Italiani in trasferta. Da Napoli a Zagabria le installazioni video all’aperto di dieci artisti coinvolti in Q.I. Quartiere Intelligente

La facciata multimediale dell’MSU di Zagabria si anima con le opere di video-arte protagoniste del programma di proiezioni per lo scalone monumentale del rione Montesanto

Avventura in trasferta per il programma d’arte contemporanea che dal 2013 ha acceso insieme ai suoi proiettori anche la fiammella di una speranza diventata, progressivamente, fortunata realtà: quella di Q.I. Quartiere Intelligente, cartello di iniziative studiato per rianimare il rione Montesanto di Napoli, tra il Vomero e i Quartieri Spagnoli, area un tempo elegante finita per scivolare nell’incuria. Delle diverse iniziative messe in campo per invertire la rotta, tra l’attivazione di orti urbani e altri momenti di condivisione di pratiche relazionali con i residenti, è il cartellone di video d’artista proposto sul grande muro che accompagna lo scalone monumentale che attraversa il quartiere a tornare d’attualità. Facendo armi e bagagli per trasferirsi dal 21 settembre al 12 ottobre in Croazia.

UNA FACCIATA MULTIMEDIALE
La selezione dei lavori, operata da Adriana Rispoli seguendo il filo di una comune ricerca nel senso del rapporto tra uomo e natura, trova casa all’MSU di Zagabria: la parete nord del museo disegnato nel 2003 da Ivan Franić, su cui si apre un ampio spazio destinato alle mostre en plein air, è infatti una vera e propria media facade dotata di tre schermi che coprono complessivamente 400 mq (cento metri lineari) usati per proiettare immagini all’esterno, ribaltando l’immagine canonica del museo come spazio inclusivo, qui trasformato in ambiente centrifugo. Una condizione espositiva inedita per gli artisti coinvolti, sfida al tempo stesso difficile e intrigante: “La presenza dei tre schermi” spiega Rispoli “ha indotto gli artisti, almeno alcuni, a ripensare alla coordinate classiche di spazio-tempo dei lavori generando interessanti risultati.

LE OPERE ESPOSTE
Ad alternarsi sulle pareti del MSU sono allora i serpenti di Luca Trevisani (Physical examination, 2014) e la mantide religiosa dei Masbedo (Todestribe, 2014); ma anche la stretta di mano dell’uomo con il suo più vicino parente, lo scimpanzé, nel recentissimo Circling Time di Diego Cibelli e Lilli Messina. Arrivando poi ai lavori di Bianco-Valente, Giovanni Giaretta, Dacia Manto, Raffaella Mariniello, Luana Perilli, 3Moio&Sivelli e Filippo Berta, che inquieta e disarma con il suo Homo Homini Lupus, ripresa di un terzetto di lupi che si contende una bandiera italiana, di fatto facendola a brandelli. Proprio a Berta chiediamo se un progetto così fortemente connotato, nato per un contesto e con una funzione specifica, non rischi di soffrire se replicato altrove: “direi il contrario” risponde, “un lavoro si rinnova in funzione del contesto sociale in cui è inserito, come se la stessa formula generasse risultati differenti. In questo che potrebbe sembrare un errore, sta invece la forza di un lavoro di ricerca e quindi aperto. Di conseguenza l’autorità dell’autore svanisce. In questo modo, un lavoro può restituire qualcosa di diverso in funzione della natura della collettività.”

– Francesco Sala

21 settembre – 12 ottobre 2016
Q.I. Vedo | Tu vidim | Here I See
Italian artists about sustainability
MSU
Avenija Dubrovnik 17 – Zagabria
www.msu.hr

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Francesco Sala

Francesco Sala

Francesco Sala è nato un mesetto dopo la vittoria dei mondiali. Quelli fichi contro la Germania: non quelli ai rigori contro la Francia. Lo ha fatto (nascere) a Voghera, il che lo rende compaesano di Alberto Arbasino, del papà di…

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