Torino Updates: Nico Vascellari shock ad Artissima, con performance tra le auto in corsa. E nello stand di Codalunga si gioca d’azzardo

Le casse rimandano il basso continuo di un rumore bianco tossico, suono sporco su cui a poco a poco si innestano i dialoghi smozzicati rubati da un film di Tarkovskij. Il piazzale davanti all’Oval, cattedrale di cristallo e metallo, riluce nel candore opalescente dei fari che spaccano la sera; con il pubblico che si assiepa […]

Le casse rimandano il basso continuo di un rumore bianco tossico, suono sporco su cui a poco a poco si innestano i dialoghi smozzicati rubati da un film di Tarkovskij. Il piazzale davanti all’Oval, cattedrale di cristallo e metallo, riluce nel candore opalescente dei fari che spaccano la sera; con il pubblico che si assiepa contro la rete che dà sul sottopassaggio del Lingotto, strada a quattro corsie separate da un monolitico guardrail di cemento. Passo affrettato, immancabile cuffia di lana: sul marciapiede di servizio compare Nico Vascellari. Aspetta che il flusso delle auto di diradi quanto basta e scappa in mezzo alla strada, salta sullo spartitraffico come fosse una rana e lì resta imperturbabile, la schiena diritta. Un minuto, due, cinque, dieci; passano automobili e mezzi pesanti, qualcuno scarta di lato mentre altri invece gli fanno la barba alla stoffa dei pantaloni. Gli automobilisti buttano uno sguardo, qualcuno abbozza le quattro frecce; nessuno si ferma, nessuno sbanda, nessuno strombazza. Nico è lì, a gridare in silenzio nell’indifferenza. Fino a che, dopo una ventina di minuti di esercizio da stilita, dopo che le casse hanno esploso l’Inno alla Gioia di Beethoven, così come era venuto se ne va. Precedendo di non più di venti secondi il passaggio disperato di un’ambulanza: casuale? O forse calcolato? Si chiude con un enigma la performance che Vascellari ha messo in cena ad Artissima, momento clou della partecipazione dell’artista alla fiera con uno stand che presenta il lavoro del suo studio factory di Vittorio Veneto. L’ormai mitico Codalunga.

E anche qui la profanazione delle regole, l’insofferenza nei confronti delle norma – della ritualità degli schemi dell’arte, persino della liceità – prorompe con una furia gentile. Dalla mostra di Invernomuto in corso alla Marsèlleria di Milano, segno della partnership tra Codalunga e il fashion brand Marsèll, arriva un distributore automatico modificato dal duo di videoartisti in una specie di slot machine d’artista: ogni gettone costa nove euro, ci sono novantanove tentativi possibili per vincere uno dei tre multipli – bandiere tratte da Negus, loro recente progetto – inseriti nella macchina al posto di lattine o caffé. Sempre si vince, invece, al banco dello stand: il lancio di due dadi determina il prezzo dell’opera griffata Vascellari – si va quindi da un minimo di duecento a un massimo di milleduecento euro. In che consiste il lavoro? Nei dadi stessi e nella cassettina in cui vengono gettati per tentare la sorte: sberleffo riuscito alle regole drogate di un mercato balordo. Azione che, sviluppata all’interno di una fiera, vale come metastasi positiva che si propone – si illude? – di erodere il sistema dall’interno.

– Francesco Sala

 

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Francesco Sala

Francesco Sala

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