Quel nuovo logo per Catania. La rete e gli esperti bocciano l’immagine voluta dal Sindaco Bianco. Gestuale e giovanile? Macché. Semplicemente brutta

La storia ricorda un po’ quella che vide protagonista Roma, quando, nel corso del 2012, la giunta Alemanno aveva presentato al mondo il nuovo logo ufficiale della Capitale. Una lupa stilizzata appollaiata su un capitello, tracciata con quattro linee rapide. Bocciatura universale feroce, a partire da Artribune. Stessa sorte – e persino stesso stile grafico […]

La storia ricorda un po’ quella che vide protagonista Roma, quando, nel corso del 2012, la giunta Alemanno aveva presentato al mondo il nuovo logo ufficiale della Capitale. Una lupa stilizzata appollaiata su un capitello, tracciata con quattro linee rapide. Bocciatura universale feroce, a partire da Artribune.
Stessa sorte – e persino stesso stile grafico – tocca oggi a Catania. Appena presentato a Palazzo degli Elefanti, con tanto di suspense e cerimonia ufficiale, il logo fiammante è una creazione del grafico Milko Vallone ed è destinato a promuovere l’immagine della città oltreconfine. Ed è proprio lui, l’autore, a raccontarlo con pochi aggettivi: pittorico, semplice, gestuale.

In breve, trattasi di poche linee stilizzate, con una scritta “Catania” in stampatello maiuscolo (font indefinibile, piuttosto dozzinale), sormontata da una A azzurra che evoca il profilo fumante del vulcano. Il cliché etneo, usato ed abusato (non si contano i loghi di hotel, agenzie turistiche ed eventi locali con la stessa trovata), ha colpito ancora. Ma perché la A? Perché ricorda “la A di Agata, Santa Patrona della città, la A di Atena, dea greca fondatrice, e la A del dittongo Aetna”, ha spiegato Vallone. Insomma, accostamenti mitologici non troppo immediati, ma non è questo il punto. Il punto è che il logo non funziona. E che tutto il web lo sta impietosamente deridendo. Non a torto.
Secondo Salvo Scibilia, docente di Sociologia all’Università di Catania, il marchio risulta semplicemente “squallido”. Una cosa tirata via, in effetti, che prova a definirsi come mix di minalismo e freschezza pittorica, ma che resta pretestuosa, banalotta, tecnicamente sbagliata perché poco plastica e incisiva. Oltre che esteticamente brutta. Efficacia del rapporto forma-contenuto? Pressoché nulla.

Intanto la rete si sbizzarrisce con gli scherni: da “A come Afinitilaaaa!!!”, “A come Avanguardia!!”, “Un misto fra INC. COOL.8 e Fuffas!” (citando Crozza), fino alla pagina Facebook satirica “A come Catania” o alla GIF animata in reverse, con sindaco e designer che coprono la creatura, anziché svelarla. E la domanda insistente è una: ma quanto diamine avranno speso? Risposta rincuorante: zero. Il logo è stato fatto pro bono, secondo le logiche buoniste della solidarietà popolare e della spending review. Bene? No, malissimo. Perché i progetti seri, articolati, geniali, si pagano. Con la logica del “gratis” ci si accontenta e basta. Una colata d‘approssimazione ci seppellirà.

– Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, giornalista, editorialista culturale e curatrice. Ha innsegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a…

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