagnandosi magari con un Arneis o un Barbera Superiore.
A meno di 20 km si situa Alba, patria non solo degli ormai famosissimi vini – dal Dolcetto al Barolo –, delle trifole, vera e propria fortuna della città, e del marchio Eataly ormai multinazionale, ma anche di grandi nomi del mondo dell’arte.

BOX 1 Enrico Crippa E tu sei di Langhe o di Roero?

Enrico Crippa, lo chef del ristorante albese Piazza Duomo

Qui, infatti, nasce e muore tra il 1902 e il 1964 Pinot Gallizio. Qui si trovava il suo studio, un luogo sacro, quasi mitologico, nel quale l’artista, tra Situazionismo e Informale, inventava e produceva la sua “pittura industriale”, facendo scorrere fiumi di pittura a olio e resina su enormi tele, da 12 a 14 metri. Qui forse progetta la sua arcinota Caverna dell’Antimateria, versione “ambientale” di quest’arte che dialogava con il Lettrismo e con figure come Guy Debord e Asger Jorn, presentata per la prima volta a Parigi nel ’59. Malgrado il legame fortissimo fra l’artista e la sua città, l’Archivio che ne promuove e ne tutela il nome si è trasferito a Torino, negli spazi della Galleria Martano. Sempre di Alba è lo storico dell’arte Roberto Longhi, che tuttavia trascorre qui solo gli anni giovanili e della prima formazione. Non mancano oggi però presenze “contemporanee” quali la Fondazione Ferrero, con una mission ampia, che si divide tra iniziative legate al sociale e attività culturali, da mostre (nel 2012 sarà protagonista Carlo Carrà) a convegni, fino a studi, concorsi e ricerche.
A soli 15 minuti di auto, nella provincia di Cuneo, si trova invece Guarene, delizioso comune di meno di 4mila anime. Sufficienti pochi passi per ritrovarsi di fronte al Palazzo Re Rebaudengo, sede meno nota (rispetto a quella torinese) dell’omonima Fondazione Sandretto. È sicuramente questo il cuore “contemporaneo” delle Langhe. Nella struttura settecentesca, riallestita per permettere un dialogo tra passato e presente e fronteggiare le esigenze delle iniziative che vi si svolgono, si tengono mostre, ma anche le attività del dipartimento di didattica dell’arte. Dal 2006, inoltre, è la sede delle residenze quadrimestrali che la Fondazione offre a giovani curatori internazionali, oggi alla loro quinta edizione.

img 471 E tu sei di Langhe o di Roero?

Le colline a cavallo del Tanaro

Occorre percorrere 24 chilometri e guidare ancora una mezz’oretta per raggiungere i margini delle Langhe ed immergersi così, a Santo Stefano Belbo, nelle atmosfere descritte da Cesare Pavese nei suoi Racconti e ne La luna e i falò. Pavese, che qui ha i suoi natali, ne percepisce fin da subito quell’aria di frontiera, la descrive come il luogo in cui tornare, ma anche come la metropoli delle Langhe. Anche se di metropolitano ha veramente poco questo paese di poco più di 4mila abitanti, terra del Moscato e sede del Centro Studi dedicato all’autore, dove si collocano la Biblioteca e il Museo e si tengono mostre, convegni ed iniziative. Non mancate di farvi mostrare gli affascinanti 21 disegni preparatori alle tele (conservate alla Fondazione Corrente di Milano) del ciclo La luna e i falò, realizzati da Ernesto Treccani nel ’62 e custoditi nella sala convegni. Da Santo Stefano si dipanano gli altri itinerari pavesiani come la collina del Salto, che conduce alla Palazzina del Nido, la collina dei mari del sud, che si snoda dal ponte sul Belbo fino al Santuario della Madonna della Neve, fino alla collina della Gaminella, un versante”, scrive Pavese, “lungo e ininterrotto di vigne e di rive, un pendio così insensibile che alzando la testa non se ne vede la cima – e in cima, chi sa dove, ci sono altre vigne, altri boschi, altri sentieri – era come scorticata dall’inverno, mostrava il nudo della terra e dei tronchi. La vedevo bene, nella luce asciutta, digradare gigantesca verso Canelli dove la nostra valle finisce”. E dove termina, infine, anche la nostra passeggiata nel cuore di questo territorio.

Santa Nastro

www.langheroero.it
www.fsrr.org
www.fondazionecesarepavese.it
www.parcoletterario.it

Artricolo pubblicato su Artribune Magazine #3

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Santa Nastro

Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

Scopri di più