Street art a Milano: Pao, Ivan Tresoldi e Orticanoodles per l’Istituto Gaetano Pini. Nella fotogallery i murales in realizzazione in zona Porta Romana

Milano ha situazioni che sembrano paradossi per chi la conosce in via superficiale e si accoda al cliché della città fragorosa, lorda di clacson e sferragliare di tram, di gente che corre e strattona da un marciapiede all’altro. Porta Romana dista pochi minuti a piedi, idem la Statale; per Piazza Duomo non ci vuole troppo […]

Milano ha situazioni che sembrano paradossi per chi la conosce in via superficiale e si accoda al cliché della città fragorosa, lorda di clacson e sferragliare di tram, di gente che corre e strattona da un marciapiede all’altro. Porta Romana dista pochi minuti a piedi, idem la Statale; per Piazza Duomo non ci vuole troppo di più: eppure via San Calimero sembra sprofondata in un luogo a migliaia di chilometri di distanza, e così via Mercalli e le altre intorno. Qui c’è l’Istituto Gaetano Pini, centoquaranta candeline spente proprio quest’anno; qui c’è la chiesa che trae nome dal santo e c’è pure il Convento della Visitazione. Qui, da qualche giorno a questa parte, ci sono ponteggi da muratore e nastri biancorossi da cantiere, “una calamita per i pensionati” assicura Walter Contipelli, con Alessandra Montanari titolare dell’aka Orticanoodles. Una delle tre firme della street art milanese cooptate dall’ospedale per celebrare il proprio compleanno: donando a questo angolo paradossale di città, così vicino eppure lontano dal clamore del centro, altrettanti interventi di arte pubblica. Il progetto nasce dall’Ufficio Comunicazione del Pini, i soldi arrivano grazie a un bando di Fondazione Cariplo; sorprendente il placet delle autorità ecclesiastiche, che autorizzano gli interventi sul muro di cinta del convento e su quello dell’Archivio Storico Diocesano.
E così si parte: ad Orticanoodles e aiuti il compito più impegnativo, con i seicento metri quadri che scorrono da via Mercalli a via san Calimero, lungo piazza Ferrari ad arricchirsi dei volti di tredici milanesi illustri che non ci sono più – da Gianfranco Ferré a Giorgio Gaber, passando per Marco Ferreri ed Enzo Jannacci. Ritratti camouflage i loro, realizzati accostando ordinate macchie di colori che insistono sull’effetto mimetico; così da essere intelligibili solo a distanza, creando invece ad una vista ravvicinata l’illusione di pattern informali mai uguali a se stessi.
Pao lavora su centottanta metri quadri lungo via Pini, costruendo una trama geometrica dagli effetti labirintici; Ivan Tresoldi tratta la facciata esterna dell’Archivio come un palinsesto, su cui lasciare testi vergati nella sua caratteristica grafia vagamente onciale.
La risposta del quartiere? Al momento duplice: si passa dalla partecipazione – guai a non dare retta a quella passante che ammonisce: Franca Rame portava orecchini di corallo, disegnateglieli! – al disappunto, dai complimenti alle minacce di raccolte firme per far cancellare il tutto. Il progetto, tra ostilità e accondiscendenza, va avanti: e a prescindere dal risultato finale, presentato alla città il prossimo 26 settembre, vanta già un effetto positivo. Milano ne parla. Milano parla. Ed è questo il primo segnale di vita di una comunità.

– Francesco Sala

 

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Francesco Sala

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