Il ritorno di Giancarlo Galan. L’ex Ministro dei Beni Culturali pronto a rientrare alla Camera il 15 luglio, alla scadenza degli arresti domiciliari per il caso Mose

La vicenda varcherebbe di molto i confini del credibile, se non fossimo nell’Italia delle caste, dei privilegi medievali, di un’amministrazione della giustizia a confronto della quale quella della Corea del Nord è un esempio di efficienza. Tutte cose che nessun Renzi, a dispetto della continuamente urlata vis rottamatoria, si sogna minimamente di scalfire. Ricordiamo i […]

La vicenda varcherebbe di molto i confini del credibile, se non fossimo nell’Italia delle caste, dei privilegi medievali, di un’amministrazione della giustizia a confronto della quale quella della Corea del Nord è un esempio di efficienza. Tutte cose che nessun Renzi, a dispetto della continuamente urlata vis rottamatoria, si sogna minimamente di scalfire. Ricordiamo i termini generali, per come li presentava Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera: un deputato che patteggia – di conseguenza rinunciando a difendersi dalle responsabilità attribuitegli – quasi tre anni di carcere e una confisca di 2,6 milioni di euro, ma che malgrado la condanna ottiene di scontare i dorati arresti domiciliari a sua scelta nella sua villa del Trecento di 1.700 metri quadrati; e per di più continua a percepire migliaia di euro di stipendio; e per di più mantiene la presidenza della Commissione Cultura della Camera, perché la legge glielo consente, nonostante non possa – causa arresti – partecipare da un anno a una sola riunione.
Non ci credete? Pensate al ministro tedesco che si è dimesso perché sospettato di aver scopiazzato qualche passaggio della sua tesi di laurea? E invece è tutto drammaticamente vero. Il protagonista è l’ex governatore del Veneto ed ex Ministro dei Beni Culturali Giancarlo Galan, inquisito in seguito alle indagini relative allo scandalo del caso Mose a Venezia. Il quale – è bene ribadirlo – tiene questi comportamenti nella più assoluta legalità, ha avuto uno sconto di pena per il patteggiamento ma nessuno ha pensato di applicare uno sconto anche alle sue assai laute prebende; occupa solo nominalmente una carica istituzionale e rappresentativa, ma nessuno pensa a una legge o regolamento che impedisca un tale abominio, del quale speriamo che nessun governo straniero abbia avuto contezza. Ora, la novità è che l’abominio avrà termine: perché alla scadenza dei domiciliari, il 15 luglio, Galan se ne tornerà bello bello in Parlamento. “È una valutazione di opportunità politica ma è in linea con le leggi, io ho contestato la sua scelta di restare presidente di Commissione durante gli arresti domiciliari”, dichiara a Il Fatto Quotidiano il compagno di partito, Forza Italia, Ignazio Abrignani, “le regole sono queste quando cambieranno si vedrà”.

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