Bologna update: dalle crude fanzine di Mazzoni ai tarocchi con cui Catalli esorcizza le morti bianche, passando per la Gomorra marittima di Santoro. La cronaca protagonista a Fruit, sezione che Artelibro dedica agli indipendenti

L’arte come linguaggio per raccontare l’attualità. L’arte come poetica forma politica: tema caldo in questi giorni, ad esempio, alla Biennale di Salonicco; ma anche in quel di Bologna, con Artelibro che scopre nella sezione Fruit i suoi cronisti d’assalto. Sono cinquanta gli espositori dell’angolo riservato alle case editrici indipendenti, arrivato a maturazione dopo la sperimentazione dello […]

L’arte come linguaggio per raccontare l’attualità. L’arte come poetica forma politica: tema caldo in questi giorni, ad esempio, alla Biennale di Salonicco; ma anche in quel di Bologna, con Artelibro che scopre nella sezione Fruit i suoi cronisti d’assalto. Sono cinquanta gli espositori dell’angolo riservato alle case editrici indipendenti, arrivato a maturazione dopo la sperimentazione dello scorso anno: piccoli garndi progetti tra i quali serpeggia una incontrollata urgenza di osservare, capire, restituire e anche esorcizzare il quotidiano.
La grana di una carta opaca, carica di felici cromatismi, sostiene al meglio i Saluti da Pietramare di Salvatore Santoro, album di cartoline da una Gomorra marittima che mette a fuoco tutto il devastante nichilismo di una terra seviziata dalle cosche. Le pagine in grande formato nascondono tra le pieghe insert minuti, immagini di un vissuto che porta il calendario indietro di qualche decennio: il com’era scompare a poco a poco dal radar della memoria, offuscato dal più terribile com’è. La prende con ironia – ma fino a un certo punto – Daniele Catalli, firma della torinese Print about me: che scherza insieme a Lucho e a Piri Piri Atelier nel 24 Senza Testa, galleria di decollati di lusso da svelare giocando con una lente stile 3D; e scherza un po’ meno con la serie di tredici tarocchi – più uno – che omaggiano le categorie più offese dalla piaga delle morti bianche.
È omonimo dell’eccellentissimo pittore – così lo definisce Camillo Langone – finalista al Premio Cairo un paio di anni fa, ma non centra nulla con la scena milanese in cui questo si muove. Il Marco Mazzoni che porta a Fruit la sua serie Atlas è un po’ più grande d’età e affianca il proprio percorso nelle arti visive con l’impegno nella danza e nel teatro sperimentale: in veste di co-fondatore del collettivo Kinkaleri, in scena proprio in questi giorni al fianco del beatnik John Giorno al Festival Internazionale della Creazione Contemporanea. Divagazioni a parte gli atlanti di Mazzoni sono piccoli album di ritagli, fanzine monotematiche che affidano all’esclusiva ed esplosiva potenza dell’immagine narrazioni di cronaca contemporanea. Senza il filtro estetizzato dell’artista, ma pescando proprio là dove l’informazione nasce, cresce e muore. Dalle pagine dei giornali, con foto in bianco e nero che sommano patchwork di lamiere incastrate e facce da galera, scene del crimine e rovinosi incidenti.

– Francesco Sala


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Francesco Sala

Francesco Sala

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