Luci e ombre su Tanzio da Varallo. E non solo quelle caravaggesche. A Napoli, a Palazzo Zevallos, una mostra ripensa la vicenda del pittore seicentesco a partire da due scoperte: ecco immagini e video

Quale la reale rete di relazioni professionali e personali di Tanzio da Varallo? Quanto tempo davvero si trattenne a Napoli? In che modo stabilì contatti con i molti pittori con cui entrò in dialogo, con spostamenti fisici o anche solo con spedizione di opere? Se finora le luci su Antonio d’Enrico, detto Tanzio da Varallo […]

Quale la reale rete di relazioni professionali e personali di Tanzio da Varallo? Quanto tempo davvero si trattenne a Napoli? In che modo stabilì contatti con i molti pittori con cui entrò in dialogo, con spostamenti fisici o anche solo con spedizione di opere? Se finora le luci su Antonio d’Enrico, detto Tanzio da Varallo o il Tanzio tout court (Alagna Valsesia, 1575 c.ca – Varallo, 1633), erano state intermittenti, due scoperte scientifiche recenti aiutano a fugare almeno alcuni margini dei coni d’ombra sulla sua misteriosa vicenda e danno impulso alla mostra Tanzio da Varallo incontra Caravaggio. Pittura a Napoli nel primo Seicento, organizzata da Intesa Sanpaolo in collaborazione con la Soprintendenza Speciale per il P.S.A.E. e per il Polo Museale della città di Napoli e della Reggia di Caserta, la Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici dell’Abruzzo e l’Associazione Giovanni Testori. Luci e ombre che ritornano anche nel peculiare modus operandi del valsesiano, diviso – o forse, meglio, integrato – tra chiaroscuro caravaggesco, maniera e controriforma, così come tra pittura e allure scultorea anche nei dipinti, a causa della sua primissima formazione nella bottega del fratello scultore Giovanni.

Pittore di grande portata europea, di espressività e realismo fuori del comune, che, come nelle parole di Davide Dall’Ombra, Presidente dell’Associazione Testori, “mostra ai giovani di questi tempi difficili la grande lezione di come sia possibile trovare il vero e la verità della vita anche nel duro”. Diversa da una mostra nata da meri intenti celebrativi, l’esposizione permette di svelare – proprio perché generata da rinvenimenti di concreto rilievo storicoartistico – le variegate interferenze virtuose con autori del calibro di, tra gli altri, Carlo Sellitto, Fabrizio Santafede, il Cavalier d’Arpino, Battistello Caracciolo. “Non si tratta di giocare un confronto stilistico”, svela la curatrice Maria Cristina Terzaghi, “ma di rinvenire, anche al di là della diversità, una impostazione comune”. Che evidenzia oltretutto come Caravaggio sia penetrato, con la sua grammatica innovativa, anche in artisti che di solito si esprimono con un linguaggio manierista. Ma quali sono, in particolare, le due ghiotte scoperte scientifiche che hanno acceso la scintilla della mostra? Ce le rivela proprio la curatrice, nella videodichiarazione ad Artribune…

Diana Gianquitto

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Diana Gianquitto

Diana Gianquitto

Sono un critico, curatore e docente d’arte contemporanea, ma prima di tutto sono un “addetto ai lavori” desideroso di trasmettere, a chi dentro questi “lavori” non è, la mia grande passione e gioia per tutto ciò che è creatività contemporanea.…

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