Tanta Italia alla (Off) Biennale del Cairo. Ecco le immagini dall’Egitto: e le curatrici Valentina Gioia Levy ed Elena Giulia Abbiatici ci raccontano come è andata…

“Nell’intenzione del main curator Simon Njami, Something Else doveva rappresentare un’alternativa alla biennale istituzionale, qualcosa di diverso appunto, ma nel frattempo si è ritrovata ad essere l’unica proposta”. Di che si parla? Di Something Else – Off Biennale Cairo, iniziativa nata “dalla volontà di supportare la scena artistica egiziana e la presenza di artisti internazionali […]

Nell’intenzione del main curator Simon Njami, Something Else doveva rappresentare un’alternativa alla biennale istituzionale, qualcosa di diverso appunto, ma nel frattempo si è ritrovata ad essere l’unica proposta”. Di che si parla? Di Something Else – Off Biennale Cairo, iniziativa nata “dalla volontà di supportare la scena artistica egiziana e la presenza di artisti internazionali al Cairo. Sotto la direzione di Simon Njami sono stati selezionati sette curatori che partecipano alla manifestazione apportando propri contributi e proposte”. E le parole qui sopra sono di Valentina Gioia Levy, una dei sette curatori invitati, che racconta l’esperienza ad Artribune.

ARTISTI NATI DURANTE GLI ANNI DI PIOMBO
L’iniziativa si è svolta all’insegna di un clima di partecipazione e scambio libero dalla rigidità istituzionale, che ha visto coinvolti un centinaio di artisti tra cui molti sono italiani. Invitata dall’associazione Darb1718, ho pensato di portare uno show con artisti italiani che spesso sono poco rappresentanti in questo genere di manifestazioni internazionali”. Liquid Lead Generation – la mostra che ha allestito negli spazi del centro culturale Darb1718 del Cairo – presenta i lavori di quattro artisti italiani nati negli anni’70: Adalberto Abbate, Paolo Cirio, Ludovica Gioscia, e poi Carlo Zanni con una nuova versione dell’installazione web The Fifth Day. “Mi piaceva“, puntualizza la curatrice, “l’idea di riflettere sul momento attuale insieme ad artisti nati come me durante gli anni di piombo, che presentano punti di connessione molto forti con l’epoca attuale“.

UN NUOVO CONTRATTO SOCIALE AI TEMPI DEL SOCIAL NETWORK
Stesso palinsesto espositivo – Something Else -, ma altro spazio, e altra curatrice italiana, Elena Giulia Abbiatici, che nel progetto A new social contract coinvolge oltre venti creativi, anche qui coinvolgendo diversi connazionali: da Marco Cadioli a Michelangelo Consani, Ra di Martino, Chiara Passa, Mariagrazia Pontorno, Zimmerfrei. “Come location gli spazi dello storico Cinema Radio del Cairo”, raconta lei ad Artribune, “aperto negli anni trenta e poi a lungo abbandonato, fino a qualche anno fa. Uno spazio pieno di memoria, a Downtown, che era fino agli anni 50 il quartiere ricco del Cairo e ora si è invece molto impoverito. Un edificio abbandonato che era la testimonianza di un cambio sociale ed economico”. Il concept del suo progetto? “È l’idea di immaginare un nuovo contratto sociale ai tempi del social network. Dove sociale non è più società, ma sistema di comunicazione, sovrapposizione di diversi linguaggi e codici, nuove geografie e nuovi sistemi di potere. Lo scambio, il riflesso, la conversazione, il ribaltamento, come la legge traduce i bisogni degli individui e non viceversa, una nuova idea di pensiero critico”. Il tutto resta visibile fino al 28 dicembre: noi intanto vi facciamo dare un’occhiata con la fotogallery…

www.darb1718.com

 

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Massimo Mattioli

Massimo Mattioli

É nato a Todi (Pg). Laureato in Storia dell'Arte Contemporanea all’Università di Perugia, fra il 1993 e il 1994 ha lavorato a Torino come redattore de “Il Giornale dell'Arte”. Nel 2005 ha pubblicato per Silvia Editrice il libro “Rigando dritto.…

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